La morte di Maradona, Platini: “A certe cose non sei mai pronto, ti prendono cuore e testa”
Michel Platini sorride con amarezza e accoglie con profondo dolore la notizia della morte di Maradona, stroncato da un'insufficienza cardiaca acuta. Se n'è andato un pezzo della sua vita, l'avversario che avrebbe voluto sfidare e battere perché non gli è mai piaciuto vincere facile. Ma al Mondiale in Messico la sorte si mise di traverso. "Vorrei essere stato in buona forma e non aver giocato da infortunato… magari avremmo risolto tutto in finale". Invece no, la storia aveva preso un'altra narrazione. E nelle stelle c'era scritto che in quella Coppa, in quell'anno, in quegli stadi c'era spazio per un solo dio in terra che avrebbe ripagato il suo popolo facendo cose dell'altro mondo. Al di là di ogni umana immaginazione. "Con la palla sapeva fare cose straordinaria, che fosse in campo oppure per strada. È così che è cresciuto e così ha trascorso la sua vita fino in fondo".
Adieu, sussurra Michel nell'intervista a L'Equipe. "Non credo che ci saranno tre giorni di lutto nazionale per me o Zidane in Francia, quando moriremo". Usa l'ironia per tenere a bada quel senso di vuoto, di non ritorno che ti toglie il fiato e ti fa sentire spaesato. Ha la faccia di uno che ha capito e in fondo se l'aspettava. Sapeva che le condizioni di salute dell'ex Pibe da tempo erano preoccupanti. "Mi ero preparato a sentire un giorno, alla radio, l’annuncio della scomparsa di Diego Maradona. Ma a certe cose non sei mai pronto abbastanza e a un certo punto la malinconia e la nostalgia prendono il sopravvento. Quando arriva quel momento ti fa un certo effetto nel cuore e nella testa".
Le Roi e ‘o Re, Juventus e Napoli, Nord e Sud, Maradona è meglio ‘e Pelé: in quegli anni le domeniche di calcio erano scandite dal ‘dai e vai' sulle frequenze da un capo all'altro dell'Italia del pallone raccontata dalle voci dei radiocronisti. C'era Enrico Ameri al San Paolo quando El Diez calciò quella punizione che andò contro ogni legge della fisica per insaccarsi nel sette, costringendo Tacconi quasi a spaccarsi la testa contro il palo. "Ho giocato tante volte contro Maradona, era sicuramente uno dei più grandi ma per me Cruijff era il migliore. C'era Pelè ma prima del Mondiale del '70 non l'ho visto giocare e credo che gran parte della rivalità con Diego dipendesse dal fatto che Brasile e Argentina ci tenessero ad avere in patria il migliore calciatore al mondo della storia".