Ripartenza Bundesliga: inizio 9 maggio e fine 21 giugno, in stadi rigorosamente chiusi
Mentre in Italia il calcio si interroga se sia legittimo tornare almeno ad allenarsi in attesa di riprendere la stagione, in Germania il dado è già stato tratto prima di Pasqua. I club che lo desiderano, seguendo procedure sanitarie impartite dal Governo, possono tornare sul terreno di gioco dei rispettivi centri sportivi e permettere ai calciatori di sottoporsi a sedute infrasettimanali. Questa procedura è attiva già dallo scorso 6 aprile ed è per questo che adesso si prospetta anche una data per ripartire con la stagione ufficiale: 9 maggio.
La riunione di venerdì 17 aprile
Presto? Per la Germania evidentemente no e venerdì prossimo potrebbe venire ratificata la data dalla assemblea straordinaria che vedrà la Federcalcio teutonica dialogare con i club e le istituzioni non solo sportive. Un rientro alla normalità che già è in atto e soprattutto in anticipo sugli altri Paesi, compresa l'Italia che è ancora ferma al palo, pur avendo contratto il contagio molto prima della Germania.
Gli allenamenti: sedute limitate, attive dal 6 aprile
Le sessioni di allenamento non si svolgono in modo regolare e ortodosso: i giocatori sono ancora divisi a gruppi, ci si allena a distanza e senza contatti fisici, si usa il pallone, si svolgono sedute in palestra e di fisioterapia seguendo direttive sulle norme igieniche e di distanza sociale. Ma tutto sta procedendo verso la normalità definitiva. E venerdì ci potrebbe essere anche una sorta di nuovo calendario della stagione.
Dal 9 maggio a l 21 giugno
La Federcalcio tedesca potrebbe sviluppare una nuova serie di date che, al momento, non è confermata anche se le indiscrezioni oramai sono troppe per non essere – almeno in parte – fondate. Il giorno della ripresa che verrà proposto è il 9 maggio, poi si andrà avanti a giocare a ritmi serrati, fino al prossimo 21 giugno quando si concluderà la stagione regolare. Con stadi chiusi e accessi limitati ad oltranza.
Il rischio fallimento
Il tutto per evitare il prolungarsi dello stop che porterebbe a rischio fallimento quasi il 50% delle società iscritte. Una mossa, dunque, spinta da necessità economiche, ma che dovrà avere l'ultimo avvallo dalla comunità scientifica che ha fermato ogni attività sportiva dallo scorso 30 marzo.