Juve, il mercato è stato un flop per i conti: servono 100 milioni di plusvalenze
Alla fine sono rimasti tutti, anche Rugani che è diventato meno indesiderato visto il grave infortunio a Chiellini. La forza del brand Juve, la capacità di attirare grandi giocatori e offrire lauti ingaggi, rischia di trasformarsi in una difficoltà aggiuntiva per una società che adesso ha bisogno di vendere. Ma fatica a convincere i suoi giocatori a partire. Perché, almeno in Italia, sono pochissime (forse una o due) le società che possono offrire condizioni comparabili e non tutti sono così facilmente disposti a ridursi l'ingaggio.
De Ligt, Rabiot, Ramsey: si impenna il costo della rosa
I bianconeri hanno bisogno di recuperare intorno ai 100-120 milioni da qui al 30 giugno 2020 per chiudere con un bilancio sostenibile. La Juve, che è quotata anche in Borsa, si auto-finanzia come impone l'azionista Exor e in più agisce ampiamente dentro il recinto del fair play finanziario.
Il cambio di passo internazionale con l'arrivo di Cristiano Ronaldo e di De Ligt nelle ultime due stagioni, però, ha fatto impennare il monte ingaggi della rosa. Si va dai 31 milioni di euro all'anno di CR7 ai 300 mila di Pinsoglio. In mezzo, altri otto giocatori con contratti superiori ai 6 milioni a stagione: Emre Can, che però potrebbe lasciare la squadra dopo l'esclusione dalla lista Champions, Sami Khedira, Douglas Costa (6 milioni), Miralem Pjanic (6.5), Paulo Dybala, Aaron Ramsey, Adrien Rabiot (7), Gonzalo Higuain e Matthijs De Ligt (7,5).
Juve, 280 milioni di stipendi
La Juve, riepiloga Enrico Turcato di Eurosport, "ha speso 188 milioni di euro in questa finestra di mercato, ricevendone dalle cessioni 201". Fabio Paratici ha venduto Cancelo, Kean, Spinazzola, Audero (riscattato dalla Samp), Sturaro (riscattato dal Genoa), Orsolini (riscattato dal Bologna), Cerri (riscattato dal Cagliari), Rogerio, Favilli, Mancuso. Ma si ritrova con 27 giocatori in rosa e stipendi da pagare per 280 milioni di euro, più del doppio di qualsiasi altra squadra di Serie A.
Per capire se una gestione societaria è sostenibile o meno, si può confrontare quella che Agnelli definisce "la potenza di fuoco", ovvero la somma tra stipendi e ammortamenti, e il fatturato complessivo del club. La Juventus ha investito nella rosa con l'obiettivo di elevare l'indotto e di conseguenza i ricavi, effetto collaterale di medio periodo dell'acquisto di Cristiano Ronaldo. L'incremento del fatturato si è accompagnato, però, a un aumento complessivo dei costi per la rosa che sono arrivati a 450 milioni l'anno scorso, e sono destinati a crescere di un altro centinaio in questa stagione. Gli 82 milioni di plusvalenze generate attraverso le cessioni di Cancelo e Kean non bastano a far quadrare ii conti.
La rosa può arrivare a pesare per l'80% dei ricavi
Per far si che un bilancio sia sostenibile per un club, nota Calcio e Finanza, il rapporto fra il costo della rosa e i ricavi attesi deve attestarsi tra il 50 e il 70%. Se il fatturato di questa stagione dovesse attestarsi sui 500 milioni, secondo la stima prudente di Banca IMI, il rapporto salirebbe al 79%, dunque sopra la soglia di guardia. Per cui, o si individua rapidamente una fonte per differenziare i ricavi, anche al di là della volatilità dei risultati in Champions League, o la parola chiave sarà sfoltire la rosa.
In tutto questo, sottolinea il Corriere dello Sport, a libro paga c'è ancora Allegri con relativo staff. Ecco perché presumibilmente Paratici tenterà di vendere tre o quattro giocatori già a gennaio. Infatti, a mercato chiuso, la Juve si ritrova con Mandzukic e Can fuori dalla lista Champions, limitata 22 giocatori, e con una rosa molto estesa da dover gestire evitando malumori o svalutazioni. Finora diverse cessioni non si sono concluse perché giocatori dal prestigio consolidato non hanno voluto lasciare una squadra titolata per accettare ben remunerate quanto esotiche esperienze in Cina e Qatar (vedi Mandzukic), o per il nodo dei diritti d'immagine che potrebbe condizionare il futuro di Dybala.
Serve diversificare le fonti di ricavo
La Juve, però, rimane insieme alla Roma la vera regina delle plusvalenze in Italia nell'ultimo lustro. Dal 2013 al 2019, il player trading ha garantito alle casse bianconere quasi 550 milioni. Solo nella scorsa stagione, la Juve ha generato più di 120 milioni di plusvalenze senza nemmeno cedere i gioielli più prestigiosi della corona. Li ha raccolti, si legge in una dettagliata inchiesta della Gazzetta dello Sport, "con pedine come Audero, Cerri, Mandragora, Sturaro".
Un altro dei limiti della gestione bianconera nasce da un appeal commerciale lontano da quello delle big d'Europa. La Juve infatti incassa, per gli sponsor sulle maglie, 17 milioni fissi da Jeep che ha un contratto in scadenza nel 2021, ma vorrebbe replicare quanto già ottenuto con Adidas visto il traino di Cristiano Ronaldo e rivedere la cifra al rialzo. Sul retro della maglia, invece, non figura più Cygames, perché è un'azienda di videogiochi concorrente della Konami a cui i bianconeri hanno venduto la licenza esclusiva per utilizzare nome della squadra, maglie e volti dei giocatori per l'ultima uscita delle serie Pes in cambio di oltre 5 milioni. Praticamente la cifra che guadagnava da Cygames, con la possibilità di aggiungere anche un nuovo sponsor. Ma c'è molto da lavorare per inseguire le grandi d'Europa. Altrimenti bisognerà ancora una volta sfoltire la rosa. E' questa la missione di Paratici da qui all'estate 2020.