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La figlia di Gianluca Signorini racconta come scoprì di avere la SLA: stava giocando a beach volley

La figlia primogenita di Gianluca Signorini, Benedetta, racconta la prima volta in cui l’ex calciatore manifestò alcuni sintomi che poi avrebbero portato alla terribile diagnosi di SLA. Era in spiaggia con la famiglia, durante una partita di beach volley: “Non riusciva ad alzare la palla per la battuta”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Il ricordo di Gianluca Signorini è ancora vivo tra tutti gli appassionati di calcio, in primis i tifosi del Genoa, di cui il difensore è stato grande capitano e protagonista della cavalcata fino alle semifinali della Coppa UEFA nella stagione 1991-92. Pisano classe 1960, Signorini era un ‘libero', parola oggi desueta e che riporta ad un altro calcio, ma la sua visione era moderna, votata alla costruzione del gioco. Il suo senso tattico spiccato era dovuto alla militanza precedente nel Parma di un giovane Arrigo Sacchi, che poi avrebbe speso sempre parole bellissime per lui. Gianluca non fu mai convocato in nazionale, l'avrebbe meritato, ma davanti a lui c'erano due mostri sacri come Scirea prima e Baresi poi. Signorini se l'è portato via la SLA nel 2002, quando aveva 42 anni. La figlia Benedetta racconta oggi come il calciatore scopri di avere la terribile – e incurabile – sclerosi laterale amiotrofica: tutto iniziò durante una partita di beach volley, in cui qualcosa non andava come sarebbe dovuto.

Gianluca Signorini durante Liverpool-Genoa del 1992, ritorno dei quarti di finale di Coppa UEFA: il punto più alto della sua carriera
Gianluca Signorini durante Liverpool-Genoa del 1992, ritorno dei quarti di finale di Coppa UEFA: il punto più alto della sua carriera

I primi sintomi della SLA: Gianluca Signorini stava giocando a beach volley in spiaggia

Era il 1999, il 39enne Signorini aveva smesso di giocare due anni prima. Quell'estate l'ex calciatore era con la famiglia al mare, a Marina di Pisa, ed era impegnato in una partita di beach volley. Ma successe qualcosa di inatteso: "Non riusciva a coordinare i movimenti dell'occhio e della mano, non alzava la palla per la battuta", ricorda la figlia primogenita di Gianluca, che all'epoca aveva 16 anni. Da lì cominciò tutto, perché i disturbi non passarono e si arrivò alla terribile diagnosi di SLA, che stravolse la vita di tutta la famiglia: "Mio padre correva, giocava a tennis, andava in bici. Era un uomo attivo, nel pieno di se stesso. Cominciò la serie degli accertamenti e degli esami, la diagnosi esatta arrivò a novembre. Mia sorella Giulia, la più piccola di noi, nacque ad agosto, quando papà si chiedeva a che cosa fossero dovuti i sintomi di cui soffriva".

"All'epoca della SLA non si conosceva molto – racconta Benedetta alla Gazzetta dello Sport – era nota per aver colpito qualche calciatore, per esempio Adriano Lombardi. Papà si ritrovò costretto su una sedia a rotelle, poi in un letto. Entrò in una fase depressiva, ma la superò e finì per incoraggiare noi. Visse la malattia con lo spirito che metteva in campo, da capitano coraggioso. Quando tornavamo da scuola, ci accoglieva con il sorriso. Nel 2001, si presentò a Marassi, davanti alla Nord, la sua gradinata, per l'addio (qui sotto il video, ndr). Non ebbe né paura né vergogna nel mostrarsi in condizioni disumane davanti a 30mila persone. Era testardo e ha lottato".

Il racconto della figlia Benedetta: "Non era più vita e lui ne era consapevole"

Benedetta ripercorre il decorso della malattia del padre fino alla fine: "La SLA gli tolse subito la parola e iniziò a comunicare con gli occhi. Poi si spensero tutti i muscoli. Rigidità assoluta. Non mangiava più cibi solidi. Purtroppo o per fortuna il male se lo portò via in fretta: non era più vita e lui ne era consapevole, tanto che, se non fosse sopraggiunta la morte, avrebbe rifiutato la tracheotomia, l'operazione che viene fatta ai malati di SLA per permettere loro di respirare. Non arrivammo fin lì, ma la tracheotomia sarebbe stata un accanimento inutile".

Signorini con la maglia della Roma: ci ha giocato per una stagione, nel 1987-88
Signorini con la maglia della Roma: ci ha giocato per una stagione, nel 1987-88

Signorini ha lasciato dietro di sé un ricordo indelebile, per il calciatore, il leader e l'uomo che era: "Quando giocava nel Genoa, mi inorgogliva essere con lui all'uscita dallo stadio di Marassi, i tifosi lo attorniavano. Era il loro capitano, lo adoravano. Mi fa piacere che il Genoa abbia ritirato la sua maglia, la numero 6, e che gli abbia intitolato il centro d'allenamento, a Pegli. Il Genoa ci è sempre stato vicino. Tanti ex compagni venivano a trovare papà malato: Torrente, Collovati, Bortolazzi e altri. Arrigo Sacchi telefonava sempre. Mia madre è stata un'eroina. A 37 anni, da sola con quattro figli. Per fortuna mio padre aveva guadagnato bene: potemmo garantirgli il meglio quanto ad assistenza e dopo non ci mancò nulla. Mia mamma lavorava e lavora ancora al CNR, a Pisa".

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