La Chapecoense non vuole pagare il sopravvissuto del disastro: “L’incidente gli ha fatto bene”
Sembra incredibile, ma davvero la Chapecoense – pur di non saldare la pendenza che ha con Alan Ruschel, uno dei tre suoi calciatori sopravvissuti al disastro aereo di qualche anno fa – è arrivata a sostenere che l'incidente aereo sia stato un bene per il difensore, oggi 32enne. Quel 28 novembre 2016 Ruschel – assieme e Helio Neto e Jakson Follman – riuscì miracolosamente a salvarsi dallo schianto dell'aereo che stava portando la Chapecoense in Colombia per giocare la finale della Copa Sudamericana contro il Nacional di Medellin. Nel disastro persero la vita 71 persone: fu una tragedia che commosse il mondo intero.
A differenza dei suoi due compagni, Alan Ruschel è stato poi l'unico in grado di poter continuare fino ad oggi la sua carriera a livello professionistico: al portiere Jakson Follman fu amputata una gamba, il difensore Neto si è ritirato nel 2019 dicendo che "il dolore superava il piacere". Ruschel, attualmente svincolato dopo che è terminato il suo contratto col Cruzeiro, ha avuto problemi con la Chape per motivi economici, arrivando per questo fino in tribunale. E per sostenere le proprie ragioni nel non volerlo pagare, il club brasiliano è arrivato a mettere per iscritto una dichiarazione francamente sconcertante.
Nel documento la Chapecoense afferma che "il ricorrente non è stato vittima di un incidente, anzi al contrario è un sopravvissuto benedetto dalla forza divina e, tra quelli direttamente legati al calcio, è l'unico che continua a svolgere la sua attività in maniera identica al periodo precedente". Nell'atto prodotto dai legali del club, si legge ancora che "in effetti l'incidente ha dato al ricorrente notorietà ed ha aumentato i suoi guadagni, basta rivedere la storia dei suoi contratti, la sua immagine si è accresciuta e ha guadagnato notorietà in tutto il mondo".
Parole cui Ruschel ha replicato con grande amarezza: "Ho avuto accesso alla difesa del club e loro affermano che non sono una vittima dell'incidente, ma un sopravvissuto. Dicono che la tragedia mi ha giovato. Sono frivoli e non sono preparati per affrontare una questione così importante. La mia vita doveva continuare, ma questo non toglie la responsabilità del club. Solo io conosco i traumi che porto con me, la fatica, la lotta per tornare a giocare. Oggi ho otto viti alla schiena, non voglio vittimizzare me stesso, voglio solo chiarire questa situazione. Dire che la mia vita è andata avanti normalmente è assurdo, non solo per me, ma anche per le famiglie delle vittime dell'incidente". È davvero difficile dargli torto.