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La tragica storia di Alessandro Zarrelli, il calciatore truffatore smascherato in diretta TV

La sua vicenda inizia nel 2005, quando mette in atto il primo raggiro. Zarrelli aveva escogitato un sistema ingegnoso e fu scoperto dalla trasmissione Super Fakes. Morì nel 2018 per le gravi ferite riportate in un incidente stradale.
A cura di Maurizio De Santis
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Alessandro Zarrelli, il finto calciatore smascherato da una trasmissione TV
Alessandro Zarrelli, il finto calciatore smascherato da una trasmissione TV

Un talento del calcio italiano che al calcio non aveva mai giocato. La storia di Alessandro Zarrelli è tutta nell'ossimoro e nella grande truffa sulla quale ha costruito la sua finta carriera di talento del football. Morì a 34 anni nel novembre 2018, in seguito alle gravissime ferite riportate in un incidente stradale: fece un frontale a bordo della sua Mini Cooper blu schiantandosi contro un furgone Volkswagen Caddy sulla A505 tra Royston e Duxford (nel Cambridgeshire, in Inghilterra).

La sua vicenda tornò in auge riportando alla luce l'abilità dialettica e la capacità di raggirare i club che nel corso degli anni gli hanno accordato fiducia. Originario di Rivoli (in provincia di Torino), Zarrelli (come Bernio Verhagen e Carlos Henrique Raposo) fu l'esempio tangibile di come nel mondo del pallone fosse possibile tessere la trama di ingaggi e castronerie tale da trovare dirigenti anche abbastanza ingenui da abboccare.

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Fu smascherato in tv attraverso il programma Super Fakes di Sky e fu allora che la sua vita di avventuriero del pallone ebbe grande risalto: potere della televisione e dell'eco delle imprese, così sfacciate da attrarre perfino simpatie nel vasto pubblico degli appassionati e procurare qualche contatto buono per giocare al calcio. E farlo per davvero sia pure in serie minori.

Zarrelli aveva escogitato un sistema tanto semplice quanto efficace, basato tutto su una lettera di referenze scritta di proprio pugno, certificata dal timbro (contraffatto) della Federazione Italiana Gioco Calcio e dalla relazione di un osservatore mai esistito (Matteo Colabase) che ne descriveva le caratteristiche tecniche, le peculiarità del ruolo di attaccante e una serie di altri pregi tattici. Era solo una grande menzogna ben orchestrata che si fondava essenzialmente su una cosa: la credulità degli interlocutori che aveva di fronte a sé.

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Con tutti vantava l'esperienza di professionista acquisita nel corso di una carriera molto romanzata, ma in realtà non si era mai spinto oltre l'ambito dei dilettanti avendo giocato al massimo nelle giovanili dell'Acd Asti. Per darsi ulteriore lustro documentava anche di avere un fratello che aveva indossato la maglia del Torino, pure questa una fesseria.

Il grande (rag)giro di club ebbe inizio nel 2005 quando Zarrelli spedì un fax al Lisburn Distillery, in Irlanda del Nord, presentandosi come punta da prendere a occhi chiusi. Sembrava un attestato perfetto, completo: c'erano la firma di un funzionario federale farlocco, il timbro della Figc (quale credenziale fondamentale) che ne attestava la possibilità di tesseramento nell'ambito di uno scambio culturale tra Paesi (avrebbe anche in qualche modo contribuito al pagamento dell'ingaggio e delle spese), perfino un breve curriculum nel quale venivano menzionati i Rangers di Glasgow, lo Sheffield Wednesday e un provino finito malissimo all'Hillsborough per "difficoltà di adattamento".

La società nord-irlandese accettò, credette anche alla storiella dell'infortunio ma quando i nodi vennero al pettine Zarrelli fuggì in Galles. Lì provò di nuovo la fortuna sottoponendosi all'attenzione del Bangor City e, a giudicare dall'accoglienza ricevuta (avrebbe percepito un'indennità di 200 sterline – 232 euro – a settimana), sembrava aver fatto bingo.

La bufala venne scoperchiata in seguito a una telefonata fatta dal dirigente al collega dello Sheffield che parlò dell'italiano come di un giocatore senza infamia e senza lode: "Niente di speciale", disse di lui mettendoci un croce sopra e confermando i sospetti. Nell'albergo dove soggiornava gli fecero una domanda-obiezione semplice, semplice: "Se sei così bravo perché non giochi in Italia?". Scappò e fece altrettanto anche al Connah's Quay Nomads. Ormai sbugiardato, il suo nome divenne oggetto di un segnalazione lanciata dalla federazione gallese: fare attenzione a un presunto giocatore italiano dalle referenze e dalla carriera fasulle.

Giù la maschera. La strappò via l'inviato di Sky che si occupò del suo caso. Trasse in inganno Zarrelli utilizzando lo stesso stratagemma: si finse uno scout e organizzò un incontro, lasciò che iniziasse a parlare di sé e delle sue esperienze (citò perfino il Milton Keynes Dons), del funzionario federale amico di famiglia fino a quando non gli rivelò che in realtà s'era sconfessato da solo e che tutto era ormai registrato.

Zarrelli null'altro potè fare che ammettere le proprie colpe. Qualche tempo dopo, però, telefonò ai conduttori del programma per ringraziarli in maniera ironica: grazie a loro era divenuto famoso e aveva trovato anche qualche ingaggio a livello semi-professionistico. In 11 anni, dal 2006 al 2017, girovagò nel Regno Unito vestendo le casacche di Ardeer Thistle, Queens Park, Northwich Victoria, Hucknall Town,  Lincoln Moorlands Railway, Eastbourne Town, Sheppey United, St Cuthbert Wanderers, Boston Town, Corsham Town, Port Talbot Town, Sholing.

Tutti finalmente consapevoli dicevano: "Sappiamo chi è, conosciamo il suo passato ma siamo pronti a dargli una possibilità esclusivamente in base a quel che mostrerà in campo". Senza più trucco né inganno.

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