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La lezione di Baggio sul rigore di Italia-Brasile: “Ridicolizzati e attaccati. Purtroppo le persone sono così”

Il ‘Divin Codino’ cita una frase del maestro buddista, Daisaku Ikeda, a corredo della foto che ricorda la delusione per il rigore fallito 30 anni fa nella finale dei Mondiali di Usa ’94. “Dolore e sofferenze inattese possono ritrovarsi sul cammino di ognuno. Non mollate mai”. Una frase fa pensare ad Arrigo Sacchi.
A cura di Maurizio De Santis
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Il 17 luglio 1994 l'Italia perdeva ai rigori contro il Brasile la finale di Coppa del Mondo a Pasadena. Dei cinque calciati, l'ultimo fu sbagliato da Roberto Baggio ma, nonostante prima di lui avessero fallito anche Baresi e Massaro, tutta la narrazione di quel giorno doloroso per la Nazionale è ricaduta sulle spalle del Divin Codino. Il ‘dieci' di Caldogno ha fatto riferimento a quell'episodio condividendo un post sui social: a corredo della sua immagine di uomo e calciatore distrutto per aver spedito la palla alle stelle c'è un pensiero di Daisaku Ikeda, maestro buddista e guida spirituale.

"La vita non è sempre facile. Se lo fosse non cresceremmo né progrediremmo come esseri umani. Se riusciamo in qualcosa siamo spesso invidiati; se manchiamo uno scopo siamo ridicolizzati e attaccati. Purtroppo le persone sono così. Dolore e sofferenze inattese possono ritrovarsi sul cammino di ognuno. Ma è proprio nel momento in cui incontrate queste prove che non vi dovete far sconfiggere. Non mollate mai. Non retrocedete mai". (Daisaku Ikeda, guida del giorno 17 Luglio).

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Nella citazione che fa ‘Roby' non c'è alcun riferimento diretto ad Arrigo Sacchi, che non viene menzionato nel messaggio, ma ci sono un paio di frasi che sembrano cucite addosso all'ex ct per tutto quanto scritto, prendendo una sbandata clamorosa nelle curve della memoria.

Baggio non si è arreso alla sconfitta. Baggio non ha mollato. Baggio non è retrocesso mai. Baggio non ha ceduto rispetto a quella prova durissima (e a molte altre). Baggio, ed è forse sempre stata questa la cosa più difficile, ha trovato nel dolore e nelle sofferenze la forza per crescere e diventare un uomo migliore. Lui è andato oltre, ha elaborato il lutto, fatto un percorso difficile ma è uscito a rivedere le stelle. Lui ricorda tutto, ma non è rimasto prigioniero dei ricordi.

Lui, che con le sue prodezze aveva trascinato gli Azzurri piegando Nigeria, Spagna e Bulgaria, s'è visto crollare il mondo addosso nel momento cruciale s'è rialzato ed è andato avanti. Lui, che aveva rappresentato una luce in mezzo al buio di un'avventura che rischiò di finire addirittura ai gironi in maniera ingloriosa, ha portato addosso tutto il peso di quel giorno in cui sarebbe voluto "sparire sotto terra". Lui che oggi diventa, in maniera profondamente ingiusta, il metro di paragone usato dall'ex ct, Arrigo Sacchi, per scandire il fallimento del 1994 rispetto al successo del 2006 frutto – secondo le sue convinzioni – di una cosa che ha fatto la differenza.

Cosa? Il penalty realizzato da Fabio Grosso. Come se le due esperienze in America e in Germania fossero sovrapponibili. Che scivolone e quanta ingratitudine nell'azzardare concetti del genere da parte dell'ex allenatore. Purtroppo le persone sono così.

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