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Juninho Pernambucano e l’arte dei calci di punizione che ha ispirato una generazione

Juninho Pernambucano è stato il tiratore di calci da fermo più forte di tutti i tempi e la sua tecnica ha ispirato una generazione intera. Il giocatore brasiliano ha segnato il 63% delle reti della sua carriera su punizione, visto che ha battuto i portieri 77 su 121 con conclusioni da fermo, e la sua legacy è tutt’ora visibile.
A cura di Vito Lamorte
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La storia del calcio ha visto tanti calciatori formidabili nella nobile arte del calcio da fermo ma quello che ha fatto negli ultimi vent'anni Juninho Pernambucano è qualcosa di leggendario. La reputazione di "formidabile tiratore di punizioni" lo ha sempre preceduto e si è ritagliato di diritto un posto privilegiato nella storia di questo sport. Questo centrocampista brasiliano era ben lontano dal livello dei suoi connazionali contemporanei Ronaldo, Rivaldo, Kakà e Ronaldinho in termini di puro talento ma ha sfruttato al meglio un'arma che lo ha reso celebre nel corso della sua carriera e tutt'ora si parla ancora dei suoi calci di punizione.

Per Juninho era più facile segnare i calci di punizione che i rigori e nel corso della sua carriera tra l'Olympique Lione, il Vasco da Gama, l'Al-Gharafa e lo Sport Club do Recife ha messo a segno 77 gol solo su calcio piazzato. Era dannatamente bravo questo ragazzo che veniva dalla regione brasiliana di Pernambuco, di cui Recife, città natale del calciatore, è la capitale.

Come calciava Juninho Pernambucano?

L'approccio ai calci di punizione di Juninho era sempre lo stesso ma cambiava l'idea di fondo della sua conclusione in base alla distanza dalla porta: si concentrava maggiormente sul posizionamento da distanza ravvicinata e sulla potenza se tirava da più lontano.

In occasione di brevi distanze Juninho si portava tre passi indietro e a sinistra della palla, prendeva una rincorsa perpendicolare al punto di battuta e focalizzava gli occhi sul pallone, poi sulla porta e di nuovo sul pallone. La parte superiore e inferiore del corpo di Juninho si controbilanciavano a vicenda e l'utilizzo del collo del piede gli permetteva di colpire in modo da farla viaggiare più velocemente possibile verso il punto scelto.

Dalla lunga distanza Juninho prendeva una rincorsa con quattro passi dietro rispetto alla palla ma più diretta rispetto alla precedente per dare più slancio possibile: il brasiliano manteneva il busto e la parte superiore del corpo più eretti al momento dell'impatto perché gli permettevano di imprimere più forza al pallone. Il punto di contatto nella parte centrale della palla con le famose "tre dita" permetteva il tipo di movimento che poi abbiamo sempre associato alla sua figura.

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Juninho Pernambucano: quanti gol in carriera su punizione

Come ha fatto Juninho a diventare un vero e proprio cecchino nella nobile arte del calcio di punizione? Il brasiliano lo ha spiegato bene alla rivista specializzata FourFourTwo: "Ho iniziato copiando i calci di punizione di Marcelinho, che giocava per il Corinthians. Era una delle mie fonti di ispirazione, e il primo giocatore che avessi mai visto colpire la palla in quel modo e farla ballare nell'aria. Questo ti fa capire come la tecnica non è nemmeno la mia. Didi, che vinse la Coppa del Mondo con il Brasile nel 1958 e nel 1962, lo faceva già allora".

Juninho ha spiegato come si è evoluta questa sua specializzazione e in che modo ha lavorato per diventare migliore: "Sono sempre stato bravo a tirare, ma da bambino non avevo abbastanza potenza per segnare calci di punizione. Ho giocato a futsal fino a 13 anni e non segnavo molto, ma è stato in quel momento che ho iniziato a battere i calci di punizione. La barriera però era troppo vicino, quindi era raro che centrassi l'obiettivo. È stato solo quando sono arrivato in Francia che ho migliorato la mia tecnica".

Il calciatore classe 1975, attuale direttore sportivo dell'OL, ha segnato 121 gol in tutta la sua carriera e questo significa che il 63% delle sue reti li ha fatti calciando da fermo (77). Juninho passerà alla storia come il miglior tiratore di calci di punizione della sua generazione, segnando il doppio dei calci di punizione di Andrea Pirlo, David Beckham e Cristiano Ronaldo. L'unica persona che si avvicina è il portiere Rogerio Ceni, che ha segnato 61 gol su punizione.

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Juninho, l'uomo da cui Pirlo copiava le punizioni

Anche Andrea Pirlo ha ammesso di aver idolatrato l'uomo di Recife nella sua autobiografia ‘Penso quindi io gioco' e lo ha scritto in maniera chiara: "Durante la sua permanenza al Lione, quell'uomo ha fatto fare alla palla cose davvero straordinarie. […] Non ha mai sbagliato. Mai. Ho controllato le sue statistiche e ho capito che non poteva essere solo un caso.  […] L’ho studiato, ho raccolto dvd e vecchie fotografie delle sue partite e alla fine ho capito. Calciava in maniera particolare, ma non capivo il metodo. Andavo in campo e provavo a imitarlo, ma all’inizio senza risultati. […] Gli esperimenti sono proseguiti per settimane e, siccome i pensieri migliori nascono nei momenti di massima concentrazione, e la massima concentrazione, come insegna Inzaghi, si raggiunge anche cagando, l’illuminazione è arrivata mentre mi trovavo in bagno […] La magia che stavo inseguendo non dipendeva dal punto in cui colpivo la sfera, ma dal come: Juninho non la prendeva con tutto il piede, bensì con sole tre dita. Il giorno dopo sono andato prestissimo a Milanello e senza togliere nemmeno i mocassini ho cominciato a provare. Fu subito un tiro perfetto, all’angolino. Finalmente avevo battuto il fantasma di Juninho". 

Guardando indietro nel corso della storia ci sono stati tantissimi giocatori che hanno reso questa abilità una forma d'arte. Come si potrebbe dichiarare il massimo specialista sui calci di punizione? Partendo dai criteri di frequenza, quante volte il tiro da fermo si è trasformato in gol; l'importanza, la caratura del match; e la legacy, ovvero quale impatto ha avuto il giocatore su questa specialità; potremmo tranquillamente dire che è stato il tiratore più forte di tutti i tempi. Semplicemente straordinario, semplicemente Juninho Pernambucano.

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