La fine della storia tra Ibrahimovic e l’Inter, dai gestacci allo strano ritiro in California
La storia dell'addio di Zlatan Ibrahimovic all'Inter è sempre stata molto affascinante e allo stesso tempo complessa. Un passaggio cruciale per i nerazzurri, che proprio in virtù di quella cessione dello svedese al Barcellona, riuscirono ad accogliere in squadra Eto'o e Sneijder, giocatori fondamentali per il Triplete dell'Inter nel 2010. Tutto ebbe inizio nel 2009, quando Ibrahimovic, al termine della sfida di campionato contro la Reggina, rivelò i suoi dubbi circa una sua permanenza in nerazzurro: "Decideremo sul futuro".
A fare la differenza, fu sicuramente quell'eliminazione dell'Inter di Mourinho dalla Champions League per mano del Manchester United. Il trofeo tanto ambito dallo svedese. E allora ecco come, dal ritiro di Pasadena in poi, Ibrahimovic ha spinto sempre di più per la cessione al Barcellona, il club che in quegli anni era maggiormente indicato per la vittoria della Champions. Il resto è storia, con il giocatore che proprio nella stagione in cui l'Inter riuscì a vincere l'ambito trofeo, si trasferì in Catalogna, eliminato in semifinale proprio dai nerazzurri, con tanto di continui problemi con il tecnico Guardiola.
L’inizio del mal di pancia tra Ibrahimovic e l'Inter
L'Inter fu eliminata dalla Champions League nel 2009 per mano del Manchester United. Un'uscita di scena che non piacque per niente a Zlatan Ibrahimovic, deluso dal fatto di non potersi più giocare quel titolo che avrebbe sempre voluto centrare. Da quel momento in poi, iniziarono gli ormai famosi mal di pancia di Ibra. Al termine della sfida di campionato contro la Reggina, l'attaccante svedese litigò con un giornalista Sky proprio su questo tema:
"Mi viene mal di pancia quando vedo te". E poi la rivelazione: "Per il prossimo anno vediamo. Cosa vuol dire? Beh, vediamo in tutti i sensi". Prima segnali di rottura, di tensione e di quella voglia matta di provare a vincere la Champions League. Ma Zlatan era un giocatore troppo importante per l'Inter e sicuramente Moratti non l'avrebbe partire così facilmente. Mourinho aveva basato tutta la squadra su di lui e anche il gruppo avrebbe risentito troppo della sua assenza.
Il gesto da cui tutto è partito e la rottura con i tifosi
Le frasi rilasciate da Ibrahimovic, circa il suo futuro, non piacquero ai tifosi dell'Inter. Nel match del maggio 2009 contro la Lazio, alcuni sostenitori nerazzurri fischiarono l'attaccante svedese, rammaricati dalle sue frasi e dalla sua poca pazienza. Ibra reagì male e dopo aver realizzato il secondo gol, prima zittì il pubblico portandosi il dito sulla bocca e poi si rese protagonista di un gesto poco elegante nei confronti di coloro i quali in quel momento avevano deciso di contestarlo.
Fu l'inizio della fine, che da lì a poco, avrebbe travolto l'Inter e Moratti in una calda estate 2009 portando lo svedese lontano da Milano per abbracciare il suo sogno: il passaggio al Barcellona. Nel ritiro di Pasadena il giocatore si comportò da professionista e Mourinho gli concesse solo 45′ nell'amichevole contro il Chelsea di Ancelotti. "Aspetto una telefonata… Per ora non so nulla, attendo notizie". E alla domanda: "Vai al Barcellona?" rispose con un sorriso beffardo.. Lo svedese con la testa era già in Catalogna.
