La reazione di Spalletti al gol che vale una vita: è in un mondo a parte, il pensiero va all’anello

Cos'è la gioia, quella vera? Quella che quando hai sognato qualcosa per tutta la vita poi all'improvviso succede? È quel momento in cui lo spazio-tempo si ferma, le immagini rallentano tutto intorno fino a fermarsi e quel che resta è l'emozione che vale un'esistenza intera. Provate a chiederlo ai giocatori del Napoli, chiedete cosa hanno provato domenica sera a Torino quando hanno capito che quel gol segnato da Raspadori alla Juventus al 93′ aveva un nome e un cognome: terzo Scudetto.
Cadeva fitta la pioggia allo Stadium, la partita era al lumicino come le forze dei giocatori in campo: è stato allora che la sceneggiatura della Lunga Attesa che sul Golfo dura da 33 anni ha piazzato il colpo di scena che preannuncia il finale. Cuadrado si è lasciato cadere in area azzurra cercando di guadagnarsi un calcio di rigore, l'arbitro Fabbri gli ha fatto un gesto plateale invitandolo ad alzarsi e l'azione è ripartita dall'altra parte del campo. Poco dopo Jack Raspadori ha scaraventato il pallone alle spalle di Szczesny con un sinistro al volo che è stato una sentenza.

Da lì ognuno dei protagonisti ha vissuto quel momento nella maniera più istintiva possibile: del resto come si fa a non esultare in maniera incontenibile quando si è entrati nella storia di una città come c'era riuscita solo la squadra di un certo Diego Maradona? Esultano tutti gli azzurri allo Stadium, si abbracciano e qualche lacrima spunta sui loro visi mischiandosi alla pioggia. Anzi, esultano quasi tutti. Non lo fa Piotr Zielinski, che crolla sul prato e allarga le braccia per stringere forte quel tricolore che cinque anni fa aveva perso in albergo nonostante i 91 punti della meravigliosa squadra di Sarri.
Non lo fa neanche Luciano Spalletti, che le telecamere di DAZN seguono in quell'attimo che aveva atteso dall'inizio della sua carriera. A 64 anni il tecnico toscano corona una carriera vincente (due campionati russi, due Coppe Italia e una Supercoppa tra le altre cose), alla quale mancava lo Scudetto. Panchina d'Oro nel 2005, miglior allenatore per l'AIC nel 2006 e nel 2007, Spalletti in Serie A era un eterno piazzato: tre secondi posti di fila con la Roma e poi ancora un terzo e un secondo posto nella sua seconda esperienza sulla panchina giallorossa, due quarti con l'Inter e infine la seconda piazza col Napoli dell'anno scorso con cui aveva preso le misure del bersaglio grosso.

Raspadori carica il sinistro per impattare in maniera perfetta il pallone spiovente di Elmas e in quell'istante Spalletti pensa che forse è arrivato il momento di regolare quei conti col passato. La sfera entra in rete, intorno al tecnico la panchina esplode in un caos in cui sagome, volti e voci si disperdono nella pioggia. Lui no, in quel tiro che passa tra le gambe di Szczesny rivede tutto: i sacrifici fatti, i sogni svaniti all'ultimo respiro, i palloni passati a migliaia davanti alla sua panchina in tutti questi anni.
Mentre il mondo tutto intorno salta per aria, Spalletti resta impassibile e si gira verso la sua panchina. Fa due passi, lo sguardo è basso, la mente lontana. Luciano non è più lì, è in un mondo a parte. La pioggia cade a catinelle, lava via tutti i cattivi pensieri. L'uomo di Certaldo si sistema l'anello al dito e capisce che stavolta niente e nessuno potrà togliergli lo Scudetto: ancora qualche giorno e quel vecchio conto verrà saldato per sempre.