La gara e il voto imbarazzante di Cristiano Ronaldo sono l’emblema del tracollo Juve
Zero tiri in porta e (ancora una volta) una prestazione negativa in un match fondamentale. Cristiano Ronaldo, l'uomo delle finali, il campione pagato 30 milioni netti a stagione (che al lordo pesa il doppio) e per il cui sostentamento il club ha messo a ferro e fuoco bilanci e mercato delle plusvalenze, è sparito dal campo con il Milan. Anzi, l'impressione è che non ci sia mai stato. Fuori dal gioco, svogliato e con la testa altrove: lo testimonia il dato della sua prestazione che annovera appena 49 palloni toccati, una presenza in area di rigore rossonera impalpabile, 1 tiro fuori bersaglio e un altro respinto, 2 contrati vinti su 7 ingaggiati (senza nemmeno troppo mordente), 1 duello aereo perso.
Tutto il resto è noia e un 4 in pagella (è la valutazione che accomuna molti organi d'informazione) che spiega bene come, nella disfatta dei bianconeri in casa e nello scontro diretto per la Champions League, l'ex Real sia stato tra i peggiori in campo.
Non è certo la prima volta che accade in questa stagione. Non serve andare troppo indietro nel tempo, basta fermarsi alla serataccia contro il Porto e all'errore (oltre alla postura) clamoroso commesso in barriera sulla punizione che fu un colpo di frusta sulle ambizioni della Juve. Micidiale, nel bene e nel male. E recidivo: fece lo stesso anche contro il Parma.
Se a Udine la sua doppietta era sembrata uno scatto d'orgoglio (unica volta a bersaglio in 6 partite), contro il Milan è finito di nuovo nel gorgo, prigioniero di quel lato oscuro della forza che gli dice di lasciare Torino e l'Italia, lo distrae abbastanza da pensare all'Europeo e al Portogallo come se fosse già certo di andar via a fine stagione. Già ma chi può prendere oggi un calciatore così costoso? Se lo chiede anche la Juve che non può permettersi più di averlo con sé.
Zero tiri e una mappa di calore che ne traccia la ‘pericolosità' (eufemistica) ‘in the box' del Milan entrano nel corredo accessorio di un finale di stagione non da Pallone d'Oro, del campione che s'è sciolto insieme al resto della formazione, perso tra le pieghe di una "squadra inallenabile" (come disse Sarri subito dopo l'esonero). Vagava alla ricerca di una posizione e di un senso alla sua permanenza a Torino, dove ormai vive (e gioca) da separato in casa. Finché fine del campionato non ci separi.