La cruda versione di Dani Alves sul presunto stupro: “Ero seduto sul water, lei poteva andarsene”
Sono passati cinque mesi da quel 20 gennaio in cui Dani Alves è stato arrestato e poi trattenuto in carcere – senza possibilità di libertà su cauzione, respintagli più volte per il pericolo di fuga e le prove ritenute schiaccianti – dopo essere stato accusato di stupro da una ragazza di 23 anni. La vicenda risale al 30 dicembre scorso: secondo la denuncia della giovane, il 40enne calciatore brasiliano l'avrebbe violentata nel bagno di un privé di un locale di Barcellona, il Sutton Club.
Le indagini hanno portato alla raccolta di un poderoso materiale probatorio che rischia di costare una condanna molto pesante all'ex juventino (fino a 12 anni di carcere): le dichiarazioni rese dalla presunta vittima collimano con le immagini delle telecamere interne della discoteca, così come con le testimonianze dei presenti quella notte, e sono sostenute anche dalle tracce di DNA del calciatore repertate nel bagno, mentre le diverse e contraddittorie versioni fornite da Dani Alves – culminate nell'ammissione del rapporto sessuale, a suo dire consensuale, dopo averlo inizialmente negato – non hanno convinto gli inquirenti a causa delle numerose incongruenze nel racconto.
Oggi il brasiliano racconta per la prima volta con grande dovizia di particolari la sua verità dal carcere di Brians 2 dove si trova imprigionato, insistendo sulla sua narrazione – quella contestata dagli inquirenti – e chiedendo scusa unicamente a sua moglie Joana Sanz che ha tradito. Maya Navarro è l'inviata de ‘La Vanguardia' cui la direzione del carcere catalano ha dato il permesso di raccogliere il lungo racconto del giocatore che ha vinto più titoli di chiunque altro nella storia del calcio assieme a Leo Messi (entrambi sono a quota 43). Il dialogo avviene attraverso una vetrata che separa i due, su cui Dani Alves appoggia il palmo per salutare la sua ospite. È il colloquio di un carcerato, esattamente come tutti gli altri.
"Ho deciso di rilasciare questa intervista, la mia prima intervista da quando sono qui, in modo che le persone sappiano cosa penso – attacca il brasiliano – Far loro conoscere la storia di quello che ho vissuto in quel bagno. Fino ad ora è stata raccontata una storia di paura e di terrore, che non ha niente a che fare con quello che è accaduto né con quello che ho fatto io. Lo faccio per scusarmi con l'unica persona con cui devo scusarmi, che è mia moglie, Joana Sanz. La donna che ho sposato otto anni fa, con cui sono ancora sposato e con cui spero di vivere per tutta la vita. Le ho già chiesto perdono personalmente qui, in carcere, ma devo farlo pubblicamente, perché la storia è pubblica, l'offesa è pubblica e lei merita queste scuse pubbliche. Sono stati, sono e saranno giorni durissimi per lei. Apprezzo tutto quello che sta facendo per me. Il suo ruolo non è facile. La amo e in questo periodo in prigione ho pensato molto al nostro matrimonio. Sono certo di non aver sbagliato a scegliere Joana come mia moglie. Anche se forse si sbagliava lei su di me".
L'intervista è lunghissima, il colloquio dura quasi due ore. Dani Alves è un fiume inarrestabile, racconta alla giornalista esattamente quello che già ha detto davanti al magistrato nella sua ultima versione resa lo scorso 17 aprile, quando era stato nuovamente interrogato su sua richiesta. Il punto cardine della sua autodifesa è nel sostenere di aver precedentemente concordato con la ragazza che avrebbero avuto rapporti sessuali in bagno e che "tutto quello che è successo e non è successo lì dentro lo sappiamo solo io e lei".
"Quella notte, quando la donna con cui ho questo problema esce dietro di me dal bagno, rimango un po' vicino al mio tavolo. Non ci sto molto perché è tardi. Sono con il mio amico Bruno, altre persone mi si avvicinano prima che me ne vada. Quando esco dalla discoteca attraverso il corridoio di uscita, so dalle immagini che passo vicino a dove la donna sta piangendo. Non l'ho vista. Se l'avessi vista piangere, mi sarei fermato per chiedere cosa stesse succedendo. E in quel momento, se il responsabile della discoteca mi avesse chiesto di aspettare perché una giovane donna sosteneva che l'avevo aggredita sessualmente, non sarei tornato a casa. Quella stessa notte mi sarei presentato in un commissariato per chiarire cosa era successo", afferma il brasiliano.
