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James Montague ha visto le Curve da dentro: “Ecco cosa succederà ora tra gli ultras di Inter e Milan”

Un viaggio attraverso la cultura del mondo ultras per capire cosa accadrà alle curve di Inter e Milan: “Probabilmente ci aspetta un periodo di instabilità. I club hanno legami molto più stretti di quanto non dicano”
A cura di Ada Cotugno
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Le ultime vicende legate alle curve di Inter e Milan hanno sollevato il tappeto su un mondo che si mostra continuamente sotto ai nostri occhi e che resta comunque inaccessibile. La cultura ultras ha radici profonde: il tifo organizzato non è soltanto quello che si vede sugli spalti, con bandiere e coreografie, ma rappresenta lo specchio dell'intera società.

Ad aprirci uno spiraglio su tutto ciò è lo scrittore James Montague, autore del libro "Fra gli ultras. Viaggio nel tifo estremo" che racchiude la cultura, i codici e l'estetica dell'identità ultras in tutto il mondo. A Fanpage.it l'autore ha raccontato la genesi di questa fenomenologia, arrivando fino ai fatti dell'attualità: si parte da lontanissimo per approdare a Milano, con uno sguardo su quello che succederà a San Siro dopo gli arresti dei 19 esponenti delle curve di Milan e Inter, offrendoci una panoramica su quello che potrebbe accadere al tifo organizzato delle due squadre di Milano.

Nel tuo libro racchiudi un lungo viaggio in giro per il mondo all’interno delle tifoserie. Come nascono i primi gruppi ultras?
"Gli ultras come li conosciamo oggi sono un fenomeno italiano, nato alla fine degli anni Sessanta. Ma la cultura del tifo organizzato è nata molto prima, a partire dall'Uruguay con un singolo tifoso pazzo del Nacional all'inizio del XX secolo, che era così pazzo da influenzare tutti quelli che lo circondavano a copiare le sue azioni. Negli anni '20 ha attecchito in Argentina e Brasile, per poi arrivare in Jugoslavia dopo i Mondiali del 1950 grazie al passaparola. Ma è in Italia che gli ultras hanno trovato terreno fertile".

Come mai questo fenomeno è diventato così globale e capace di attrarre sempre più persone?
"È una storia di globalizzazione. Si diffonde con il passaparola, poi con la stampa, poi con la radio, poi con la TV, poi con la TV via cavo e con Internet. L'avvento della TV via cavo negli anni '80, quando la Serie A era il campionato più vivace, affascinante e ricco del mondo, ha diffuso la cultura ultras ovunque. È stato il big bang. Molte persone con cui ho parlato in Germania, Svezia o Spagna hanno raccontato la stessa storia: guardavano Eurosport o qualche altro programma televisivo che aveva i diritti del calcio italiano, vedevano gli ultras italiani in curva e pensavano ‘devo farlo anch'io'. Internet ha solo diffuso questo fenomeno in Asia, Africa e Stati Uniti. Ma credo che sia diventato così popolare in tutto il mondo nel 21° secolo, tra i giovani, perché ci sono così poche sottoculture che abbracciano la connessione umana come fanno gli ultras. È una cosa rara da trovare oggi".

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Centrale nel racconto è anche il movimento ultras italiano. Cosa è cambiato negli ultimi anni?
"La società italiana è cambiata. Se si guarda ai gruppi ultras negli anni '70, avevano identità politiche distinte, ma erano piuttosto eterogenei. I gruppi erano di estrema sinistra e di estrema destra. Ma chi sono gli ultras? Si tratta prevalentemente, o almeno lo era, di una cultura maschile della classe operaia, che dagli anni '80 si è spostata sempre più a destra. E quindi l'identità politica dei gruppi riflette sempre più questa situazione. Sono rimasti pochi gruppi ultras di sinistra. In Italia, soprattutto. La Germania e gli Stati Uniti ne sono pieni. Le crescenti connessioni con i gruppi della criminalità organizzata e con le curve in tutta Italia sono ovviamente un altro grande cambiamento".

I recenti casi di cronaca ci portano a ciò che è accaduto nelle curve di Inter e Milan, con fatti che non hanno niente a che vedere con il calcio. Come si è arrivati ad avere ultras rivali sul piano sportivo e cittadino stringere alleanze in nome del business? E in che modo si è infiltrata la criminalità organizzata?
"Credo che qui ci siano due forze. Una è l'essenza della cultura ultras. Attira persone che vogliono sfidare l'autorità e vivere al di fuori delle strutture sociali prevalenti. Persone che vogliono alzare due dita sul mondo. È anti-autorità, anti-polizia. L'altra è la consapevolezza che il prodotto calcio ha bisogno degli ultras e che c'era da guadagnare. Ricordo di aver parlato con Fabrizio Piscitelli (noto come Diabolik, capo della curva della Lazio ucciso nel 2019 ndr) e lui era piuttosto ferrato al riguardo. Tutti gli altri hanno il muso nella mangiatoia e prendono la loro parte dal business del calcio. Eppure il prodotto ha bisogno del fuoco e della furia degli ultras. Dov'è la loro parte di valore aggiunto? È così che ha giustificato la commercializzazione della curva della Lazio. Una volta che si ha la prova del concetto, la prova del profitto, la mafia se ne accorge, e l'ha fatto".

