La verità sugli ultimi giorni di Diego Armando Maradona ad un mese dalla sua morte
Prigioniero dei suoi demoni che teneva a bada con gli psicofarmaci. Incapace di camminare da solo, su quelle gambe che avevano scandito il gol del secolo. Maradona stava così male che nemmeno più riusciva ad articolare parole e frasi. A un mese dalla morte avvenuta il 25 novembre scorso, causata da un'insufficienza cardiaca cronica conseguente a un edema polmonare acuto, quel che resta dell'ex Pibe de Oro è l'immagine triste dell'uomo abbandonato al suo destino. Non c'erano alcol né droga nel sangue e nelle urine, come rivelato dall'autopsia. Quel corpo provato da abusi, eccessi e una vita mai normale s'è spento un poco alla volta. Diego ha trascorso gli ultimi giorni di vita in una stanza ammobiliata in maniera molto spartana, con il gabinetto chimico nei pressi del letto e una poltrona in un angolo. Era sistemato alle spalle della cucina, vicino alle finestre della camera non c'erano tende ma assi di legno. Alle sue esigenze avrebbe dovuto badare un'infermiera che, dopo il decesso, ha negato perfino di aver ricevuto ordini specifici dai suoi familiari.
L'inchiesta sulla morte per negligenza medica
"Se vedi dov'è morto, muori anche tu", ha raccontato la ex moglie, Claudia Villafane, spalancando la porta di quello che sembrava l'angolo di un lazzaretto. È lì che, dopo un'agonia durata di oltre un giorno, ha esalato l'ultimo respiro. Possibile che un paziente nelle sue condizioni di salute – aveva subito da poche settimane un'operazione alla testa per la rimozione di un ematoma subdurale – e soprattutto nel suo stato emotivo dovesse vivere in quel modo? Perché non è stato condotto in un centro specializzato che lo aiutasse nella riabilitazione? Com'è possibile che nessuno – nemmeno le persone a lui più vicine – si fosse accorto di come fosse inadeguato quel trattamento?
I sospetti sul cocktail di psicofarmaci
Nel filone d'inchiesta aperto dalla magistratura sulla negligenza medica e sull'assistenza superficiale ricevuti dall'ex campione c'è tutto a cominciare dalla lista degli indagati (dove al momento figurano solo il neurochirurgo, Leopoldo Luque, e la psichiatra, Agustina Cosachov) fino alle ipotesi di reato prefigurate (omicidio colposo, abbandono di persona). Assodato che il decesso non è avvenuto per assunzione di sostanza stupefacenti oppure alcol, l'attenzione del pool di inquirenti è concentrata tutta sulla terapia farmacologica e quel ‘cocktail di medicine' che Diego ingoiava ogni giorno. Ma nessun verdetto di un tribunale (ammesso che si arrivi a processo) riporterà in vita Maradona.
La controversia legale per l'eredità dell'ex Pibe
C'è chi, invece, per meri interessi personali è pronto a chiederne la riesumazione della salma dalla tomba del cimitero di Jardin Bella Vista dove giace, accanto al padre e alla madre. Nemmeno da morto può riposare in pace. Nemmeno da morto lasciano che sia, finalmente, un uomo normale. Il selfie degli addetti alle pompe funebri, scattato con il suo cadavere sullo sfondo nel giorno delle esequie, è solo l'ennesimo esempio delle bramosia di avere per sé un pezzo della sua fama. A una fetta del suo patrimonio puntano coloro che si ritengono legittimi eredi e quelli che lo sono per legge.
Figli, ex mogli e la vendetta di Rocio Oliva
Da un lato la discendenza diretta costituita dalle figlie, Dalma e Giannina, (nate dal matrimonio con Claudia Villafane), Diego Maradona Sinagra (avuto dal rapporto con Cristiana Sinagra), Jana (frutto della relazione con Valeria Sabalin) e Diego Fernando Ojeda (figlio della ex compagna, Veronica Ojeda). Dall'altro la paternità reclamata da chi oggi è deciso a fare la propria parte nella controversia legale per ottenere una porzione di beni dell'ex Pibe. In mezzo la rabbia e l'orgoglio, il sentimento di vendetta covato da Rocio Oliva, l'ultima fidanzata di D1os, la donna che per 8 anni è rimasta al suo fianco, l'ex calciatrice che aveva 30 anni in meno e adesso – dopo essere stata bandita dalla famiglia di Maradona, allontanata anche dalla camera ardente – non teme battaglia in aula pur di rivendicare la propria ricompensa.
Il patrimonio lasciato da D1os
A quanto ammonta il suo patrimonio? Ottanta, forse cento milioni di dollari includendo nell'asse ereditario ogni cosa: soldi contabili, immobili, auto di lusso, una motocicletta e un mezzo anfibio, anelli preziosi e altri gioielli, effetti personali rinchiusi in un container sigillato e custodito a Beccar nemmeno fosse lo scrigno del tesoro, partecipazioni azionarie in aziende del Venezuela, diritti d'immagine e contratti tv, rapporti privilegiati e scambio di favori con alcuni politici. Tutti vogliono una parte del tutto. "Invecchio e pensano solo a prendere la mia eredità", ha più volte confessato.
El Diez morto nello stesso giorno di Best e Fidel Castro
Smesso di essere la quintessenza della mano de dios, la china imboccata ha portato Maradona direttamente all'inferno. E il suo inferno è sempre stato essere Diego, costantemente schiacciato dalla pressione di essere all'altezza del suo talento. Dono e dannazione allo stesso tempo. Se n'è andato dopo aver compiuto 60 anni e aver dissipato la propria vita. Ne ha cercato il senso in fondo al bicchiere, sniffando coca, stordendosi con tutto ciò che potesse aiutarlo a farsi del male. E quando non gli è bastato ha provato anche a suicidarsi. Lo fece a Cuba quando – come raccontato dal medico Alfredo Cahe che lo ha seguito per 30 anni – se ne stava da solo seduto davanti al mare e non parlava con nessuno.
Maradona se n'è andato nello stesso giorno di George Best e Fidel Castro perché in fondo, come amava ripetere, "Io sono sinistro, tutto sinistro… di piede, di fede, di cervello". Perché sapeva che solo regalando una bellissima emozione/illusione collettiva avrebbe tenuto stretto a sé l'affetto di quel popolo, di quei "ragazzi poveri" nei quali vedeva lui da ragazzino e un futuro troppo grande da reggere per spalle ancora così piccole. Anche se sei un campione e hai il mondo ai tuoi piedi.