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La finale Juventus-Real Madrid a Cardiff: cosa successe negli spogliatoi all’intervallo

Nel 2017 a Cardiff la Juventus perse in finale (4-1) di Champions contro il Real Madrid. Il bel gol di Mario Mandzukic in rovesciata fu un lampo nel buio, nella ripresa i blancos presero il sopravvento. Ecco cosa accadde nello spogliatoio delle due squadre all’intervallo: Bonucci strigliò Dybala ed ebbe un battibecco con Barzagli, il discorso di Zidane motivò le merengues.
A cura di Maurizio De Santis
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La rovesciata di Mario Mandzukic fu un lampo nel buio. Un sussulto d'orgoglio. Il cazzotto che sul ring rimette il duello in pari. La scarica di adrenalina per rialzarsi e superare lo stordimento iniziale. Quel gol fu come mettere la testa in un secchio d'acqua fredda e poi scuoterla per tornare in sé. Il 3 giugno 2017 la Juventus ce la mise tutta per battere il Real Madrid nella finale di Champions a Cardiff.

Juve-Real Madrid, cosa successe nello spogliatoio durante l'intervallo

Era la seconda raggiunta nel giro di due anni (la prima, nel 2015 a Berlino contro il Barcellona) con Massimiliano Allegri in panchina. Anche allora, però, la squadra non era pronta né all'altezza di un avversario che aveva dalla sua la forza dei Palloni d'Oro, di Cristiano Ronaldo, di Zinedine Zidane e di una squadra che nello spogliatoio sentì un brivido correre lungo la schiena per le parole pronunciate dal tecnico francese.

Dirimpetto, in quello stesso momento, nello spogliatoio bianconero eran ben altri gli umori. Fu in quell'intervallo scandito dai rimproveri di Leonardo Bonucci a Paulo Dybala (ammonito dopo una decina di minuti, ne fu condizionato) dal botta e risposta a mezza voce con Andrea Barzagli (per le posizioni in campo e i meccanismi in difesa che non avevano funzionato) che si manifestarono le avvisaglie della disfatta.

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Bonucci striglia Dybala, botta e risposta con Barzagli

La Juve non era concentrata ma nervosa. Non era un corpo unico e compatto, di lì a poco la falange – compresa quella BBC che ne era il punto cardine – avrebbe ceduto da un lato e sarebbe stata sopraffatta. Tutto comincia alla fine del primo tempo, quando Bonucci si avvicina a Dybala e lo invita con modi molto spicci ma efficaci a metterci un po' più di Joya rispetto a una prestazione fino a quel momento sotto tono. Gli dette un buffetto e gli fece una strigliata: "Svegliati, Paulo. Che ti prende?". Fu questo il senso di quelle parole che sembravano ceffoni. Provò a svegliarlo, a fargli passare la paura che gli bloccava la testa e le gambe fino a mettere il bavaglio al suo talento.

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Con Barzagli fu diverso. Una colonna della squadra come lui, la seconda lettera della "BBC" non poteva tollerare frasi smozzicate e allusioni sussurrate né parole lasciate sospese, a mezz'aria. Meglio sarebbe stato parlarsi chiaro e in faccia. E quando capì che Bonucci faceva notare come Marcelo avesse fatto il bello e il cattivo tempo la replica fu diretta e altrettanto "sottile". Cosa disse? Qualcosa di molto simile a "se tu avessi messo il piede sul rasoterra di Cristiano Ronaldo il Real non avrebbe segnato". Al ritorno in campo la partita prese una piega anche peggiore: finì 4-1 per le merengues e il sogno di sollevare la Coppa a 20 anni di distanza dall'ultima volta (1996) svanì nella notte.

A corredo della delusione arrivarono anche alcune dichiarazioni di Dani Alves alla tv brasiliana: "Dybala è un grande, ma per migliorare, un giorno, dovrà andare via dalla Juve". L'argentino è rimasto, lui chiede di essere ceduto. Anche quello era scritto nella notte di Cardiff.

Il discorso motivazionale di Zidane alla squadra

Sette minuti di silenzio poi Zizou guardò negli occhi i calciatori. Era fermo davanti a loro, alle parole accompagnava la mimica facciale. E quando occorreva lascia che le braccia fendessero nell'aria quei concetti espressi con voce calma ma decisa. È stato calciatore e sa come si vivono quelle situazioni, conosce bene cosa c'è nella testa di un giocatore in quei momenti. Zidane sfruttò quell'intervallo per accendere la lampadina nella testa di ognuno di loro. L'effetto fu quello di Archimede che esclamò "eureka". Lui indicò il traguardo, loro trovarono il modo per raggiungerlo.

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Solo due cose: è una finale, sappiamo che è una partita difficile, lo è anche per loro – disse Zidane -. La cosa più importante per noi: difensivamente dobbiamo essere più aggressivi ma facciamo attenzione a non prendere cartellini. Per noi è importante arrivare in tempo, stare più vicini tutti e più aggressivi, quando non abbiamo la palla.

Dall'approccio mentale fino ai suggerimenti tattici ai singoli giocatori. Zidane si prodigò anche nello spiegare come andavano fatti certi movimenti e quali erano le armi migliori da sfruttare per colpire la Juventus nel punto debole.

Loro giocano col 442 con Alves molto alto e Mandzukic molto alto, quello che dobbiamo fare noi. Quando abbiamo il pallone dobbiamo avere pazienza e giocare più veloce verso l'esterno. Marcelo e Dani un po' più alti, quando abbiamo la palla dobbiamo tenerli lì, con Dani e con Marcelo e poi con Luka e con Isco. Quando giochiamo dobbiamo passare e giocare la palla come abbiamo lavorato in settimana, da una parte all’altra. Dobbiamo faticare, è una finale, però sempre pensando che il gol arriverà.

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