La prodigiosa storia di Pablo Longoria, “El Chico de la Play” presidente del Marsiglia a 34 anni
La prima volta che Pablo Longoria è salito su un aereo aveva 18 anni e andava in Svezia insieme alla madre per vedere la finale di Coppa Uefa tra Olympique Marsiglia e Valencia. Qualche anno più tardi può dire già di essere stato uno dei massimi dirigenti di entrambi i club. Di quello francese è diventato addirittura presidente nello scorso febbraio all'età di 34 anni e lo è tuttora. La sua posizione come massimo rappresentante della società è atipica visto che il suo lavoro è sempre stato quello di scovare talenti.
Partito dalla provincia spagnola di Oviedo, è arrivato alla guida di una nobile del calcio europeo dopo aver lavorato ovunque, per otto anni anche in Italia come capo scouting di Sassuolo e Juventus. Non è un caso che parli sei lingue e sia considerato un "malato di calcio". Dice di conoscere più il suo allenatore che la sua donna e potrebbe recitare a memoria la formazione titolare dello Sporting Gijon, squadra per cui fa il tifo. C'è chi dice che nella casa dove è cresciuto abbia quattro antenne paraboliche con le quali registra 160 partite ogni settimana e ne guarda otto al giorno.
I primi passi del "Chico de la Play"
Longoria ha iniziato a lavorare giovanissimo nel 2007 come capo degli osservatori del Newcastle. Rimane in Inghilterra solo per sei mesi, periodo che in una intervista a Cadena Ser ha definito una sorta di "Erasmus che ha spalancato i suoi orizzonti sul calcio europeo". Viene notato dopo un'esperienza lavorativa dall'agente Eugenio Botas, che lo consiglia ad uno dei suoi assistiti, l'allenatore spagnolo Marcelino García Toral. Il tecnico decide di portarlo con sé e gli affida lo scouting per il mercato del Recreativo Huelva, che all'epoca militava in Liga e dove ha imparato che nel suo lavoro bisogna saper gestire la pressione. Longoria inizia farsi un nome, o meglio un soprannome. Lo chiamano infatti "El Chico de la Play" perchè ama i videogiochi come FIFA e Football Manager e grazie a loro può vantare una profonda conoscenza dei giocatori. Se è vero che ha iniziato come consulente media della rete sportiva Radio Marca e il ricorso ai big data e alle statistiche è rimasto una costante della sua carriera, in realtà il suo profilo da nerd nasconde un animo ben diverso.
Come ogni spagnolo che si rispetti, Longoria è un passionario, che vive il calcio come un sentimento capace di provocare emozioni forti. Non parla volentieri di dati e schemi tattici e si dice contrario a valutare i calciatori solo in base ad un video. Simile in questo a Walter Sabatini, preferisce scovare dal vivo le giovani promesse e anche il suo metodo di lavoro lo dimostra: è una presenza fissa in campo, in ritiro e in albergo. "Segue la squadra ovunque e vuole vedere il suo comportamento. Cerca di controllare i giocatori e vedere con chi escono o cosa fanno nel loro tempo libero. Molte volte si nasconde persino dietro ad un giornale" , ha rivelato Javi Alonso, ex scout dell'Atletico Madrid che ha lavorato insieme a Pablo nella direzione sportiva del Sassuolo. Il legame con l'allenatore Marcelino continua al Valencia, dove Longoria sbarca nel febbraio 2018 e rimane un anno per provare a risistemare una situazione disperata. Lì ha ricoperto il ruolo di direttore dell'area tecnica e lascia il segno con gli acquisti di Manu Vallejo, Diakhaby e Maxi Gómez.
Gli otto anni di esperienza in Italia
Il personaggio Pablo Longoria non sarebbe tale senza gli otto anni trascorsi in Italia. Nel dicembre 2010 diventa osservatore dell'Atalanta, dove apprezzerà l'importanza di lavorare con i giovani. Nel luglio 2013 viene promosso a capo scouting del Sassuolo: qui si sporca le mani per costruire un progetto dalle fondamenta e contribuendo a rendere unica nel suo genere la società del compianto presidente Giorgio Squinzi, ormai presenza fissa in Serie. "Lavorare con Pablo significa essere ogni giorno un po' meglio di prima. È un apprendimento continuo in cui non vale la pena essere conformisti ma bisogna pretendere da sé stessi di esserlo ogni giorno un po' di più e in questo modo evolvere alla stessa velocità del calcio di oggi. Pablo è una persona molto esigente nel quotidiano, una persona molto intensa, che ti spreme, ma ha il pregio di saper ascoltare e che dà una certa fiducia ai professionisti di cui si circonda", racconta ancora Javi Alonso.
