La premonizione di Spalletti nel momento dell’ingresso di Zaccagni: sa già cosa succederà
"Zaccagni ci ha liberato da un incubo!". La voce di Francesco Repice è rotta dall'emozione, esplode in diretta radio nel raccontare la rete a giro decisiva arrivata al 98° e spazza via quel tono greve che aveva scandito gli ultimi minuti, con la Nazionale sotto di 1 gol contro la Croazia e con un piede fuori da Euro 2024. Il pareggio (1-1) vale il secondo posto, l'abbinamento negli ottavi contro la Svizzera e, se tutto va bene, anche un prosieguo meno irto d'insidie in tabellone (ma molto dipende anche da Inghilterra-Slovenia).
L'esterno d'attacco della Lazio è il classico jolly che ti arriva in mano e ribalta la sorte delle carte al tavolo verde. È la mossa dell'intuizione (e della disperazione) che premia gli Azzurri e Luciano Spalletti. La fortuna gli è stata amica, gli ha strizzato l'occhio per l'audacia, aver creduto possibile acciuffare il risultato, saputo sfruttare le poche opportunità ancora a disposizione. Gli otto minuti di recupero – che faranno sbottare il ct dei balcanici, Dalic – sono stati come un messaggio contenente un suggerimento e un presagio sussurrati all'orecchio dell'allenatore italiano.
Nel momento peggiore ha avuto una sorta di visione di quel che sarebbe potuto accadere effettuando una serie di sostituzioni, così a rimodellare l'Italia per l'assalto all'arma bianca contro un avversario rinchiuso nel fortino a difesa del vantaggio. "Se noi si mette due mediani e si leva Jorginho si fa giocare Fagioli basso", mormora Spalletti al suo collaboratore, Domenichini. E sembra una premonizione. Nella sua testa può immaginare come potrebbe svilupparsi il gioco in quel morso di partita in cui tutto può ancora accadere. Pensa e agisce pochi minuti dopo (75°) aver lanciato nella mischia Scamacca al posto di Raspadori per avere fisicità, densità, centimetri in area di rigore.
È l'81° quando la lavagnetta elettronica richiama fuori Darmian e Jorginho per Zaccagni e Fagioli. "Te fai quello alto a sinistra", dice il commissario tecnico al calciatore mettendogli una mano sulla spalla (come mostrato dalla camera personale dedicatagli da Sky). Deve stare lassù, sul fianco mancino, per scompaginare la difesa balcanica. Deve fiondarsi su ogni pallone come un rapace, inventare qualcosa e, poiché è nelle sue corde, tentare la conclusione appena ha un varco dinanzi a sé.
Il cronometro scorre e la diga avversaria regge ma Spalletti rassicura ("tranquillo, tranquillo però, c’è tempo!"), impartisce indicazioni ("Fagio! Giocala là!", urla a Fagioli), tiene salde le redini della squadra perché non si spezzi in due ("Davide! Non andare! Stai basso e falla girare!", grida a Frattesi). Il filo che le tre parche recideranno è un altro, non quello dell'Italia. E quando Zaccagni la mette dentro, come Alessandro Del Piero contro la Germania nel 2006, spedendo (di nuovo) l'Italia a Berlino il fato è compiuto. Gli dei del pallone sono stati indulgenti. Ma guai ad approfittare di tanta benevolenza.