Inter, da top a flop: i numeri condannano Diego Godin
Diego Godin chiuderà la sua prima e forse unica stagione in nerazzurro e poi sarà libero di scegliere dove andare: il centrale urugayano non ha inciso prima della sosta per coronavirus e non ha dato garanzie che Antonio Conte richiedeva ad un giocatore esperto e vincente come l'ex Atletico Madrid. Sono i numeri a parlare chiaro, sia per quanto riguarda quelli relativi al contratto stilato da parametro zero, sia quelli del campo dove non appare alcun acuto significativo da poter giustificare il prosieguo del contratto.
Dal suo punto di vista, per Godin si è ancora agli inizi, anzi non si è nemmeno iniziato con una prima stagione da archiviare tra adattamento, qualche problema fisico di troppo e un break imposto dall'emergenza sanitaria per coronavirus. Il difensore non ha intenzione di lasciare l'Inter e di cambiare ambiente: "Mi sento a casa, sento la fiducia attorno a me e ho la convinzione di poter fare bene rispettando il contratto firmato con il club".
Lo stipendio di 6 milioni, da top player – Il contratto, appunto. Diego Godin è arrivato sul tavolo della dirigenza nerazzurra ben prima della scorsa estate, chiudendo la trattativa nel gennaio 2019 quando decise di salutare l'Atletico di Madrid di Diego Simeone cimentandosi nell'avventura italiana con l'Inter poi divenuta creatura di Antonio Conte. L'ex capitano dell'Atletico si è legato all'Inter per due anni con opzione sulla terza stagione, guadagnando una cifra fissa da 4,5 milioni di euro all'anno più bonus che possono arrivare fino a un massimo di 6 milioni complessivi. Uno stipendio più che importante che è andato ad inserirsi tra i top player dell'Inter. Un'operazione per la quale Suning ha dato il via libera ad Ausilio e Marotta con il benestare di Conte.
I numeri del campo, da gragario – Poi, la realtà del campo. I dati dallo scorso settembre al marzo di quest'anno poco prima dello stop per Coronavirus raccontano di 25 presenze totali tra Coppe e campionato, 1.900 minuti in campo, un solo assist e 10 panchine. A tutto ciò si devono aggiungere solamente 15 partite giocate per 90 minuti e un paio di infortuni muscolari, tra cui l'ultimo che ha impedito al difensore di essere della sfida del San Paolo lo scorso 13 giugno nel ritorno di semifinale di Coppa Italia. Insomma, nulla o poco più da un leader cui si chiede e si richiede il cambio di mentalità e di qualità e che tra nazionale e Atletico ha vinto quasi tutto ciò che c'è in palio.