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Caso Juve, le news su plusvalenze e stipendi

La Juve è stata gestita come se avesse dietro gli sceicchi: cosa svelano i conti del club

Il rapporto Deloitte sulla stagione 2021/22 evidenzia il peso degli ingaggi nei conti della Juventus: solo nel Paris Saint-Germain, tra le big, c’è un dislivello maggiore.
A cura di Benedetto Giardina
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Un club in perdita gestito come se ci fossero dietro gli sceicchi. La Juventus dei 700 milioni di ricapitalizzazioni e del monte ingaggi più alto d’Italia, inizia a porsi dei quesiti sulla sostenibilità della propria rosa. L’ultimo segnale arriva da Deloitte, nel rapporto annuale Football Money League: gli stipendi del club bianconero (sui cui bilanci pende la rettifica richiesta dalla Consob) pesano più di tutti quelli delle big europee, ad eccezione del Paris Saint-Germain. L’84% dei ricavi della passata stagione – escluse le plusvalenze, non conteggiate da Deloitte – è servito per coprire i costi salariali. Negli anni passati, non si era mai arrivati alla soglia dell’80%. L’Inter, che pure si attesta all’82%, almeno ha un trend in calo. I bianconeri no e il mercato di gennaio senza acquisti a nemmeno due settimane dalla chiusura è un altro segnale.

Juve fuori dalla top 10 della Football Money League di Deloitte
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Solo gli stipendi del PSG pesano più di quelli della Juve

Tra i primi 15 club europei per fatturato, solo in tre pagano in stipendi più dell'80% di quanto ricavato. Juventus, per l'appunto, Inter e Paris Saint-Germain. L'Inter, come già detto, sta allentando (pur non di molto…) la pressione salariale sul proprio fatturato. I parigini, invece, non si creano certo il problema di chiudere in pari i propri conti. Nel 2022, alla fine, il PSG si è ritrovato con costi per gli stipendi maggiori rispetto ai ricavi tipici. Caso unico, tra le principali società del calcio continentale. E alle sue spalle si trova la Juve, che nel limbo della pandemia è riuscita comunque a tenersi sotto questa soglia, sfondata del tutto nella scorsa stagione. Quella senza Ronaldo, sì, ma in cui pesano comunque 310,8 milioni di costi per i tesserati.

Se si vuole trovare un termine di paragone, quello è nei club di fascia media in Premier League. Il Leicester paga stipendi pari all'85% dei propri ricavi, l'Everton addirittura pari al 96% (per il terzo anno di fila sopra la soglia del 90%) e il Newcastle ha visto schizzare il rapporto tra fatturato e costi salariali dal 71 al 95%, proprio nell'anno in cui le quote del club sono passate sotto il controllo del fondo saudita Pif. Una situazione giustificata, nel caso dei Magpies, dal fatto che i nuovi fondi arabi sono serviti sin da subito per tirar fuori la squadra dalla sabbie mobili della zona retrocessione. Missione compiuta, con un rilancio che ora vede i bianconeri d'Oltremanica in zona Champions. Proprio come i bianconeri d'Italia, ma con situazioni completamente diverse.

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Juventus, il dilemma ricapitalizzazione

Il vero problema, ovviamente, è che il Newcastle e il Paris Saint-Germain non hanno problemi a ricapitalizzare o a spendere più di quanto ricavano. La Juventus, invece, ha già dovuto sostenere due aumenti di capitale per un totale di 700 milioni di euro in tre anni. Il primo, a fine 2019, da 300 milioni di euro, dopo l'acquisto di Cristiano Ronaldo dal Real Madrid. Il secondo, da 400 milioni di euro, approvato nel 2021. John Elkann, a dicembre, ha dichiarato nella consueta call con investitori e analisti di Exor che il club «non ha bisogno di un aumento di capitale». Molto però dipenderà da come si chiuderà l'esercizio 2022/23 per il club torinese, fuori dalla Champions League dopo la fase a gironi e attualmente invischiato in un'apertissima corsa per un piazzamento nell'Europa che conta. Una stagione di rincorsa, pur avendo il monte ingaggi più alto della Serie A. Un monte ingaggi che per la Juventus continua ad essere un peso.

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