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La vita senza regole di Tino Asprilla, l’incubo di difensori e allenatori

Faustino ‘Tino’ Asprilla è stato tra i più forti giocatori che il Parma (e la Colombia) abbia mai avuto: straordinario funambolo e finalizzatore in campo, assolutamente incontrollabile nella vita privata. Donne, feste, alcool, armi e risse: una vita all’eccesso che ne hanno accompagnato il genio di chi “poteva farti vincere una partita da solo oppure esasperarti”
A cura di Alessio Pediglieri
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“Se avessi indossato le maglie di Juventus, Milan o Inter, forse avrei vinto anche il Pallone d’Oro. Se ce l’ha fatta Nedved, con tutto il rispetto…”. Questo è ‘Tino' Asprilla, l'irriverente del pallone che mai ha taciuto un pensiero in quasi 20 anni di onorata attività, coronata da 9 trofei internazionali e che ha dato il meglio (e il peggio) di sè in Italia con la maglia del Parma. Genio, sregolatezza, capace di giocate incredibili ma anche di colpi di testa fuori dal campo che hanno fatto storia, tra tradimenti, feste, sparatorie e narcotrafficanti.

Sono gli anni d'oro e di pazzia di Asprilla, gli stessi anni in cui in Italia nasceva il Parma dei miracoli, una provinciale capace di scombussolare gli equilibri della Serie A e del calcio europeo, dove il colombiano arrivò per 4 miliardi dall’Atletico Nacional de Medellin (che in quegli anni era nelle mani del narcotrafficante Escobar). Era il super Parma di Nevio Scala, Osio, Minotti, Mussi, Melli, una squadra capace di vincere una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea dopo pochi anni dalla promozione nel massimo campionato e di lanciare campioni assoluti come Buffon, Thuram, Cannavaro, Crespo.

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In tutto questo, il  genio di Asprilla traeva linfa e vitalità. Croce e delizia di quella squadra per il tecnico Nevio Scala, Tino poteva “vincere una partita da solo, oppure esasperarti semplicemente ignorando le tue istruzioni”. Senza riuscire a tenerlo sotto controllo perché nessuno poteva riuscirci: Asprilla in campo era tutto istinto e niente tattica, imprendibile e imprevedibile per tutti. Il gioco sembrava interessargli solo quando aveva il pallone tra i piedi.

In campo però, sapeva lasciare il segno nei momenti decisivi: le doppiette all’Atletico Madrid nella semifinale di Coppa delle Coppe del ’93, quella all’Argentina nell’incredibile 0-5 della Colombia al Monumental che qualificò la Colombia a Usa ’94, la punizione che infranse l’imbattibilità dell’invincibile Milan di Capello. Questo era Asprilla: capace di perle di bellezza assoluta, intervallate da momenti di assenza totale. In campo. Fuori, un fuoriclasse delle follie.

Durante il periodo al Parma, casa sua era sempre pronta per ospitare feste notturne con la musica a tutto volume, alcool a fiumi e tante belle donne. Un via vai continuo che  lo costrinse a trasferirsi fuori dal centro per le continue lamentele dei vicini, con chiamate anche alle forze dell'ordine per disturbo della quiete pubblica. Era capace di coinvolgere tutti perchè a Tino era quasi impossibile dire di no: prima di una gara fondamentale a Napoli, poi persa in malo modo, organizzò una festa con diversi compagni di squadra, senza che il tecnico Scala lo venisse a sapere se non una decina di anni più tardi.

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Ma c'era di più delle semplici ore piccole trascorse a festeggiare tra sesso e bevute. Asprilla era anche la classica testa calda: prima della finale di Coppa delle Coppe con l’Anversa, si presentò con un piede fratturato. Motivo? Mentre era in Colombia, scatenò una lite con l’autista di un bus che gli aveva tagliato la strada, motivo per cui aveva tirato un calcio al mezzo.

Colpi di testa anche nella sua seconda parentesi in gialloblu dopo il rientro dall'Inghilterra. A Parma trova come allenatore Malesani con cui non avrà mai feeling e per cui riserverà parole non proprio al miele. "Con Malesani ho avuto dei problemi e non ho imparato proprio nulla". E dire che anche con lui il Parma riuscì a imporsi: "Abbiamo vinto 3 coppe in cento giorni – ricorda ancora Asprilla –  però spesso eravamo noi ad intervenire per spiegargli le cose. Una volta lasciò l’allenamento e disse polemico: ‘Allenatevi pure da soli'. Lo facemmo e la domenica vincemmo".

Recentemente Asprilla ha rivissuto gli anni di Parma in una diretta Instagram con Fabio Cannavaro, suo compagno di squadra. "Era uno spogliatoio di matti – ha ricordato l'ex difensore azzurro –. Ricordi la questione delle multe?". "Sì, mangiai a tavola una multa da tre mlioni", la risposta di Asprilla. Il mattatore di quello spogliatoio di matti. "Un giorno Malesani mi disse ‘Basta, devi cambiare, a tavola non puoi fare casino altrimenti ti mando via'. Io rimasti buono per due giorni, al terzo tornai il solito. Una volta mi tuffai in piscina, non potevamo farlo e per questo Malesani cercava il colpevole nelle stanze. Andai tra le stanze per lasciare un po' d'acqua ovunque e confondere gli indnizi. Non venni scoperto".

Molti pensano che la mia vita sia stata solo bere e donne, ma se guardate bene ho giocato 17 anni al massimo livello, e ho vinto nove coppe internazionali

Ma non solo nella parentesi vincente di Parma, Asprilla riuscì a distinfuersi in campo e fuori. Di lui le cronache inglesi sono piene del suo periodo in Premier, al Newcastle di Dalglish dal quale si presentò in colpevole ritardo prima della partitissima di Champions contro il Barcellona di Rivaldo. Motivo? Ore piccole con una delle sue nuove fiamme. Poi, in campo Tino segnò una tripletta memorabile, timbrando col suo marchio indelebile la prima vittoria in Champions nella storia della formazione inglese.

Anche quando andò a giocare in Cile Asprilla non fu da meno, come con l’Universidad nel 2003 quando si presentò all’allenamento anche se infortunato per stare vicino alla squadra: decise di incitare i suoi sparando qualche colpo a salve con la sua pistola, tra lo sconcerto dei presenti:  “Così vi sprono a fare meglio”. Dopotutto la passione per le armi non era un segreto: era stato già fermato diverse volte con una pistola e nel 2008 venne arrestato per aver sparato con una mitragliatrice contro le forze dell’ordine.

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E in Nazionale? Anche con la maglia colombiana Asprilla ha lasciato il segno, nel bene e nel male. Memorabile una data: 2 aprile del 1997, qualificazione al Mondiale del 1998 in Francia,  contro il Paraguay. La sfida vede i Cafeteros perdere 2-1 e Asprilla litigare con il portiere avversario Chilavert (entrambi espulsi) colpendolo in bocca dopo aver ricevuto uno sputo. Anche negli spogliatoi la rissa continua: Chilavert colpisce con un pugno in pieno volto, ma non finisce lì. Il narcotrafficante Fierro, uomo di Pablo Escobar convoca Asprilla: "Sono andato lì con il mio compagno Aristizábal e ci hanno detto: ‘Abbiamo bisogno che tu dia l’autorizzazione per uccidere quel ciccione di Chilavert. Ma sei pazzo? Gli dissi: quello che succede in campo finisce in campo".

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