La nuova sfida di mister Petkovic: tre passaporti e otto lingue per una Svizzera che non paura
Appena sorteggiati i gironi degli Europei i commentatori delle cose italiche avevano lasciato lì un sorriso. Il Galles è in fase discendente dopo gli Europei di ormai cinque anni fa, la Turchia è sempre al limite tra la meraviglia e lo sprofondo, senza un campione vero che possa essere il leader, la Svizzera è la solita Svizzera, ordinata, attenta, niente di più.
Dopo i primi tre turni delle qualificazioni ai Mondiali 2022, le prospettive sono cambiate. Il Galles ha perso facendo sudare il Belgio grandi firme, per poi vincere contro la Repubblica Ceca. La Turchia si è dimostrata la squadra più in forma, battendo 4-2 l’Olanda di Depay e a domicilio 0-3 la Norvegia di Haaland e infine la Svizzera che abbiamo potuto pesare da vicino, essendo inserita nel nostro girone e già autore di due vittorie su due.
A guidare la Svizzera, la squadra che deciderà i nostri destini in questi due tornei internazionali consecutivi è Vladimir Petković, detto Vlado, uno che ci conosce bene e che conosciamo anche noi. Nasce a Sarajevo, nella meravigliosa Sarajevo in cui 21 anni dopo la sua nascita saranno disputate le Olimpiadi invernali e dove si era iscritto a Giurisprudenza, venendo per questo soprannominato Dottore. È un centrocampista slavo e in questa definizione c’è già tutta l’idea di estro, classe, a volte apatia che caratterizzava quei calciatori.
Nel 1987 va in Svizzera, tesserato dal Coira e poi dal Sion, per iniziare un suo tour del paese elvetico perché dopo poco scoppierà la Guerra dei Balcani e Vlado non tornerà più a casa. Nel giro di poco tempo prende tre passaporti, croato, bosniaco e svizzero, iniziando ad allenare nel Malcantone Agno, mentre fa anche il magazziniere alla Caritas di Giubiasco.
"Allenavo di sera il Bellinzona e al mattino alla Caritas di Giubiasco. Mi occupavo di stranieri, disoccupati, ex tossici e alcolisti… Quel lavoro mi ha insegnato il valore profondo del dialogo e delle relazioni umane, che poi ho sperimentato nella professione di allenatore. L’altruismo serve eccome nello spogliatoio".
Con la squadra che si fonderà con il Lugano arriva in Challenge Cup (la B elvetica), per poi passare al Bellinzona, portato in Super League e in finale di Coppa di Svizzera contro il Basilea. In questi anni si spostava molto spesso da Lugano a San Siro, per ammirare e studiare il calcio del Milan di Capello. Lui, insieme ad Arsène Wenger, è uno dei riferimenti da cui è partito per costruire il gioco delle sue squadre.
Dopo l’esperienza allo Young Boys e la vetrina delle competizioni internazionali, all’improvviso è scelto da Lotito, alla fine del ciclo di Edy Reja. Arrivò alla Lazio da Signor Nessuno e infatti l’ambiente biancoceleste non la prese bene. Il Corriere dello Sport nella sua edizione romana titolò “Petkovic chi?”, giusto per far capire cosa si pensava di quell’allenatore. Lotito aveva scelto su suggerimento di una persona amica, Flavio Ferraria, il quale lavorava spesso in Svizzera e aveva visto come faceva giocare le sue squadre il tecnico nato a Sarajevo. Non lo conosceva solo Ferraria, anche il ds Tare, per seguire Lulić allo Young Boys aveva capito come quel tecnico avesse idee capaci di attecchire subito nel campionato italiano, ravvivando una squadra che tendeva alla mediocrità.
"Ringrazio il presidente e il ds Tare che hanno rischiato scegliendomi, ma io non ho mai tradito nessuno e la gente lo sa".
Con i bianconcelesti vive un anno e mezzo a tutto gas. Vince subito il primo derby stagionale per 3-2, ma soprattutto fa strada in Coppa Italia, superando la Juventus in semifinale grazie al gol di Floccari al 93’ nella gara di ritorno. In quello stadio Olimpico in cui sfiderà l’Italia il 16 giugno, gioca un altro derby, uno dei più importanti della storia recente perché vale un titolo. Quella partita non sarà mai dimenticata dai tifosi biancocelesti, in quanto la squadra batté la Roma in un derby nervoso e tirato, risolto da un gol di Senad Lulić, uno dei calciatori più amati ed esaltati da Petković, che lo ha scoperto a Locarno, fatto crescere nel Bellinzona e nello Young Boys e poi gestito magnificamente a Roma dove divenne uno degli esterni più forti del nostro campionato.
Purtroppo il matrimonio con Lotito finisce presto, Petković si accorda con la Svizzera, il presidente la prende male, si finisce anche al Tribunale del lavoro, ma la vita continua. Dal 1° luglio 2014 è ct della Svizzera e ancora oggi la sua è considerata da tutti un’ottima scelta. Agli Europei del 2016 esce solo ai rigori contro la Polonia agli ottavi. Ai Mondiali 2018 fa un girone clamoroso, pareggiando con il Brasile, vincendo contro la Serbia con un gol di Shaqiri al 90’ e pareggiando 2-2 contro il Costa Rica. La corsa si fermerà ancora agli ottavi contro la Svezia.
La Svizzera per noi ha significato tanto. È la squadra con cui abbiamo giocato di più, 58 volte con 28 partite vinte, 22 pareggiate e 8 perse e anche se il saldo è positivo non sono mai state sfide facili per noi. Una è rimasta forse più delle altre, la prima da campioni del mondo dopo Spagna 1982. Era il 27 ottobre 1982 e la Svizzera ci batté, facendoci subito intuire che la favola più bella del nostro calcio era finita.
In un’intervista al Guerin Sportivo, Petković ha dichiarato: "Dovremo aver rispetto dell’Italia, ma non paura". Sarà un avversario ostico adesso e nella corsa per Qatar 2022 e con l’allenatore che conosce 8 lingue in panchina (croato, bosniaco, inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo e italiano), sarà ancora più dura.