Intervallo agitato nello spogliatoio dell’Arabia Saudita prima dell’impresa: la furia di Renard
Lo stregone bianco. Il Re d'Africa. Il francese Hervé Renard, 54 anni, ne ha guadagnato anche un altro sul campo: il mago della tattica per aver incartato l'Argentina di Lionel Messi e vinto una storica partita ai Mondiali in Qatar. L'uno-due di Salem Al-Dawsari e Saleh Al-Sheheri è stato micidiale ma più ancora sono stati l'assetto, l'atteggiamento, l'interpretazione delle sue raccomandazioni.
Sono bastati 3 tiri (di cui 2 a bersaglio, uno respinto) rispetto alle 15 conclusioni dei sudamericani: un dato che spiega bene come l'Arabia Saudita abbia capitalizzato al massimo le poche opportunità costruite.
Renard aveva preparato il match con astuzia e una certezza: c'era un solo modo per giocarsela contro una delle nazionali più forti, candidata alla conquista del trofeo. Ovvero correre, tanto e con intelligenza, tenere la pressione alta ed essere perfetti nell'applicazione del fuorigioco, chiudere le linee di passaggio, metterci intensità e orgoglio, giocare senza paura né lasciarsi impressionare dall'avversario.
Ecco perché nell'intervallo, con la sua Arabia Saudita sotto di un gol (rigore della Pulce), ha dato una scossa alla squadra mostrandosi scontento. Lo ha fatto commentando in maniera ironica la prestazione del primo tempo. "Bravi… avete trottato bene", ha ammesso ironicamente facendo riferimento a come si fossero limitati a fare solo il compitino.
Un dettaglio non gli era piaciuto. Non gli bastava tenere testa all'Albiceleste, voleva di più. "Giocando davanti alla nostra difesa e aspettandoli non sarebbe stato positivo. Non avremmo potuto fare tutta la partita così". Voleva vincere e ci credeva. "Purtroppo nella prima frazione i nostri due attaccanti non hanno pressato abbastanza i due difensori centrali e Paredes".
A giudicare da quel che s'è visto nella ripresa deve aver toccato le corde giuste: "Poi hanno cercato qualcosa che a volte fa la differenza… adesso restiamo umili e pensiamo alla prossime gare con Messico e Polonia. Può succedere ancora di tutto".
Il successo sull'Argentina al debutto è l'ennesima impresa di una carriera che nel Continente Nero l'ha visto vincere per due volte (nel 2012 e nel 2015) la Coppa d'Africa con due nazionali diverse (lo Zambia e la Costa d'Avorio) e portare il Marocco in Coppa nell'edizione del 2018. In Russia fu sfortunato, in Qatar s'è preso la ribalta con gli interessi.
Oggi come allora non è passato inosservato (anche) per l'aspetto fisico: muscoli curati e scolpiti, capelli biondi e lisci che con uno sbuffo toglie davanti agli occhi, fascino (e sguardo) da bel tenebroso gli valsero quattro anni fa l'appellativo di ct più bello dei Mondiali. L'usura del tempo non lo ha scalfito.