"Ho saputo di essere stato denunciato il giorno dopo – continua l'ex giocatore di Barcellona, Juve e PSG – Perché lì nessuno mi ha detto niente. Ho lasciato il Sutton calmo. Sono arrivato a casa mia. Ho fatto la doccia perché mia moglie dormiva già e mi vergognavo dell'infedeltà, insaponandomi con rabbia. Mi sono sdraiato in un altro letto. Sono tornato in Messico due giorni dopo per giocare e su alcuni media è stato pubblicato che una giovane donna aveva accusato Dani Alves di violenza sessuale. Ho chiamato al telefono il mio avvocato, Miraida Puentes. Si è consultata con la polizia catalana e il tribunale e mi ha assicurato che non c'erano denunce e che potevo viaggiare e lasciare la Spagna con la massima tranquillità. Ecco perché me ne sono andato".
Dani Alves non capisce perché nessuno dei dipendenti del locale abbia pensato di chiedere a un cliente abituale come lui di attendere in un ufficio l'arrivo della polizia, quando lo hanno visto uscire mentre la ragazza era in lacrime: "Frequento il Sutton dal 2008, ci andavo quando volevo bere qualcosa con mia moglie, con i miei amici. Conosco tutti i dipendenti. Tutti. Dai responsabili di sala, ai camerieri. E pensavo che mi apprezzassero, davvero. Nessuno di loro può dire che in tutti questi anni non sono stato coinvolto in un solo incidente, in un solo problema in quel privé. Non uno. Il mio comportamento è sempre stato esemplare. Ed è proprio per il fatto che li conosco da tanti anni, che ancora non capisco come si sono comportati quella notte".
Poi il racconto diventa crudo: "Ho la coscienza molto pulita su quello che è successo nel bagno del Sutton. Cosa è successo e cosa non è successo. E quello che non è successo è che ho costretto quella donna a fare tutto quello che abbiamo fatto. Se mi ha chiesto di fermarmi per lasciarla andare e uscire dal bagno? No. Abbiamo parlato pochissimo. Chi propone di andare in bagno? Io. Lo faccio perché so che il bagno è lì. Stavamo ballando molto vicini da un po', non ci siamo baciati o altro. Ma era evidente dai movimenti e dagli sguardi che c'era un'attrazione".
La ricostruzione di Dani Alves prosegue con ulteriori dettagli: "C'è un momento in cui ci stiamo avvicinando molto. Siamo in un luogo pubblico e nonostante il mio amico Bruno ci stia sempre davanti per evitare di farci fotografare, le suggerisco di andare in bagno. Le dico che entro per primo e la aspetto. Perché non siamo saliti di sopra, dove c'è un divano più comodo per fare sesso? Al piano di sopra c'è uno spazio senza privacy, tutto è aperto e io sono sposato. Quello che stavo facendo non potevo farlo. Sono andato per primo in bagno e dopo un po' ho pensato che avrebbe cambiato idea e non ci sarebbe più entrata. Ci stava mettendo molto tempo. Stavo già uscendo dalla porta quando l'ho vista avvicinarsi. Mi sono fatto da parte, lei mi ha superato e poi è entrata in bagno. Sono entrato dietro di lei. Non ho nemmeno chiuso a chiave la porta. Sapevo che Bruno era fuori a vigilare che non entrasse nessuno. Il mio amico sapeva cosa stavamo facendo".
Dani Alves smentisce la versione della ragazza sullo stupro: "Niente di tutto questo è vero. Lei non mi ha mai detto di smettere, né ha fatto alcun gesto di voler andarsene. La porta era sempre aperta, avrebbe potuto andarsene perché ero seduto praticamente tutto il tempo sul sedile del water. Le impronte della donna sullo specchio e sul lavandino? Non so quando ha toccato quei posti. Ma nessuno di quei movimenti che ha detto che io l'abbia costretta a fare è vero e il graffio è dovuto al fatto che è rimasta in ginocchio mentre mi faceva la fellatio. Non c'è un solo segno sul suo corpo che spieghi la violenza con cui dice che l'ho spostata in bagno".
