La favola di Di Lorenzo 33 anni dopo Maradona: uomo e capitano perfetto per il Napoli campione
Dopo la partita vinta contro la Juventus, Fabio Caressa, intervistando Giovanni Di Lorenzo, gli ha rivolto una domanda molto tenera, da lucciconi. Gli ha chiesto se tornando al 2017, un tale fosse andato in vacanza a Matera e gli avesse detto che avrebbe alzato il trofeo dello scudetto a Napoli, 33 anni dopo Maradona, cosa gli avrebbe risposto? Di Lorenzo ha sorriso, stringendo le labbra dall’emozione e nonostante al solo pensiero aveva il cuore in subbuglio, è riuscito comunque a dare una risposta in calcese, anche se gli occhi dicevano tutt’altro.
In un certo senso questo è Giovanni Di Lorenzo anche come calciatore e, da quel che si capisce fuori da Castelvolturno e da quegli spogliatoi, anche come uomo e capitano, cose che devono coincidere per rendere bene. Un calciatore, un uomo e un capitano capace di emozionare ed emozionarsi riuscendo sempre a mantenere l’equilibrio perfetto per farsi seguire e farsi ascoltare, un connubio perfetto se si indossa la fascia da capitano. Lui è sempre stato l’ago della bilancia sotto tutti i punti di vista e grazie al suo equilibrio ha tenuto in direzione di corsa tutta la squadra.
Di Lorenzo è stato determinante da un punto di vista tattico. Spalletti ha preso da Guardiola l’idea di anti-terzino, che il tecnico catalano applicava con Cancelo. Spalletti ha dato ad entrambi gli esterni, Di Lorenzo appunto e Mario Rui, il compito di sostenere in regia Lobotka quando era assaltato da uno e più calciatori avversari. E i due anti-terzini del Napoli lo hanno fatto alla perfezione, con Di Lorenzo che in larghi tratti dell’anno è stato in pratica una delle migliori mezzali del campionato.
Anche da un punto di vista tecnico Di Lorenzo quest’anno è stato esaltante. Non ha il piede di grandi esterni di classe come Alexander-Arnold o Hakimi, ma è stato eccezionale, soprattutto da ottobre a febbraio quando era al massimo della brillantezza fisica, nel gestire la palla e anche nel suggerire per gli attaccanti. Sei assist ad oggi non sono una bazzecola.
In terzo luogo è stata la spia atletica della squadra. Vedevi Di Lorenzo e capivi come stava fisicamente il Napoli. I mesi sopracitati, ottobre-febbraio, sono stati devastanti, poi c’è stato un calo anche fisiologico dopo tutto il lavoro svolto. Ma se una squadra tiene il ritmo atletico di Di Lorenzo, vuol dire che è sul pezzo come poche altre.
Infine è stato il leader, se ce n’è uno in questa squadra. In estate non se ne sono andati solo grandi calciatori che potevano continuare a giocare, ma soprattutto dei leader, anzi i leader del Napoli, compreso Ospina che ha letteralmente fagocitato Meret con la sua personalità mentre era a Napoli. Via tutti, è rimasto lui, a dover guidare in personalità un gruppo in buona parte nuovo e in buona parte composto da calciatori giovani e con poca esperienza. Ci è riuscito, anche grazie a un allenatore che lo ha eletto comandante di campo e un presidente che si fida ciecamente di lui.
Difficile dire altro e descrivere una stagione calcistica davvero speciale per un calciatore-uomo speciale. Giovanni Di Lorenzo dimostra con i fatti un equilibrio a 360 gradi che fanno di lui una bandiera, una bandiera che non deve urlare né per farsi sentire né per scusarsi istericamente con i tifosi quando le cose non vanno. Giovanni Di Lorenzo gioca e parla con la stessa classe, la stessa compostezza, la stessa voglia di vincere, la stessa grandezza. Da capitano, il capitano che alzerà nel cielo di Napoli quello scudetto che prima di lui… solo Maradona.