La Juve rischia di essere sbugiardata su Fagioli: un membro dello staff di Allegri sapeva tutto
Mentre Nicolò Fagioli sta cercando di rimettere insieme la sua vita e la sua carriera, travolte dalla vicenda delle scommesse illegali per le quali è indagato dalla Procura di Torino ed è parallelamente oggetto di indagine da parte di quella federale, la Juventus insiste nel sostenere che non sapeva nulla in passato della ludopatia del proprio calciatore e delle giocate che piazzava su partite di calcio (non sulla propria squadra, ha precisato il 22enne centrocampista). Appena ha avuto contezza del comportamento del proprio tesserato, il club bianconero ha avvisato subito la Procura della FIGC, come da obbligo prescritto "senza indugio" dal Codice di Giustizia Sportiva.
Ieri ancora una volta, dopo che la Juve aveva già pubblicato una nota ufficiale sul proprio sito venerdì scorso, il Ds Cristiano Giuntoli è stato netto al riguardo: "Siamo dispiaciuti per Fagioli, gli siamo vicini. Avvertimmo illo tempore la Procura Federale, il giocatore con i suoi avvocati si è messo subito a disposizione. Il nostro compito non sarà punirlo, come avverrà, ma dobbiamo rieducare un sistema".
È la stessa linea del comunicato di tre giorni fa: "In merito a quanto riportato da alcuni organi di informazione Juventus FC precisa che non appena ricevuto notizia di un possibile coinvolgimento del proprio tesserato Nicolò Fagioli sul tema delle scommesse ha immediatamente e tempestivamente preso contatto con la Procura Federale della FIGC", recitava la nota ufficiale.
Lo spauracchio da evitare è quello dell'0messa denuncia regolamentato dal comma 5 dell'articolo 24 del Codice di Giustizia Sportiva, che impone a coloro "che siano venuti a conoscenza in qualunque modo" di scommesse piazzate su partite di calcio di "informarne, senza indugio, la Procura federale". Nel caso in cui qualcuno alla Juventus avesse saputo cosa faceva Fagioli e non lo avesse denunciato alla giustizia sportiva, "il mancato adempimento di tale obbligo comporta la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a sei mesi e dell'ammenda non inferiore ad euro 15000".
Una pena comunque non pesante. Ben diverso sarebbe il caso di responsabilità della società per un eventuale illecito sportivo del proprio tesserato ex art.30, qualora Fagioli avesse alterato lo svolgimento di qualche partita della Juve, cosa che lui ha negato con forza e di cui non ci sarebbe evidenza nel materiale raccolto dagli inquirenti. E tuttavia, un'eventuale ‘copertura' della ludopatia di Fagioli da parte della Juve sarebbe una brutta botta sul piano dell'immagine, dando ragione tra l'altro alla ricostruzione velenosa fatta da Fabrizio Corona circa un insabbiamento del caso fino ad arrivare a simulare un problema fisico del calciatore per non portarlo negli Stati Uniti per la tournée estiva.
La linea difensiva della Juve nelle ultime ore è stata messa in dubbio dalla fuoriuscita di notizie circa il contenuto delle chat a tema scommesse rinvenute nel telefono sequestrato a Fagioli: è presente Leonardo Bonucci, uno dei senatori e anime dello spogliatoio bianconero, che pur non avendo partecipato alle giocate piazzate presso bookmakers illegali sapeva dunque dei comportamenti del compagno e della sua disperazione, così come sapevano quello che faceva – e quanto pare anche loro scommettevano – due giovani stranieri della Juve.
Tutti soggetti a rischio squalifica, ma non finisce qua: si sale ulteriormente di livello – svela Repubblica – nell'apprendere dalle chat che anche tesserati bianconeri non calciatori erano a conoscenza delle scommesse di Fagioli. In particolare un membro dello staff tecnico di Massimiliano Allegri (non l'allenatore). Insomma la ‘malattia' di Nicolò e le sue scommesse pericolose non erano un segreto per più di un tesserato della Juventus, anche di un certo peso, ben prima che il club prendesse contatto "immediatamente e tempestivamente" – a suo dire – con la Procura della FIGC quando avrebbe saputo del problema del proprio calciatore.