La Svezia sulle spalle di Isak, il ‘nuovo Ibrahimovic’ che però di Ibra ha poco o nulla
In pedagogia esiste il linguaggio-giraffa, quello che cerca sempre una via di comunicazione gentile e coinvolgente, dolce, fatto per chi ha un grande cuore insomma, come quello della giraffa appunto, che le serve per irrorare quel corpo così grande. C’è anche il calciatore-giraffa e non è un giudizio etico o che riguarda il comportamento del calciatore stesso, ma fa riferimento semplicemente alla sua struttura fisica e ai suoi movimenti in campo (che sia poi essenzialmente buono uno così alto e magro lo diamo per scontato in un atto di fisiognomica positiva). Alexander Isak è il giocatore della Svezia che ha più impressionato fino a oggi in questi Europei, perché è stato sempre utile alla sua squadra, non ha segnato ma è stato un tarlo per ogni difesa avversaria e anche perché ha messo più volte in difficoltà una delle squadre favorite per la vittoria finale, la Spagna che oltretutto giocava in casa a Siviglia.
Di Alexander Isak si parla da anni e The Guardian nel 2016, quando il calciatore svedese di origini eritree aveva solo 17 anni, lo aveva già inserito fra i 60 più grandi talenti calcistici del prossimo futuro insieme a Kai Havertz, Gianluigi Donnarumma e Diogo Dalot. Già da ragazzo infatti iniziò a pesare nelle squadre in cui militava, la prima delle quali fu l’AIK Solna, squadra del luogo dove è nato e cresciuto. Debuttò a 16 anni, il 28 febbraio 2016, segnando e continuando a farlo tanto è vero che a fine stagione finirà per giocare 29 volte, realizzando 13 gol e finendo nella Top 11 del campionato svedese.
"Ho chiesto gentilmente di avere l'11. Alexander Isak ha detto di sì. Se lo potrà riprendere tra sei o sette anni quando smetterò" – Zlatan Ibrahimovic
Un calciatore così in Svezia resta poco e infatti il 23 gennaio 217 passa al Borussia Dortmund, rifiutando addirittura il Real Madrid perché conscio di avere difficoltà nell’arrivare in prima squadra in poco tempo. In Germania però non va come sarebbe dovuta andare, gioca poco, quasi sempre nella squadra giovanile e segna solo un gol in Coppa di Germania. Quando va in prestito in Olanda al Willem II si risveglia, giocando davvero alla grande e portando i suoi in finale di Coppa d’Olanda con un gol nella semifinale contro l’AZ Alkmaar.
A fine stagione sarebbe dovuto tornare in Germania, ma si accorge di lui Imanol Alguacil della Real Sociedad, che vuole questo strano giocatore, alto e magrissimo, per un attacco in cui gli affianca Mikel Oyarzabal, Portu e dietro di loro David Silva. Con questo fronte offensivo così ricco di talento che viene costruito nei due anni in cui lo svedese è in Spagna, Isak si trova a meraviglia e segna davvero tanto, arrivando a 33 gol in 88 partite.
Nella Svezia, l’allenatore Janne Andersson lo ripropone al centro dell’attacco ma nelle due partite contro Spagna e Slovacchia lo ha fatto accompagnare da Marcus Berg, altro centravanti di stazza, anzi il vero centravanti di stazza della squadra che aveva il compito di tenere fisicamente impegnati i difensori, mentre Isak si muoveva più da seconda punta. Contro la Polonia invece ha utilizzato un sistema “alla Real Sociedad”, con Isak centrale e Quaison, Forsberg e Sebastian Larsson a girargli intorno, cercando di innescarlo.
"È davvero bello vederlo in campo, è un grande talento. È un giocatore giovane che ha ancora molti margini di miglioramento. Penso che ci si può aspettare ancora molto altro da lui. Ha giocato davvero bene oggi" – Janne Andersson dopo la partita contro la Slovacchia agli Europei.
Può giocare con diversi sistemi e diversi compagni anche perché fin dall’inizio della sua carriera su di lui incombe un marchio, quello di “nuovo Ibrahimovic” e Ibra, si sa, gioca bene con tutti (beh anche col Barça di Guardiola non andò malissimo).
Succede a tanti per altri campioni e se sei svedese, sei centravanti e sei alto 1,90 l’accostamento viene facile. Ma a guardare bene giocare Isak, si comprende come sia davvero solo una suggestione, perché di Ibra, anche del primissimo Ibra non ha quasi per nulla quel set di movimenti da prima punta centrale che nel calcio dei primi anni 2000 era di prassi dotare i ragazzi di talento. E parliamo di Ibra, uno che poi quel ruolo e quel set lo ha preso e lo ha rivoluzionato completamente. Isak è solo nominalmente posto al centro di un attacco, perché è in movimento costante per l’intera partita, non dando alcun punto di riferimento agli avversari. Non ha le letture, la visione e la potenza scenica di Ibra, ma forse gli si avvicina per la capacità di vivere tecnicamente la partita, riuscendo sempre a giocare bene il pallone, skill dorata per un centravanti al giorno d’oggi.
Anche se non è Ibra, con la Svezia può ancora andare avanti, affrontando l’Ucraina agli ottavi e poi sarà fin dal primo giorno possibile mercato caldo per un calciatore che servirebbe davvero a tanti in giro per l’Europa.