La Spagna fa fuori di nuovo l’Italia, Nations League amara: Rodri ci mette ancora lo zampino
Una rete di Joselu gela l'Italia quando manca una manciata di minuti dalla fine del match. Entra al posto di Morata all'84° e 4 minuti dopo realizza il 2-1 che spedisce gli Azzurri alla finalina per il terzo posto con l'Olanda mentre regala alle Furie Rosse la sfida clou con la Croazia per il titolo della Nations League. Ancora una volta gli iberici frenano le ambizioni della Nazionale in questo trofeo. Ancora una volta – dopo essere stato decisivo in Champions contro l'Inter – è Rodri a metterci lo zampino: è dalla sua conclusione che nasce la deviazione decisiva.
È l'epilogo peggiore, beffardo ma meritato per quanto prodotto dagli iberici in particolare nella seconda frazione quando preso il comando e hanno fatto quel che volevano. Meritato per tecnica e qualità esibite. Meritato perché l'Italia ci mette coraggio e volontà ma è inferiore, disarmante per le sbavature che palesa. Meritato perché loro palleggiano e tessono le trame di gioco, l'Italia no… si affida ai lanci, a spizzichi e bocconi, all'idea di ripartenza perché la proposta non c'è. E se là davanti hai attaccanti che fanno fatica va anche peggio. Il dubbio sorge spontaneo: perché non mettere Retegui che avrebbe forse assicurato maggiore profondità e aiutato la squadra a salire?
"I ragazzi hanno fatto quel che potevano", dice Mancini a fine incontro e tanto basta a chiarire qual è il livello attuale. Non hanno giocato male. Anzi, per certi aspetti sono anche piaciuti. Poi, come al solito, si sono smarriti per freschezza, forza nelle gambe, per tutto.
L'azione che porta alla rete del ko è un manifesto di quel che è stato l'incontro: azione insistita sulla sinistra, possesso palla prolungato degli avversari, linea molto alta, pressione e palla che dal fondo viene tagliata in mezzo. Gigio può nulla, ingoiamo un altro boccone amaro.
A strappi e fiammate. La sfida tra Spagna e Italia vive di spunti improvvisi e no sai mai dove iniziano i meriti dell'avversario o i demeriti di chi lo subisce. Nel caso degli Azzurri è tutto chiaro in occasione del vantaggio lampo delle Furie Rosse: Bonucci fa tutto quello che non deve fare un difensore centrale, in particolare della sua esperienza. Cerca un dribbling improbabile davanti all'area di rigore (invece di passare la palla al compagno meglio piazzato), non ha abbastanza destrezza e abilità per aggirare Yeremi Pino, perde la sfera e la consegna agli iberici che ringraziano e segnano la rete del vantaggio.
Un disastro. Al punto che Mancini in panchina va su tutte le furie: urla, si dimena, si volta verso i collaboratori, toglie la giacca e impreca. Non è possibile prendere gol in quel modo. Lo sa Bonucci, glielo ribadisce Donnarumma che gesticola in maniera evidente e gli dice (non c'è nemmeno bisogno di interpretazioni particolari del labiale) che avrebbe fatto meglio ad appoggiarla.
Inizia così la sfida, subito in salita e con un'ingenuità tremenda. Ma la sorte è amica e dopo pochi minuti ci mette una mano amica: è quella di Le Normand, che si trova sulla traiettoria del tiro scagliato da Zaniolo (imbeccato da Jorginho). Il direttore di gara ci pensa per un attimo poi concede la massima punizione trasformata da Immobile.
Equilibrio. È la parola migliore per descrivere un andamento del match che vede Spagna e Italia affondare i colpi e ripartire. Jorginho (ancora lui) mette Frattesi in condizione di liberarsi e volare verso Unai Simon: segna il 2-1 ma l'urlo resta strozzato in gola perché il Var rileva una posizione di fuorigioco. Per la Spagna ci prova Morata in un paio di circostanze, la nazionale è sempre pericolosa quando verticalizza.
Possesso palla dinamico. La palla non suda, diceva Roberto Baggio. Quella giocata dagli spagnoli (che la tengono per il 67%) scivola veloce sul manto erboso, disegna traiettorie mnemoniche, costringe l'Italia a correre a vuoto, a stare lì a guardare Gabri, Rodri, Jordi Alba che – appena possibile – alzano il ritmo e per gli Azzurri sono dolori, che si abbassano troppo e incassano. Lo spagnolo Merino è indiavolato, non lo prendono e un po' non lo vedono ma di fronte a quel gigante di Donnarumma può nulla.
Sul secondo palo cerca la deviazione vincente ma il portiere del PSG fa un intervento da campione, poi Morata non riesce a girare la palla in rete nel migliore dei modi. Mancini cambia qualcosa in difesa (Darmian e Dimarco al posto di Spinazzola e Bonucci) poi inserisce forze fresche in attacco (Chiesa per Immobile) e a centrocampo (Cristante per Jorginho). L'Italia esce dall'assedio con una bella girata di Frattesi, ma Unai Simon fa il "Gigio" e da lì non si passa.
L'intensità del match cala poco alla volta ma è sempre la Spagna ad avere il pallino del gioco (e qualche occasione) in mano. Lo fa spingendo sulla corsia mancina ma, per fortuna, Acerbi è bravo ad anticipare Morata in angolo. Mancini mette dentro Verratti per Frattesi poi richiama Chiesa a sé e gli fa una ramanzina: non vede in campo quel che si aspettava da lui e gli aveva chiesto. Ma l'Italia non ne ha, o forse non abbastanza da piazzare la zampata vincente. E la subisce.