La carriera “scioccante” di Boateng: “Un anno e mezzo fa ero al Barcellona, ora sono in B”

Kevin Prince-Boateng si guarda indietro e capisce che avrebbe potuto ottenere molto di più dalla sua carriera di calciatore. Le qualità non gli mancavano, il talento nemmeno. La ‘testa' non sempre lo ha accompagnato. E quella fa la differenza sempre. Qualche anno fa confessò che da giovane sperperava i soldi comprando belle auto. Era una delle tentazioni alle quali non riusciva a resistere. "Ero uno testa di ca…", confessò qualche tempo fa e adesso, a 33 anni, si cala nella parte del ‘cattivo maestro' che prova a dare ‘buoni consigli'.
"Fino a un anno e mezzo fa ero al Barcellona e ora sono in B ma a Galliani e a Berlusconi non potevo dire no", dice l'ex rossonero che definisce "scioccante" il suo percorso professionistico. Le discese ardite e le risalite ne hanno spesso scandito il percorso di calciatore professionista e di uomo abituato a fare i conti con se stesso. Gli è successo anche di recente, quando ha annunciato la chiusura del rapporto con Melissa Satta.
Quando giocava nel Tottenham aveva 20 anni e nello spogliatoio degli Spurs, in quel tempio dove la tradizione del calcio come religione pagana ha dogmi e riti, ha appreso il valore della ‘gavetta', il rispetto dei ‘più grandi', cosa volesse dire sacrificio e passione. Tutte cose oggi messe in secondo piano dal trend odierno.
Il calcio oggi è prevalentemente business – ha ammesso nell'intervista al Corriere della Sera -. Fai una buona stagione e credi di poter guadagnare già 5 milioni. Da ragazzino la vita era dura e anche quando ho iniziato a giocare non pensavo ai soldi. Al Tottenham pulivo le scarpe ai ‘vecchi' dello spogliatoio oggi i giovani pensano alle Mercedes e alla playstation.

Altro tema molto caro a Boateng: il razzismo. Argomento che sembra tabù nel calcio, accendersi e spegnersi quando capita un episodio in particolare salvo finire tutto nel dimenticatoio. E lasciare tutto com'è. Lui stesso ha subito insulti per il colore della pelle quando giocava nel Milan e decise di abbandonare il campo per protesta durante un'amichevole. Oggi come allora è sempre la stessa storia. Il motivo? Lo spiega lo stesso ‘Boa'.
La verità è che comandano sempre i bianchi… se loro alzassero la voce forse saremmo ascoltati di più – ha aggiunto Boateng -. Nessun bianco mi ha mai detto di essere al io fianco per la battaglia anti-razzista. Alcuni non parlano per paura altri scelgono di non esporsi per una cosa che non li riguarda.