Karel Poborsky e quel 5 maggio da protagonista contro l’Inter: “Giocò alla morte”
Il 5 maggio 2002 è entrato nella memoria collettiva dei tifosi italiani come il giorno in cui l'Inter si è suicidata, perdendo lo scudetto a favore della Juventus all'ultima giornata di campionato. I nerazzurri dicono addio al campionato, venendo sconfitti per 4-2 dalla Lazio. A fare scalpore è anche l'identità del mattatore di quella partita: il ceco Karel Poborsky, che segna una doppietta.
L'avventura di Poborsky alla Lazio
La Lazio lo ha acquistato dal Benfica nel gennaio dell'anno precedente e, dopo la cessione di Nedved alla Juventus nell'estate del 2001, Poborsky è chiamato a sostituire il suo connazionale. Il ceco è un esterno destro molto talentuoso, che in maglia biancoceleste colleziona 46 presenze complessive condite da cinque gol, due dei quali segnati il pomeriggio del 5 maggio.
La società di Cragnotti, in quegli anni, è alle prese con i problemi finanziari, palesatisi dopo gli investimenti scriteriati del presidente che avevano portato alle scudetto del 2000. Nell'estate 2001, oltre a Nedved, partono anche Veron e Salas e la squadra è investita da una profonda rifondazione. In quell'anno e mezzo a Roma, Poborsky non si prende mai davvero né con la società né con l'ambiente. Già durante la stagione, sa che quello sarà il suo ultimo anno alla Lazio, che non ha più i soldi per permettersi di tenerlo e di lì a poco venderà anche Nesta e Crespo. Il ceco, inoltre, vuole tornare in patria e si è già accordato con lo Sparta Praga.
Poborsky sapeva di andar via ma il 5 maggio giocò alla morte
Non avrebbe alcun interesse a giocare alla morte l'ultima partita della sua avventura laziale. Eppure, quel 5 maggio 2002, entra in campo come se quella contro l'Inter fosse l'ultima partita della sua vita. Stefano Fiore, suo compagno alla Lazio, ha detto chiaramente il motivo anni dopo:
Lui sapeva di andar via. Ma era talmente in lite con il mondo che quella partita la giocò alla morte. Era lontanissimo per ideologia politica da quei tifosi che ci chiedevano di perdere, e altrettanto distante dalla maniera italiana di vivere le partite.
Poborsky non comprende come i tifosi possano chiedere ai propri giocatori di perdere una partita. Nei giorni precedenti al 5 maggio, infatti, i sostenitori laziali cominciano una campagna di convincimento verso i loro giocatori per far sì che si scansino nella sfida contro l'Inter. In ballo c'è il gemellaggio con la tifoseria nerazzurra, ma soprattutto la possibilità di vedere la Roma trionfare per il secondo anno di fila, che sarebbe esorcizzata con una sconfitta contro l'Inter. Per Poborsky tutto ciò è inconcepibile, qualche suo compagno è d'accordo con lui, mentre altri giocano il match senza impegnarsi più di tanto. In realtà, i giocatori della Lazio avrebbero anche interesse a vincere quella partita, come spiega ancora Fiore:
Con la vittoria andammo in Coppa Uefa e quindi evitammo l'Intertoto, salvando così le vacanze. Molti di noi nella settimana di avvicinamento e durante la partita erano tranquilli e un po' distratti, soprattutto quelli che sapevano di andare via a fine stagione.
I due gol e la vittoria della Lazio
Poborsky è uno di quelli che sa già di andare via, ma ne fa una questione di principio e decide di giocare alla morte quella partita. In uno stadio Olimpico a netta prevalenza nerazzurra, in cui quasi tutti i tifosi laziali sostengono l'Inter, lui decide di prendersi la scena. Dopo il vantaggio nerazzurro di Vieri, Fiore e Stankovic scambiano sulla trequarti. Il serbo scucchiaia in profondità per il compagno, che mette un pallone all'indietro. Potrebbero colpire in tre della Lazio, ma Poborsky arriva come un treno e scaraventa il gol dell'1-1 alle spalle di Toldo.
Scarica la rabbia verso i suoi tifosi con un pugno verso il cielo prima di tornare verso il centrocampo, mentre la curva nord resta impassibile. L'Inter passa ancora in vantaggio con Di Biagio, ma Poborsky ha deciso che quella sarà ricordata come la sua partita. Stankovic crossa in area, Cordoba alza un campanile di testa e Gresko combina la frittata. Il terzino slovacco, la cui carriera subirà un brutto colpo dopo quella partita, cerca un improvvido retropassaggio di testa verso Peruzzi, l'esterno laziale intuisce tutto, si infila e batte ancora Toldo.
Poborsky alza le braccia al cielo, guarda per qualche secondo la curva in senso di sfida e, stavolta, dopo i primi timidi applausi, si prende anche qualche fischio. L'arbitro Paparesta fischia la fine del primo tempo. Nella seconda frazione l'Inter non rientra in campo, Simeone e Simone Inzaghi fissano il risultato finale sul 4-2. La Juventus vince lo scudetto, la Roma arriva seconda e i nerazzurri addirittura terzi. La Lazio supera il Bologna e ottiene un piazzamento diretto in Coppa Uefa, scongiurando la Coppa Intertoto.
La telefonata di Nedved
Per l'Inter è il giorno più cupo, per la Juventus una festa sfrenata. I giocatori bianconeri sanno che se sono campioni d'Italia devono ringraziare anche Karel Poborsky, così il suo connazionale Pavel Nedved decide di chiamarlo dopo la partita, come raccontato qualche anno dopo dal difensore juventino Mark Iuliano:
La cosa bellissima fu la telefonata di Nedved a Poborsky a fine partita per fargli i complimenti. Raccontò che non era passato neanche da casa, aveva la macchina caricata per scappare in Repubblica Ceca. Poborsky è andato via e non più tornato a Roma.
Le cose vanno proprio così. Il ceco, sapendo di aver terminato il suo contratto e di non essere più gradito nella capitale, scappa da Roma la notte del 5 maggio per tornare in patria. Pur non avendo lasciato un grande ricordo alla Lazio, i tifosi di Inter e Juventus difficilmente potranno mai dimenticarsi di Karel Poborsky, l'uomo che ha deciso il campionato 2001-02.