Nell'agosto del 2015 il capo scout della Juventus Javier Ribalta lo chiama a Torino e Longoria diventa una delle chiavi dei successi bianconeri. Appare poco e non si ricordano sue dichiarazioni ma è stato proprio lui a portare in Italia il centrocampista uruguaino Rodrigo Bentancur nell'affare Tevez. "Era andato a Buenos Aires un'intera settimana per conoscere bene il giocatore, parlargli, guardarlo allenarsi nella città sportiva del Boca, cenare con il ragazzo e conoscere la sua famiglia. Solo dopo ha dato l'ok al suo trasferimento", il retroscena svelato da Javier Ribalta, attualmente ds dello Zenit San Pietroburgo dopo la parentesi al Manchester Utd. Longoria stesso aveva poi trovato il modo per permettere a Dani Alves di svincolarsi dal Barcellona e approdare alla Juventus. La definì "l’università: ci sono entrato strabuzzando gli occhi come una matricola che passa per la prima volta dal cancello di Yale e poi sono da lì con la voglia di mettere in pratica quanto imparato". Questo lo ha potuto fare a Valencia, ultima tappa prima di conquistare Marsiglia.
La scalata ai vertici del Marsiglia
Sedici anni dopo quel volo che lo conduceva a Göteborg per la finale di Coppa Uefa tra Marsiglia e Valencia, Pablo Longoria nel luglio 2020 da Valencia si trasferisce a Marsiglia per iniziare a lavorare come direttore sportivo dell’OM al posto di Andoni Zubizarreta. Un ambiente caldo come pochi in Europa, una città di mare che seguiva gli umori della squadra e la presenza in panchina di André Villas-Boas, che Longoria ammirava da sempre al punto da provare a portarlo al Recreativo nel 2009, spingono il dirigente spagnolo ad accettare l'incarico. Il suo arrivo in Francia coincide però con uno dei momenti più turbolenti della storia recente del club, orfano di un trofeo da 10 anni. In meno di un anno Longoria affronta un terremoto societario, una rivolta popolare e la rottura con il suo idolo. Proprio quell'amore che nutriva nei confronti di Villas-Boas finisce così male che Longoria prima rifiuta le sue dimissioni e poi lo licenzia in tronco.
Il momento di massima crisi del Marsiglia coincide con l'ascesa di Longoria. I fatti risalgono alla fine di gennaio, dopo l'assalto degli ultrà al centro d’allenamento: il presidente delegato Jacques-Henri Eyraud, un businessman senza alcun background calcistico, così diverso dal DNA dell'ambiente e inviso ai tifosi, viene allontanato dal proprietario americano Franck McCourt, alla guida del club dal 2016. Dal giorno della presentazione a Marsiglia Longoria ha il merito di strizzare l’occhio all’ambiente e corrispondere la sua passione, dettagli decisivi che il suo predecessore aveva colpevolmente trascurato. Fu a furor di popolo che Longoria divenne presidente, il più giovane a ricoprire la carica da un secolo a questa parte. "Vorremmo contribuire a costruire uno stile di gioco che corrisponda alla passione dei nostri tifosi. Sarò vigile per garantire che tutti i giocatori aderiscano al nostro progetto. Questo sarà un prerequisito per il nostro reclutamento in futuro. Il club è il prima cosa, qualunque cosa accada", le sue prime parole da patron.
I rapporti ritornati pacifici con il tifo organizzato, l'appello all'identità popolare e la scelta del nuovo allenatore Jorge Sampaoli sono state le prime mosse di Longoria, politiche e non solo. Sul mercato il prestito con diritto di riscatto di Milik dal Napoli è stata una scelta azzeccata, meno l'acquisto di Olivier Ntcham dal Celtic. Proprio a causa di Ntcham si è consumata al frattura tra Longoria e Villas-Boas. Dopo un buon avvio in campionato, ora il Marsiglia è tornato a vincere dopo quasi un mese e sembra essere l'unica contendente al secondo posto dietro all'inarrivabile PSG. Per non parlare del brutto episodio accaduto durante la partita contro il Nizza. In Europa League ha raccolto due pareggi in altrettante partite e si prepara ad affrontare nel doppio confronto la Lazio. Da guru dello scouting al ruolo più istituzionale che ci sia, la parabola di Longoria potrebbe ancora rivelare altre sorprese.