Il trasferimento in Spagna al Barcellona
Neanche il tempo di cominciare la nuova stagione, che l'argomento Ibrahimovic e il suo possibile addio all'Inter, erano sulla bocca di tutti. Non si parlava più della squadra di Mourinho, dei suoi obiettivi e di come avrebbe giocato, ma solo di quello che sarebbe stato uno dei trasferimenti più clamorosi e sofferti per i nerazzurri. Anche i più fiduciosi infatti, non avrebbero mai pensato che la squadra potesse rinforzarsi con la cessione dello svedese. E invece, i fatti, hanno detto proprio il contrario. "Andai da Moratti e gli dissi: Ascolti, sono stati anni incredibili e io rimango volentieri, non mi interessa se dovessero venire a cercarmi squadre come lo United o l’Arsenal. Ma dovesse farsi vivo il Barça, vorrei che almeno lei ci parlasse". Fu la richiesta di Ibra rivelata all'interno del suo libro, che fece luce su una delle trattative più incredibili del calciomercato. Lo svedese era certo che sarebbe stato difficile, ma non impossibile:
"Non le direi mai di vendermi per questa o quella cifra – aggiunse – Ma mi prometta che parlerà con loro". Moratti non era felice di questa sua volontà e rispose: "Ok, te lo prometto". Ibrahimovic era già nella scuderia di Mino Raiola che nel frattempo stava trattando la cessione di Maxwell al Barcellona: "Ribaltai Mino al telefono, maledetto Mino, sistemare le cose per Maxwell e non per me!”. E così il potente agente riuscì a combinare un incontro con Laporta, ex presidente dei catalani. Telefonò all'agente Begiristain, di rientro dall’Ucraina con Laporta dopo aver trattato Chygrynskiy, suggerendogli di fare scalo a Milano e presentarsi a casa di Moratti. E così accadde, con la stretta di mano tra i due presidenti per la cifra di 46 milioni di euro più il cartellino di Samuel Eto'o (valutato 20 milioni). Sembrava la fine per l'Inter e invece fu solo l'inizio di quella che sarebbe stata la stagione più importante della storia nerazzurra.
Il racconto di Mourinho dopo l'addio di Ibra
A rendere ancor più affascinante lo scenario che era andato a crearsi in quei giorni all'Inter, fu sicuramente il racconto di Josè Mourinho, che dopo qualche anno, svelò ciò che era realmente accaduto nello spogliatoio alla notizia della cessione di Ibrahimovic. Mourinho raccontò come lo svedese avesse detto di voler andare perché voglioso di vincere la Champions, quasi a voler far pesare allo spogliatoio nerazzurro che lì non ci sarebbe mai riuscito.
E allora il tecnico portoghese si lasciò andare ad un commento spontaneo sentendo quella frase: "In quel momento mi è uscito spontaneo: ‘Magari non sei tu che vinci, magari vinciamo noi'. I miei assistenti italiani erano morti, ero stato un po’ pazzo, ma nello spogliatoio cambiò l’atmosfera". Per Mourinho quelle parole furono decisive per caricare la squadra in vista della nuova stagione: "Penso che la squadra abbia trasformato la paura di perdere Zlatan come un obiettivo, ovvero quello di provare a vincere senza di lui".
Moratti su quell’operazione e l’sms di Ibra
“Nessuno è più felice di me in questo momento”. Fu questa la frase di Zlatan Ibrahimovic pronunciata dopo il suo passaggio al Barcellona con tanto di bacio alla maglietta dei catalani. Tutto questo senza sapere che avrebbe avuto poi grossi problemi in futuro con Guardiola. Sta di fatto che l'esperienza dello svedese con i blaugrana terminerà dopo una sola stagione prima del passaggio al Milan e quindi il ritorno in Italia.
"Nonostante il valore indiscusso del giocatore, senza vendere Ibra a Barcellona non avremmo mai potuto avere Eto’o con noi" raccontò Moratti, specificando quanto fossero stati fondamentali quei due giocatori nell'11 titolare di Mourinho. Ma Moratti non ha mai dimenticato come Ibrahimovic fosse un un professionista serissimo tanto da rivelare come, dopo la conquista della Champions League, lo svedese si fosse subito congratulato con il numero uno nerazzurro attraverso un sms: "Fu il primo a scrivermi dopo il trionfo di Madrid".