La disfatta della Roma racchiusa in una foto: è Mourinho, impietrito dopo il 4° gol fino al 93°
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Una imbarcata impressionante, imprevista, enorme: il 4-1 con cui il Genoa ha meritatamente stravinto il posticipo della sesta giornata ha gettato in profonda crisi la Roma di Mourinho. Un Mourinho che davanti al poker rossoblù è rimasto letteralmente impietrito in panchina fino alla fine della partita senza proferire più parola.
Un'immagine che è una resa, totale al momento e senza appello: la Roma vista a Marassi è indifendibile. Lenta, goffa e nervosa dove nessuno sembra a proprio agio in ogni reparto. Un malessere manifesto che non passa nemmeno grazie al vantaggio quasi immediato sull'asse Spinazzola-Cristante due che si sono salvati nel naufragio generale. Bravissimo il Genoa, ottima la lettura di Gilardino, bene anche i singoli capaci di trovare i gol alla prima occasione offerta. Ma non basta per spiegare il crollo verticale giallorosso.
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Cinque punti in sei partite, peggio delle tre neopromosse Lecce (11 punti), Frosinone (8 punti) e Genoa (da stasera a 7), con una sola vittoria, 13 gol fatti ma ben 11 subiti (terzultima difesa del campionato). Difficoltà nella gestione della palla, una difesa spesso in bambola e spinte laterali inesistenti. Poi, l'attacco: quando Dybala non meraviglia, calano le tenebre. Senza dimenticare un nervosismo evidente che ha rischiato, ad esempio contro il Genoa, di peggiorare una situazione già sportivamente drammatica.
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In tutto questo, l'atteggiamento di Mourinho non è passato inosservato: lui carismatico, empatico, anche catalizzatore delle polemiche per dare scosse importanti all'ambiente nel momento del bisogno rimasto fermo, immobile a bordo campo. Per 13 lunghi minuti, dal quarto gol siglato da Messias all'81° fino al fischio finale al 93°.
Una scena che racchiude l'attuale momento della Roma e del suo tecnico, arreso, incapace di reagire di fronte a quanto visto fin qui in campo. Il campionato, sì, ma vedere lo Special One in disarmo è forse più allarmante che vederlo polemico o nel chiedere scusa, insieme ai suoi giocatori sotto la curva ospiti a fine gara.