La lotta alla pirateria prima dei diritti umani, così la Premier League ha aperto all’Arabia Saudita
Un miliardo di dollari per chiudere un occhio sui diritti umani. Il fondo sovrano dell'Arabia Saudita rileva il Newcastle e la Premier League, stavolta, non si oppone. Lo aveva fatto in passato, quando Mike Ashley, il contestatissimo patron dei Magpies, aveva chiuso l'accordo col Public Investment Fund saudita, presieduto dal principe ereditario Mohammad Bin Salman Al Saud. Il mandante, secondo un rapporto Onu del 2019, dell'omicidio del giornalista Jamal Kashoggi, sebbene le accuse siano respinte dal governo di Riyad. Quanto basta per far sollevare i dubbi etici dell'affare, per di più in una lega dove vige un rigidissimo fit and proper test, la valutazione dei requisiti di onorabilità per chi entra a far parte del mondo dorato del calcio inglese. Un mondo in cui, come spesso accade, si ragiona in milioni di sterline o dollari, al massimo euro. I diritti umani e le controversie del regime saudita, in quel caso, passano abbondantemente in secondo piano.
La piaga della pirateria in Arabia Saudita
La svolta nell'affare Newcastle ne dà ampia dimostrazione. È dall'inizio del 2020 che Ashley lotta con i vertici della Premier League per ottenere il via libera alla cessione del club, ormai scaricato dalla tifoseria, che appena viene informata dell'operazione con i sauditi parteggia rumorosamente per loro, contro il veto della Premier League. Ma a ledere l'onorabilità della famiglia reale, per la lega inglese, non è tanto la questione sui diritti umani, quanto quella sulla pirateria televisiva. Da anni, infatti, la Premier è in prima linea con la Uefa e le altre top five leagues nella battaglia contro beoutQ, un canale illegale che di fatto trasmette le partite dei principali campionati europei senza averne diritto. A detenerli, per il Medio Oriente, è beIN Sports, emittente del Qatar, oscurato in Arabia Saudita. Da Riyad, infatti, è stata agevolata la scalata della tv pirata: stando al report MarkMonitor dell'aprile 2019, "l'indagine ha mostrato senza alcun dubbio che il segnale satellitare che diffonde tutti i canali televisivi di beoutQ viene trasmesso dal satellite ArabSat", ovvero principale operatore di telecomunicazioni satellitari saudita.
I rapporti tra Qatar e Arabia Saudita
Una goccia nel mare magnum dei rapporti tesi tra Arabia Saudita e Qatar. Rapporti che però, nel 2021, hanno iniziato a ricomporsi. Prima con la riapertura dello spazio aereo e dei confini, poi col ritorno dell'ambasciatore saudita in Qatar e, infine, con la ripresa dello scambio di merci tra i due paesi, entrati in conflitto a seguito delle accuse mosse da Riyad in merito ai rapporti tra i qatarioti e i Fratelli Musulmani. Una crisi che coinvolse anche gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain e altre nazioni tra Africa e Medio Oriente, schierate al fianco dell'Arabia Saudita. Da quasi un anno a questa parte, però, nella regione mediorientale si assiste a un clima di disgelo, che non poteva non coinvolgere il caso beoutQ. "Siamo stati informati che l'oscuramento illegale di 4 anni e mezzo in Arabia Saudita verrà presto annullato", è quanto riporta la Reuters citando una dichiarazione via mail da parte di beIN Media Group. L'emittente del Qatar, inoltre, ammette di "essere stata contattata dai sauditi" per risolvere i casi legali relativi al divieto di trasmettere e all'indennizzo per l'attività pirata di beoutQ. Un arbitrato "da un miliardo di dollari", come dichiarato nella stessa comunicazione.
Il collegamento è fin troppo facile, se si considera che le notizie riguardo una pace tra beIN e l'Arabia Saudita sono arrivate giusto 24 ore prima dell'affare Newcastle. L'emittente qatariota, inoltre, è un partner strategico della Premier League, oltre che del calcio europeo in generale: a dicembre ha rinnovato fino al 2025 l'accordo per la cessione dei diritti televisivi in Medio Oriente e Nord Africa per oltre 430 milioni di euro, a partire dalla prossima stagione. L'ombra della pirateria saudita, però, non ha facilitato le cose. Basti vedere quanto accaduto con la Bundesliga, che continua ad essere trasmessa da beIN in altre nazioni, ma non ha rinnovato l'accordo per la regione mediorientale e tuttora non ha individuato un broadcaster a cui affidare i diritti. Il colosso televisivo del Qatar, dunque, ha avuto i suoi interessi nel trovare un accordo con i sauditi, i quali a loro volta vedono nella chiusura del caso beoutQ l'opportunità per fare un po' di sportwashing. E il calcio inglese, in piena pandemia, non si lascia sfuggire un investimento multimilionario.
Una pace da un miliardo di dollari per entrare in Premier League
Un indennizzo da un miliardo di dollari può aprire dunque le porte della Premier League al fondo sovrano saudita, sebbene la stessa Premier si sia affrettata a specificare di avere «ricevuto assicurazioni legalmente vincolanti che il Regno dell'Arabia Saudita non controllerà il Newcastle». Sarà, ma l'acquisizione è stata effettuata da un consorzio che vede al suo interno il Public Investment Fund, il cui presidente è l'erede al trono del regno saudita. E se negli scorsi mesi lo stesso consorzio è stato bocciato, viene da chiedersi cosa sia cambiato in questo lasso di tempo per convincere la Premier League a togliere il veto. Sui diritti umani non è cambiato granché, tant'è che Amnesty International ha chiesto (per bocca del CEO Sacha Deshmukh) di considerare tali violazioni nell'Owners' and Directors' Test.
Alla fine, era tutta una questione di pirateria, che si è tradotta in una questione di soldi. Un po' più dei 350 milioni di euro messi sul piatto per acquisire il Newcastle, ma chiudendo la contesa con beIN Sports, l'Arabia Saudita si ritaglia uno spazio in Premier League. Una vicenda nella quale, pur senza mai apparire, ha avuto un ruolo il grande protagonista della politica calcistica di questo 2021: Nasser Al Khelaifi. Direte, cosa c'entra il presidente del Paris Saint-Germain nella cessione di un club inglese? Andate a vedere chi è il presidente di beIN Media Group, che oltre ai diritti tv della Premier League detiene quelli delle competizioni Uefa per mezzo miliardo di euro, accordo siglato poco dopo la sua nomina a presidente dell'Eca, al posto del secessionista Agnelli. Nell'anno in cui ha aumentato la propria influenza nel calcio europeo, Al Khelaifi recita un ruolo non marginale anche nell'ingresso del fondo saudita nel calcio inglese. Con buona pace di chi pensa all'etica.