“L’addio di Messi è la fine di un’era”: parla Daniel Gamper, nipote del fondatore del Barcellona
"L’addio di Messi significa la fine di un'era e l'inizio di un'altra che sarà sicuramente peggiore". A esporre questo pensiero è Daniel Gamper Sachse, filosofo e pronipote di Hans Gamper che ha fondato il Barcellona nell’ottobre del 1899, e sembra essere questo il sentimento più presente tra i tifosi della squadra blaugrana in seguito alla separazione con Lionel Messi dopo 21 anni. L’addio della Pulce segna la fine dell’epoca più bella della storia del club Culè e a spiegarlo in maniera chiara e lineare è il professore di filosofia morale e politica dell’Università Autonoma di Barcellona, per il quale il Barça è una questione di famiglia oltre ad essere un vero e proprio "rito" da quando è bambino.
Autore de “Le parole migliori” per Treccani uscito la scorsa primavera, Daniel Gamper Sachse a Fanpage.it ha parlato del momento che sta vivendo la sua squadra del cuore e ha dato la sua lettura sul fantastico viaggio dal triste finale per il sei volte Pallone d’Oro con il Barcellona. Intanto il calciatore argentino è atterrato a Parigi e domani ci sarà la conferenza stampa di presentazione col PSG.
Cosa vuol dire per un tifoso del Barcellona l’addio di Messi?
Non posso parlare per tutti i tifosi del Barcellona, solo per la mia esperienza e quella di alcune persone che conosco bene. So che ci sono molti fan che avrebbero preferito che partisse anche prima e prendere molti più soldi. Penso che si siano sbagliati. Per me l'addio di Messi significa soprattutto rendersi conto che il club si trova in una situazione critica, probabilmente in uno dei suoi momenti peggiori.
Perché dice questo?
Com'è possibile che un club con una massa sociale così grande, uno dei più importanti del continente, non riesca a trattenere il miglior calciatore del XXI secolo? Perché un giocatore così importante se ne è andato senza ricevere un tributo, come quello ricevuto da Xavi o Iniesta? Per ora non abbiamo la risposta definitiva a queste domande, anche se il nostro club avrebbe una struttura democratica e trasparente, ma secondo me la pessima gestione del club da parte dei due precedenti consigli di amministrazione è la causa di questa dolorosa situazione. I precedenti presidenti hanno dimostrato di guidare il club con un'irresponsabilità che sicuramente non hanno mostrato nella gestione del proprio patrimonio personale. Penso che il Barça non sia stato in grado di adattarsi ai rapidissimi cambiamenti del calcio europeo, e che abbia perso forza per opporsi a squadre, come PSG o Manchester City, che hanno risorse quasi illimitate. In ogni caso, l'addio di Messi significa la fine di un'era e l'inizio di un'altra che sarà sicuramente peggiore. Senza Messi, il tifoso ora si ritrova una squadra fatta di giocatori umani, fin troppo umani…
Cosa ha rappresentato Leo in questi anni per il ‘Barcelonismo’?
Per sedici anni i tifosi del Barcellona hanno visto un giocatore di livello di gran lunga superiore a tutti gli altri e attorno al quale ha ruotato il gioco della squadra. Messi è un giocatore con magia, velocità e potenza decisiva che non hanno eguali. Messi ci ha portato in vetta e intorno a lui i giocatori hanno imparato a superarsi regalandoci momenti di felicità che, ne sono certo, non saranno mai così grandi.
La coincidenza ha voluto che nel giorno del suo addio si giocasse il Gamper contro la Juventus, squadra contro cui aveva debuttato da titolare nel 2005. Il calcio sa essere molto crudele.
Il calcio è un gioco prima che uno sport. E nel gioco ci sono coincidenze come questo confronto con la Juventus di 16 anni fa e quello di domenica. Più che crudeltà parlerei dell'ironia della storia.
In tanti hanno descritto l’emozione di Messi come ‘ipocrita': perché i calciatori, seppur privilegiati su tante cose, non possono provare sentimenti come tutti?
