Katia Serra pioniera del calcio femminile in Italia: “Ci chiamavano donne deviate, oggi è un lavoro”
Nell'ultima puntata di "Fuori dal Mondiale: tutto su Qatar 2022" erano ospiti Vincent Candela, ex difensore della Roma e campione del mondo con la Francia, e Katia Serra, ex calciatrice e da tempo talent della Rai. Quello di Katia Serra è un nome noto, anche a chi segue poco le vicende del pallone, perché lei ha commentato, in coppia con Stefano Bizzotto, la finale degli Europei 2021 vinta dall'Italia sull'Inghilterra. Una vita nel calcio quella di Serra che per 24 anni è stata una calciatrice e che da sette stagioni fa parte del gruppi di opinionisti di RaiSport, per RadioRai ha commentato alcune partite dei Mondiali del Qatar.
Katia Serra ha parlato, nella diretta di Fanpage.it, anche delle grandi differenze del calcio femminile tra quelli dei tempi in cui ha iniziato a giocare lei e quelli attuali. E le parole dell'ex giocatrice della Nazionale sono molto interessanti. Le differenze sono parecchie, e non solo perché dallo scorso 1° luglio le calciatrici italiane sono professioniste: "Tra il calcio femminile di quando giocavo io e quello di oggi c'è un abisso, è tutto totalmente diverso. Oggi con l'arrivo dei club maschili anche le calciatrici fanno solo questo come mestiere. E non solo perché le calciatrici sono professioniste dal 1° luglio. Ma pure dal punto di vista organizzativo, tecnico e anche economico. E ora sin da bambine si può pensare che un giorno si possa fare la calciatrice".
Ma rispetto al passato ci sono tante differenze. Katia Serra ricorda bene sulla propria pelle i tanti pregiudizi e le brutte parole che hanno dovuto subire lei e le calciatrici della sua generazione: "Siamo state autodidatte. Siamo state calciatrici, in un'epoca in cui ci prendevano per matte, per folli. In cui ci davano delle disturbate mentali o delle donne deviate che non si capiva bene se fossimo donne o uomini".
E anche con trasporto e affetto l'ex calciatrice ricorda anche le tante difficoltà dell'epoca. Perché le calciatrici degli anni '80 e '90 dovevano anche lavorare per mantenersi e facevano anche tanta fatica nell'allenarsi. E quando subivano un infortunio serio dovevano pensare da sole a loro stesse: "Portavamo avanti la nostra passione, insieme al lavoro, pure quando giocavo in nazionale ho sempre lavorato. Ci si allenava di sera, su campi di fortuna, con allenatori improvvisati. Ci siamo formate così arrangiandoci, in un contesto totalmente disorganizzato, in cui si investiva poco, anche quando ti facevi male. Io mi sono infortunata spesso, come altre calciatrici. E noi ci siamo pagate tutto di tasca nostra. Siamo state delle pioniere e abbiamo messo il calcio come priorità della nostra vita".
Infine dibattendo con Candela, Serra ha parlato delle differenze tra il calcio maschile e quello femminile, ed ha correttamente esaltato le particolarità di quello femminile. Ma ha anche ricordato le difficoltà del movimento italiano che sta provando a salire di livello: "La donna è meno veloce e meno potente. E c'è una differenza atletica che non potrà mai essere colmata tra uomini e donne, questo vale in qualsiasi sport. In Italia è da poco tempo che lavoriamo bene sul calcio femminile, e lo facciamo con numeri bassi, rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto a diversi paesi europei come Germania, Francia o Inghilterra. Il nostro progetto è partito in ritardo. Ma questo lavoro dovremo apprezzarlo un giorno per le sue caratteristiche peculiari un domani, e dobbiamo pensare a un tipo di calcio che punta più sulla tecnica che sulla parte atletica".