La ricostruzione del brasiliano nega anche che sia stato lui ad insistere per far andare le ragazze (erano tre, c'era anche la cugina e un'amica oltre alla presunta vittima) al suo tavolo: "Non è vero neanche questo. Siamo arrivati al Sutton, al tavolo che spesso ci veniva assegnato e come sempre il responsabile dei VIP si è avvicinato per chiederci se volevamo conoscere una ragazza. Succedeva sempre quando non ero con mia moglie. Ho detto loro di sì e due ragazze si sono avvicinate per prime. Ma ci ha infastidito il fatto che volessero fare delle foto. Abbiamo chiesto loro di andarsene. In quel momento quelle tre giovani donne sono passate accanto al nostro tavolo e ci hanno guardato. Anche noi loro. Erano con dei messicani, che mi hanno riconosciuto. Non smettevano di guardarci. Abbiamo chiesto al cameriere di chiedere se volevano venire. E sono venute. Abbiamo bevuto champagne e ci siamo offerti di ordinare quello che volevano. La donna con cui ho avuto il problema ha iniziato a ballare molto vicina a me e io non mi sono allontanato".
Quanto al pianto disperato della ragazza dopo essere uscita dal bagno, Dani Alves insinua che sia stata consigliata da qualcuno a comportarsi in quel modo: "Perché lo ha fatto? Beh, non importa quante volte ci penso, non lo so neanche io. Mi viene in mente che ci sia qualcuno che le abbia dato un cattivo consiglio. Che si sia sentita male dopo averlo fatto e che non abbia più saputo uscire dal casino in cui si è cacciata e in cui mi ha cacciato. Mi appello alla sua coscienza. Non c'è stata una sola notte in cui non abbia dormito serenamente. Non una sola notte. Ho la coscienza pulita. Non ho mai ferito volontariamente nessuno. E nemmeno lei quella notte. Non so se lei ha la coscienza pulita, se dorme bene la notte. Ma la perdono".
Uno dei punti più difficili per la difesa di Dani Alves è dato dalle diverse versioni rese agli inquirenti, dalla negazione assoluta di conoscere la ragazza, ad averla appena incrociata fino all'ammissione del rapporto sessuale consensuale. Il brasiliano spiega che lo ha fatto per sua moglie: "Perché ho mentito? Se qualcuno ha mai amato veramente, se ha conosciuto, come me, il vero amore, saprà che per conservare quell'amore si fa di tutto. E ho mentito. Avevo paura di perdere Joana ed è per questo che ho mentito. Ho lottato disperatamente per salvare il mio matrimonio dall'infedeltà, incurante delle conseguenze che sto pagando. Non appena ho potuto raccontare a mia moglie cosa era realmente accaduto quella notte e le ho chiesto perdono, ho voluto testimoniare nuovamente e dire la verità. Ho chiaro che tutto ciò che sto vivendo è un incubo. Che spero un giorno finirà".
La versione della vittima del presunto stupro di Dani Alves
La versione dei fatti fornita dalla donna è stata ritenuta attendibile dagli inquirenti e dal giudice che si occupa del caso. I riscontri forensi e altro materiale probatorio acquisito, oltre alla narrazione contrastante dell'episodio da parte del calciatore (ha cambiato versione in diverse occasioni), sono stati finora giudicati determinanti da parte del Tribunale che ha respinto ogni mozione dei legali del brasiliano.
"Mi diceva che ero la sua piccola p…..a", è stata una delle prime frasi rese nel corso dell'interrogatorio. La giovane denunciò l'approccio violento da parte dell'ex Barça ("ha gettato la mia borsa sul pavimento e mi ha afferrato per i vestiti") fornendo anche altri dettagli di quella notte. "Ho fatto resistenza, l'ho anche implorato di smettere ma lui era più forte di me", è stato un altro dei passaggi chiave della deposizione nella quale erano compresi anche altri particolari raccapriccianti di quei momenti in cui sarebbe avvenuta l'aggressione sessuale.
A rendere credibile il racconto della donna da parte degli inquirenti c'è un altro fattore ritenuto importante: ha rinunciato a ogni forma di risarcimento che le sarebbe stato proposto. Tramite il suo avvocato ha subito fatto sapere che vuole solo sia fatta giustizia e il giocatore paghi con la galera per quanto le ha fatto.