Non direi che questa è ipocrisia. Non dubito che Messi abbia un legame affettivo con il club e con la città. È arrivato da bambino e se ne va più di vent'anni dopo. Questa è stata la sua casa. Ha sicuramente ricevuto centinaia di offerte in questi anni, ma ha preferito restare qui, e questo è dovuto al rapporto intimo con il club. Le sue lacrime sono l'espressione di una vera emozione, come quella che ognuno di noi può provare. Ma non credo che queste siano lacrime che dovrebbero suscitare in noi compassione, perché alla fine è una persona la cui vita di lusso e la sua fortuna economica quasi infinita contrasta con il crescente degrado delle nostre società in cui vive la maggior parte delle persone sempre più nella precarietà.
Crede che Messi sia il più grande giocatore della storia del Barcellona?
Sì. Kubala o Cruyff sono stati importanti, ma Messi è stato qui molti più anni di loro, ha portato il club a successi collettivi incomparabili, ha contribuito in modo decisivo all'eccellenza sportiva e non c'è stata partita in cui non abbia lasciato giocate che nessun altro calciatore è in grado di realizzare.
Per lei che cosa rappresenta il Barça?
Per me il Barça è un rito, una consuetudine, un club la cui squadra di calcio professionistica mi ha accompagnato fin da bambino. Mi piace vederli vincere e quando le cose non vanno così bene cerco di non pensarci. Mi diverte andare allo stadio, mi piace condividere quello che succede lì con la mia famiglia e i miei amici, ma penso che non sia qualcosa di così importante come le soddisfazioni che si trovano in compagnia delle persone, in un lavoro ben fatto, o durante le passeggiate nella natura. Il Barça è importante quanto può esserlo una squadra di calcio, cioè molto meno importante delle cose che effettivamente danno un senso alla vita stessa. D'altronde le oscene somme di denaro che si muovono nel calcio odierno, il tipo di persone che gestiscono e amministrano questi soldi (dirigenti di club, capi di federazioni e leghe, magnati delle telecomunicazioni) fanno sì che questo bellissimo sport sia sempre più contaminato da interessi che non hanno nulla a che fare con lo sport e che allontanano gli appassionati dai valori e dai modi di vita che associamo allo sport in generale. Ogni volta mi relaziono più freddamente con un club e con un'industria calcistica che sono lontani dalla società e che si preoccupano più del vantaggio economico e della vittoria a tutti i costi; una industria calcistica che si è allontanata da quelle cose che fanno dello sport un modo per legarsi reciprocamente e non ci permettono di andare al di sopra della brutalità e della bruttezza del mondo.
Quali sono i momenti che ricorderà con più piacere di questa fantastica storia dal finale triste tra Messi e il Barcellona?
Erano parecchi anni che quando andavo allo stadio (o meglio, dovrei dire: quando andavo allo stadio, perché ormai è più di un anno e mezzo che non lo frequento a causa delle restrizioni per il Covid) non guardavo la palla, ma piuttosto cercavo sempre Lionel Messi. Mi piaceva vedere come si muoveva nelle sue zone di campo, come analizzava il gioco mentre non aveva palla, come reagiva sempre con precisione quando la riceveva. Sapere che Messi era in campo era una forma di felicità che, a quanto pare, non avremo più. Quindi ricorderei tutti i momenti in cui l'ho visto giocare per 16 anni. Non posso indicarne uno in particolare, ma se dovessi segnalare un momento che non ho visto dal vivo, ma in televisione, sarebbe una rete contro il Racing Santander nella gloriosa stagione 2008/09: ricevette un colpo mentre era in aria e stava contendendo un pallone ad un avversario in area ma non cadde, non cercò il rigore e continuò a correre, mantenendo l'equilibrio grazie al suo baricentro molto basso e insaccò con un destro molto preciso. Lo stesso vale anche per la sua partita contro il Chelsea nel 2006, dove abbiamo iniziato a capire che eravamo di fronte a un giocatore di un'altra galassia. Ma, come dicevo, in tutte le partite di Messi con il Barça c'è un momento in cui manifesta che giocatore eccezionale e irripetibile è. È stato un privilegio poter frequentare lo stadio per così tanti anni per vedere la magica, diciamo esagerata, scintilla divina di Lionel Messi. Non credo che nessun tifoso di un'altra squadra abbia avuto un privilegio come i membri del Futbol Club Barcelona per così tanti anni. È certamente un peccato che non sia stato possibile dire addio a tanta grande grandezza calcistica come merita la nostra storia.