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Opinioni

La sentenza sul caso tamponi-Lazio cestina il protocollo Covid e la credibilità del calcio italiano

La Lazio è stata punita con una multa da 150 mila euro per il ‘caso tamponi’ mentre sono arrivate le inibizioni di 7 mesi per il presidente Claudio Lotito e 12 per i medici sociali Rodia e Pulcini. Un grande caos per nulla, insomma. Dalla ripresa del campionato dopo il lockdown si sono susseguite discussioni di ore e tantissimi interventi in merito al famigerato “protocollo”, che viene praticamente cestinato da un verdetto dello stesso Tribunale della FIGC.
A cura di Vito Lamorte
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Tuonò tanto, ma non piovve. Si potrebbe riassumere così il ‘caso tamponi‘ che ha visto coinvolta la Lazio. La società biancoceleste è stata giudicata dal Tribunale Federale Nazionale sui casi di violazione dei protocolli Covid interni al club e sono arrivate le inibizioni di 7 mesi per il presidente Claudio Lotito e 12 per i medici sociali Rodia e Pulcini ma non c'è stata nessuna penalizzazione in classifica come paventato nelle scorse ore: soltanto una multa da 150 mila euro.

Le sentenze si rispettano in ogni caso, e non può essere altrimenti, ma qualche domanda bisogna porsela in merito all'accaduto. Alla vigilia del verdetto del Tribunale della FIGC il carico di accuse era importante e molto grave nella sostanza, visto che si manifestava il mancato adempimento di tutte le procedure di comunicazione alle ASL fino al 6 novembre e risultavano evidenti alcune contraddizioni relative ai tamponi prima della gara col Torino: a fronte di queste situazioni la Procura ha pensato che potesse bastare una multa per la violazione delle regole. Ciò che resta assolutamente poco comprensibile è come possa bastare una sanzione economica quando i fatti sono provati, tanto che per i responsabili (i due medici e Lotito) sono state disposte inibizioni più o meno lunghe.

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Ci sono state multe e altre sanzioni comminate per molto meno in questo campionato ma quello che fa più specie è che ci si è ‘azzuffati' spesso e in tanti si sono riempiti la bocca con il "protocollo" ma, di fatto, a sconfessarlo così è stata la stessa FIGC: interviste da parte di personalità di punta della Federazione, opinioni rilasciate a mezzo stampa su altre vicende di questo campionato, oltre altre alle centinaia di ore di dibattiti tv sui casi Juventus-Napoli, Lazio-Torino e Inter-Sassuolo; e poi è arrivato il colpo di grazia.

In Europa, e probabilmente nel mondo, il campionato di Serie A è e resterà l'unico torneo in cui c'è il sospetto che siano stati schierati dei calciatori positivi al Covid-19 pochi giorni prima di scendere in campo. La vicenda che ha riguardato la Lazio fa capire bene come in questo caso il protocollo sia stato preso, accartocciato perbene e lanciato nel cestino anche con una certa decisione. Siamo l'unico campionato che è riuscito a creare questo tipo di situazioni a fronte di un'emergenza sanitaria che ci portiamo sulle spalle da ormai un anno, della quale ricordiamo bene l'inizio (anche in quel caso la Federazione ci mise del suo con il caso Juve-Inter) e di cui non vediamo ancora la fine.

In tanti pensano che sia in corso una caccia alle streghe nei confronti della società biancoceleste ma la domanda che bisogna porsi è una sola: in un momento come quello che stiamo vivendo, con difficoltà annesse e connesse anche nel mondo dello sport, lavorare sulle norme e tentare di sfruttare i vuoti legati al protocollo a proprio vantaggio fa parte dello spirito sportivo? Solo in Italia può esserci un minimo dubbio.

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Periodista, collaboro con la pagina sportiva di Fanpage.it. Appassionato di Sport, Comunicazione e Politica, lucano amaro, credo che dietro ogni persona ci sia una storia che vale la pena ascoltare. Sono contrario all'opinionismo emozionale.
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