L’amarezza di De Laurentiis: “Il Governo deve capire che i tifosi sono anche italiani ed elettori”
Nell'ultima assemblea di Lega, i vertici del calcio italiano si sono confrontati su diversi temi tra cui uno in particolare, particolarmente sentito in questi tempi: l'emergenza. Si era chiuso il 2021 a cavallo del ritorno prepotente del Covid-19, si è ripartiti in balìa ancora una volta della pandemia. In mezzo, una pausa natalizia più che opportuna ma anche tante tensioni, incomprensioni e decisioni che hanno lasciato amarezza tra chi il calcio lo vive da anni e ne conosce vizi e virtù. Come i tanti dirigenti e presidenti di Serie A che sono rimasti sbigottiti, insieme alle istituzioni calcistiche, degli ultimi mancati provvedimenti da parte del Governo.
Così, ci si imbatte fuori dai locali di Via Rossellini a Milano in un Aurelio De Laurentiis serafico, che rassicura tutti i cronisti sulla bontà di un incontro che non ha visto tensioni particolari tra i presenti, anche perché non è tempo: "E' stata una assemblea perfetta, un incontro senza traumi" ha subito spiegato il numero uno del Napoli. Che poi non si è tirato indietro davanti all'argomento principe, ovvero le scelte che gli ultimi provvedimenti governativi hanno imposto al mondo del calcio. Fatti più di restrizioni e imposizione che di aiuti concreti e un supporto che l'intera filiera anela di avere dopo oramai due anni di implosione nei ricavi, dovuta alla pandemia.
"Il Paese è in emergenza talmente da tanti anni che ormai diventa banale parlare della normalità" ha evidenziato ai cronisti presenti, De Laurentiis che poi ha fatto suo il concetto di molti suoi colleghi e dirigenti: "Solamente quando il Governo capirà che 25 milioni di tifosi sono anche 25 milioni di italiani ed elettori, forse il calcio verrà considerato in maniera diversa". Una considerazione tanto amara quanto vera visto ciò che è accaduto nei confronti del mondo del pallone con gli ultimi provvedimenti legislativi.
Tono e parole non sono state di polemica, non è il momento e De Laurentiis lo sa perfettamente, ma di denuncia. Perché oggi il calcio non ha più intenzione di restare in silenzio. Di fronte all'aumento di contagi è arrivata l'ultima indicazione da parte della politica di restringere di nuovo il cordone della sacca degli stadi: mentre si stava faticosamente procedendo, con giudizio e buon senso, verso una tolleranza sempre più ampia (si era parlato del 75% all'aperto), oggi si è ripiombati nel tunnel delle 5 mila presenze in un impianto, oltre all'obbligo di seguire direttive sanitarie ancor più ferree.
Una scelta che non è stata condivisa dal mondo calcistico, stanco di vedersi privare di entrate senza ricevere sostegni. Lo ha ribadito oggi De Laurentiis all'uscita dell'ultima assemblea di Lega, rispondendo al provocatorio confronto con il Festival di Sanremo che presenterà un Teatro Ariston al completo. Ma lo avevano denunciato anche Milan e Inter non più tardi nella giornata di ieri in un accorato appello all'unisono espresso dall'ad nerazzurro Beppe Marotta e dal presidente rossonero Paolo Scaloni: "Se il Governo continuerà ad ignorare il calcio, il calcio rischia di ritrovarsi sull'orlo del baratro". Senza aiuti e garanzie esterne, l'intero movimento sarà destinato al default.