La profezia di Sarri si abbatte sulla Juve di Pirlo: lui aveva previsto tutto
Da qualsiasi parte la si guardi, la prima stagione da allenatore di Andrea Pirlo non è stata esattamente un successo. E poiché la panchina su cui si è ritrovato ad appena 41 anni e senza avere alcuna esperienza è quella della Juventus, parlare di insuccesso significa parlare di fallimento, visto che nella filosofia della casa bianconera "vincere è l'unica cosa che conta". Il giudizio peraltro è passibile di ulteriore downgrade in caso di mancata qualificazione alla prossima Champions League: da fallimento si passerebbe al disastro.
Del resto, il confronto non solo con Allegri – perennemente in tendenza su Twitter per la disperata nostalgia dei tifosi bianconeri – ma anche col bistrattato Sarri è davvero impietoso per il bresciano. Dopo 33 giornate di campionato, ovvero a 5 dal termine come adesso, l'ultimo Allegri aveva 87 punti in classifica – ben 21 in più di Pirlo – e festeggiava già con largo anticipo l'ottavo Scudetto consecutivo della Juve. Sono invece 11 le lunghezze di distacco dalla squadra di Sarri, che a questo punto del torneo ne aveva 6 di vantaggio sull'Inter di Conte, accingendosi poi anch'essa a vincere tricolore, il nono di fila per la Vecchia Signora.
Lo storico filotto del club bianconero finisce dunque nel 2021 e proprio a vantaggio dei nerazzurri guidati con mano sicura dagli ex Conte e Marotta. Adesso che il progetto della nuova Juve è naufragato in maniera così fragorosa, si può ben dire che Maurizio Sarri l'aveva raccontata giusta, quando – ad esonero comunicatogli – si lasciò andare ad una frase che oggi risuona a metà tra un anatema e una nefasta profezia: "Voi mi mandate via, ma questa squadra è inallenabile".
Il tecnico toscano aveva evidentemente toccato con mano le problematiche di una squadra dove la presenza ingombrante – anche tatticamente – di Cristiano Ronaldo, unitamente ad una rosa non rispondente agli standard della Juventus, rendeva difficile, per non dire impossibile, il lavoro dell'allenatore. Quasi un anno dopo, oggi quelle parole risuonano sinistramente come l'epigrafe sulla traballante panchina di Andrea Pirlo.