Con gli ultras di Inter e Milan cos'è successo invece?
"Gli arresti di questa settimana a Milano sono un'altra cosa. Questi ragazzi sono stati al comando della curva milanese per anni, sono radicati. Molti hanno tra i 50 e i 60 anni. È un tempo lungo per costruire questo tipo di legami. Sono sorpreso dei rapporti commerciali tra le due fazioni? No, per niente. Quando vivevo in Serbia o visitavo l'Albania, si vedeva molto razzismo e ultra-nazionalismo da entrambe le parti. Ma le mafie serba e albanese lavorano insieme quando i loro interessi si allineano. Si tratta di affari".

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I capi delle curve di Inter e Milan parlavano direttamente con staff e giocatori. Come è possibile che società così grandi diventino succubi di un gruppo di persone?
"Quando sono stato in Argentina ho parlato con un ex membro della Doce, del Boca Juniors, che negli anni '90 fu contattato da un membro del consiglio di amministrazione e gli fu ordinato di tenere d'occhio Maradona quando era in giro a bere a Buenos Aires, per evitare che si divertisse con le donne e assumesse cocaina. Fabrizio Piscitelli è entrato in qualche modo nel campo di allenamento del Parma per cercare di convincere Lilian Thuram (senza successo) a trasferirsi alla Lazio. Paolo Di Canio aveva uno stretto rapporto con il gruppo. I club hanno legami molto più stretti di quanto non dicano. La situazione è cambiata un po' negli ultimi anni a causa dei soldi. I giocatori sono così ricchi che sono più vicini alla classe proprietaria che ai tifosi della classe operaia. Ma i legami esistono ancora in molti Paesi, non solo in Italia".

Quanto è difficile l'ingresso e la scalata in gruppi ultras strutturati come quelli di Inter e Milan? Che regole bisogna seguire?
"È molto difficile ed è per questo che è così difficile scrivere su di loro e ottenere l'accesso come scrittore. Bisogna presentarsi. Ogni partita, ogni incontro, fin da giovani, fino a quando non si arriva al centro della curva. Ci vogliono anni. È una delle grandi attrazioni della cultura ultras. Viviamo in un mondo digitale atomizzato e altamente monitorato, ma la cultura ultras si basa sulla connessione personale, sulle relazioni personali. Le persone devono garantire per te, faccia a faccia".

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Cosa succede in una curva dopo una serie di arresti così consistente? Quali sono gli step successivi all'interno del gruppo ultras?
"Una delle cose che si vedono nel mondo, e in Italia negli anni '70 e '80, è che la cultura ultras era una cultura giovanile. Ed era fugace. Ci si poteva dedicare completamente alla propria squadra solo per pochi anni, prima che la vita intervenisse. Ci si sposava, si avevano figli, si andava avanti e la generazione successiva di ultras e caposquadra riempiva lo spazio. Ma se si guarda al presente, la maggior parte dei gruppi ha avuto le stesse persone al comando per decenni e questo ciclo di rinnovamento si è interrotto. Quindi ora ci sarà un vuoto di potere. Quando Fabrizio Piscitelli fu assassinato, gli Irriducibili furono sciolti e si formò un nuovo gruppo che però creò conflitti e fazioni diverse. Gli ultras dell'Inter si sono riorganizzati solo di recente, dopo l'omicidio di Vittorio Boiocchi. Il Partizan Belgrado sta attraversando un processo simile. Penso che probabilmente ci aspetta un periodo di instabilità".

Cosa dovrebbero fare i calciatori o le stesse società per limitare al massimo l'influenza degli ultras sui club e l'imbarazzo che ne deriva?
"Capisco il contesto italiano di questa domanda, ma l'influenza degli ultras deve sempre essere dannosa? In Germania gli ultras si sono organizzati per attuare ogni sorta di cambiamento. Prezzi dei biglietti più bassi. Orari scomodi per il calcio d'inizio delle partite. Si sono uniti per salvare la regola del 50+1, che impedisce ai super ricchi e agli Stati del Medio Oriente di acquistare i loro club e usarli come pedine politiche. Hanno impedito che il campionato venisse acquisito da investitori privati. Sono stato letteralmente al fianco degli ultras dell'Al Ahly in Egitto e li ho visti diventare una forza rivoluzionaria che ha contribuito a rovesciare un brutale dittatore. In Ucraina gli ultras hanno fatto lo stesso durante il Maidan del 2014. Non definirei nessuna di queste influenze imbarazzante".

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In Inghilterra hanno fatto storia le politiche della Tatcher per eliminare gli hooligans. Potrebbe succedere qualcosa di simile anche con le curve italiane?
"Sì, certo, ma attenzione a ciò che si desidera. Il calcio inglese ha molto successo come prodotto di intrattenimento. Gli stadi sono migliori. Le famiglie possono andare a vedere le partite. Ma è senz'anima. L'atmosfera è sparita. E il gioco ha fatto perdere ai tifosi della classe operaia e ai giovani la possibilità di andare a vedere il calcio. Questo porterà a un crollo demografico in futuro, ne sono certo. La soluzione al problema degli hooligans è stata una politica di terra bruciata. Ora, nessuno vuole vedere il razzismo, l'antisemitismo o la criminalità organizzata nel calcio, ma a differenza dell'hooliganismo – che non aveva alcuna qualità redimibile, era per lo più violenza ubriaca e nichilista – la cultura ultras merita di essere salvata. Fa parte del patrimonio culturale italiano. Se l'Italia segue la stessa strada dell'Inghilterra, e per molti versi l'ha fatto con le ordinanze di divieto del DASPO, distruggerà un importante manufatto culturale. E una volta scomparso, sarà quasi impossibile farlo risorgere".

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