L’addio di Vialli a Mauro: “Massimo, io e te non ci vedremo più. Gli ho dato un bacio e sono andato”
Il prossimo 6 gennaio sarà un anno esatto che Gianluca Vialli non c'è più, portato via a 58 anni dal tumore al pancreas che lo aveva colpito cinque anni prima. Il ricordo del bomber dell'Italia è più che mai vivo, grazie anche alla Fondazione – creata nel 2003 assieme al suo amico fraterno Massimo Mauro – che raccoglie fondi da destinare alla ricerca sulla SLA e alla prevenzione e cura del cancro. E proprio Mauro racconta oggi gli ultimi momenti vissuti assieme a Vialli prima della sua morte.
La prima scena è a Londra, poco prima dello scorso Natale, è il 23 dicembre 2022. Mauro svela a La Stampa il dialogo tra lui e Luca in una stanza del Royal Marsden Hospital. Il quadro clinico è disperato, ormai non c'è più niente da fare. "Massimo è tardi, devi andare a prendere l'aereo", "Luca mi fermo ancora un po'". "No, vai". "Va bene, passo il Natale a casa con i ragazzi e torno a trovarti", "No, Massimo. Io e te non ci vedremo più".
Mauro era corso a Londra al capezzale di Vialli dopo una telefonata della moglie, che gli aveva fatto capire che era arrivato il momento di dire addio all'amico: "Mi aveva chiamato la moglie Cathryn, ‘Massimo vieni a Londra'. Soffriva moltissimo Luca, aveva dieci minuti di lucidità, poi doveva ricorrere alla morfina. Gli ho dato un bacio, me ne sono andato e ho chiamato subito Mancini. L'ho rivisto nella bara, l'abbiamo portata io, Mancio, i fratelli di Luca e Nando, il suo amico storico di Cremona. Suonavano la Canzone del sole di Battisti e un pezzo di Morricone, li aveva scelti lui".
Era qualche mese che Mauro e Vialli non si vedevano, dall'estate: "Agosto. Eravamo ad Alba per un torneo giovanile. Abbiamo passato quattro giorni insieme e avevo capito che la situazione era peggiorata, mangiava ma non prendeva un etto. Eppure non mollava. Luca aveva voluto premiare con una medaglia tutti ragazzi. Pioveva e lui non riusciva a stare in piedi a lungo, fu costretto a scendere negli spogliatoi per sdraiarsi. In quei mesi è stato un eroe. L'ho visto nudo, era solo pelle e ossa, eppure in quella immensa sofferenza la sua grandezza è stata quella di non farsi mai compatire. Ha avuto dignità fino in fondo. Come Mihajlovic".
C'è qualcosa che Mauro rimpiange di non aver fatto e che non potrà mai più fare assieme al suo amico di una vita: "Luca aveva deciso di far conoscere l'Italia alle sue figlie e non era mai stato da me in Calabria. E la volta che mi aveva dato la disponibilità per farlo – ‘io e te da soli per una settimana' – avevo degli altri ospiti a casa e fui costretto a dirgli di no. Non me lo perdonerò mai".
Quanto al rimpianto di Vialli, Mauro svela: "Non essere diventato il presidente della Sampdoria. Me l'ha confessato prima di morire. Aveva solo due amori, la Samp e la Juve. E non potendo diventare presidente della Juve… Quanti no ha detto per rispetto alla sua storia. Uno a 4 miliardi e mezzo per tre anni: glieli dava il Parma. Sacchi direttore tecnico e Luca allenatore. Ci ha dormito su una notte a Londra e poi me l'ha detto. Avevo fatto un'ambasciata per Sacchi, toccò a me avvertirlo del rifiuto di Luca".
Quando la fine si avvicinava, Vialli si apriva su come immaginava quello che lo attendeva dopo la morte: "Luca era molto credente, non a caso aveva iscritto le sue figlie a una scuola cattolica. E lo ricordo alla cresima di Sofia, soffriva moltissimo ma era felice. Lui mi parlava molto di quello che lo avrebbe atteso dopo la vita. E io ascoltavo. Ascoltavo il mio amico Luca che immaginava l'Aldilà".