Koulibaly spiega il suo amore per il Senegal: “Giocare con questa maglia mi rende orgoglioso”
Il Senegal a pochi giorni dai Mondiali ha perso Sadio Mané, la stella assoluta della squadra di Cissé, uno dei pochi calciatori al mondo che può davvero spostare gli equilibri. La nazionale campione d'Africa ha fatto di tutto per aspettare Mané, che però è stato costretto a rinunciare. Un gran peccato. Sia dal punto di vista umano, che tecnico. Un problema vero per il Senegal, che però resta con un grande leader comunque in squadra: Kalidou Koulibaly, un ragazzo di grande valore che ha scritto un pezzo per ‘The Players Tribune' in cui ha raccontato tantissime cose e ha spiegato perché ha preferito giocare con la nazionale senegalese rispetto alla Francia, paese in cui è nato e ha vissuto fino a quando non è diventato un professionista.
Letteralmente si può definire un ragazzo d'oro KK, che in tante interviste ha mostrato quello che è, il suo essere lo si vede in campo e fuori, e non solo per i suoi gesti rivolti molto spesso verso il suo paese e verso chi ha molto meno. Koulibaly la scorsa estate ha lasciato il Napoli e la Serie A per passare al Chelsea e alla vigilia dei Mondiali ha parlato con gioia e trasporto del momento in cui finalmente è riuscito a vincere la Coppa d'Africa con il Senegal, ai rigori contro l'Egitto lo scorso febbraio: "Quello è stato il momento più bello della vita. Quando giochi per il Senegal tutti si fermano, abbiamo dato un momento di gioia immensa ad un popolo. Tutti erano insieme a gioire, ricchi, poveri".
Koulibaly, che si appresta a disputare il secondo Mondiale consecutivo, è nato il 20 giugno 1991 in Francia da genitori senegalesi e aveva dunque la possibilità di vestire anche la maglia della nazionale transalpina, che nel 2018 (quando lui giocò in Russia con il Senegal) vinse il titolo. Non ha il minimo rimpianto il difensore che con parole precise e genuine spiega la sua decisione: "A volte le persone mi chiedono perché ho scelto di giocare per il Senegal invece che per la Francia. Mi dicono che se avessi scelto la Francia, sarei potuto diventare un campione del mondo. Sono nato in Francia e ho una cultura francese, ma nessuno sa che in casa parlavo solo il senegalese, i piatti che mangiavo erano senegalesi. Ho fatto la scelta del Senegal per rendere mio padre e mia madre orgogliosi. Oggi sono molto orgoglioso di aver fatto questa scelta, non ho mai avuti rimorsi anche se la Francia è una delle nazioni più forti al mondo".
Ma quello che ha raccontato Koulibaly è qualcosa di molto più profondo, non a caso il titolo del suo pezzo è: "Anche tu puoi essere un tifoso del Senegal". Il racconto della finale della Coppa d'Africa, l'esaltazione di Mané e del c.t. Aliou Cissé, ma la storia è partita con un ricordo personale, datato 2002, quando il Senegal perse nei quarti del Mondiale 1-0 con la Turchia, una partita che KK e i suoi amici giocarono dietro il cortile della scuola, come fosse il pre-match: "Ricordo che abbiamo giocato a questa partita con i miei amici prima dei quarti di finale e quando abbiamo perso contro i ragazzi turchi, avrei pensato che sarebbe morto qualcuno. Litigavamo tra di noi per aver commesso degli errori, trattenevamo le lacrime, ci accasciavamo a terra. Nel nostro mondo, un gruppo di bambini di 11 anni a Saint-Dié-des-Vosges aveva deluso l’intera nazione del Senegal. Potreste pensare che stia esagerando, ma no. Il Mondiale è qualcosa di diverso".
L'amore per il suo paese è presente: "Rappresentare il mio paese non riguarda solo una partita di calcio. Riguarda il mio sangue, la mia storia e i sogni dei miei genitori. Io credo nel destino. Dico sempre che sono il frutto di due culture: quella francese e quella senegalese. Sono molto orgoglioso di essere francese. Ma per me rappresentare il Senegal è stato il piano di Dio".
E il piano si è realizzato grazie al c.t. Aliou Cissé, che KK non smette di ringraziare: "Ha rischiato con un 24enne che era ancora seduto in panchina per il Napoli. Ha creduto in me. Quindi ho dovuto credere nel Senegal. Quando ho chiamato i miei genitori per dire loro la mia decisione, è stata l’unica volta nella mia vita che li ho visti entusiasti del calcio".