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La lettera di Seid Visin, morto a 20 anni: “Sento gli sguardi schifati per il colore della mia pelle”

Seid Visin, l’ex calciatore delle giovanili del Milan e del Benevento, è stato trovato senza vita a soli 20 anni. In una lettera inviata tempo fa ad amici e psicoterapeuta aveva raccontato il suo terribile disagio legato al dover fare tutti i giorni i conti con fenomeni di discriminazione razziale.
A cura di Marco Beltrami
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Tutta la comunità del calcio è rimasta profondamente scossa dalla notizia della morte a soli 20 anni di Seid Visin. Il ragazzo, ex delle Giovanili del Milan e del Benevento è stato trovato senza vita nella sua abitazione a Nocera Inferiore, dove era tornato dopo aver abbandonato il sogno della carriera professionistica nel mondo del calcio. Tempo fa Seid, nato in Etiopia e adottato in Italia da piccolo, ha raccontato il suo disagio in una lettera, che oggi sembra ulteriormente un pugno nello stomaco e in cui manifestava la sua grande amarezza per non essersi sentito mai accettato fino in fondo.

Seid Visin è morto a pochi mesi dal suo 21° compleanno. Una giovane vita all'insegna dello sport e di quel pallone che non ha mai smesso di rincorrere, anche dopo aver deciso di lasciare il calcio e la prospettiva del professionismo, dedicandosi al calcetto, con un'esperienza nell'Atletico Vitalica. C'era però purtroppo però anche un'ombra che tormentava il ragazzo, quella del non sentirsi mai accettato fino in fondo a causa del colore della sua pelle. In una lettera inviata ad alcuni amici e alla sua psicoterapeuta, Seid ha raccontato il suo disagio per un mondo che a suo dire "si era capovolto": "Sono stato adottato da piccolo – riporta Corriere.it – Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone".

Ogni giorno Visin era costretto a fare i conti con fenomeni di discriminazione. Una situazione difficile da sostenere, che lo ha stravolto anche nell'anima: "Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani non trovassero lavoro. Dentro di me è cambiato qualcosa. Come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco".

E i tormenti di Visin erano quelli di chi si sentiva una "goccia d'acqua" in un mare di "sofferenza". Ecco allora la sua necessità di parlarne per provare ad aiutare e aiutarsi: "Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente "Vita". E oggi queste parole risuonano come un vero e proprio testamento.

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