Insigne tra ciabattine, champagne e cameraman: il contratto della vita a due giorni da Juve-Napoli
In ciabatte di spugna chieste e concessegli dall'albergo per stare più comodo. Lorenzo Insigne ha firmato martedì sera il contratto della vita quasi scalzo, a piedi nudi. Come si va in santuario per grazia ricevuta. E, in effetti, lo è considerata la prospettiva di incassare uno stipendio di almeno 10 milioni netti all'anno – oltre a una serie di benefit che sistemano anche la sua famiglia a Toronto – che nessuno, in Italia e in Europa, in questo momento di crisi provocata (anche) dalla pandemia, può garantirgli.
Una scelta di vita, economica, opinabile che arriva dopo dieci anni in azzurro durante i quali, a torto o a ragione, per colpa del suo carattere a tratti ombroso e perché i giudizi della folla sono mutevoli, per le sue prodezze e per i blackout improvvisi, per lo scudetto perso in albergo, per l'ammutinamento e per quel maledetto Napoli-Verona nulla gli è stato perdonato. E gli hanno detto di tutto. Sfotto' sull'altezza, sulle sue origini, sull'essere napoletano, sul suo fare sempre le stesse cose palla al piede, sulla personalità che gli fa difetto. Insigne ricomincia da 3 in Canada, con un ingaggio che è 3 volte superiore a quanto avrebbe guadagnato se fosse rimasto a Napoli.
Al St. Regis di Roma il club canadese ha pensato alle cose in grande per accogliere il capitano del Napoli, l'esteta del "tiraggiro", il calciatore dei 19 gol in Serie A (nella stagione scorsa) e degli Europei vinti in Inghilterra con la Nazionale. Stanza prenotata dove mettere nero su bianco lontano da occhi indiscreti, che sarebbero arrivati poco dopo, al momento del brindisi al bar dell'hotel. Cin cin e calici in alto sorseggiando bollicine di champagne che ti solleticano in gola. Una chiacchierata con il nuovo presidente, Bill Manning, che ha ascoltato al telefono di Andrea D'Amico (intermediario). Il set era perfetto, a occuparsi delle riprese ci ha pensato anzitutto la società di comunicazione incaricata di riprendere i momenti salienti di quell'evento e trasformarli in un video di presentazione del "magnifico".
Con Insigne c'erano il suo agente (Pisacane), il padre e la moglie che lo hanno accompagnato in quella location di eccezione, la stessa dove ironia della sorte nell'estate scorsa il suo "vecchio" presidente (Aurelio De Laurentiis) aveva annunciato un'annata di lacrime e sangue, sacrifici dolorosi ma necessari a causa dei mancati incassi sia per il Covid sia per il doppio flop in campionato costato il tesoretto della Champions (fonte vitale di sostentamento per il club). Fu chiaro già allora che il rinnovo sarebbe stata cosa complicata, tortuosa, divenuta impossibile quando l'offerta fatta al calciatore è stata al ribasso (3.5 milioni più bonus difficilmente raggiungibili) rispetto all'ingaggio attuale (circa 5 milioni). E quel "se vorrà andare via ce ne faremo una ragione" pronunciato dal patron è stato come mettere alla porta il capitano con largo anticipo.
Non è stata l'unica nota stonata di una vicenda dove ognuno ha badato, legittimamente, ai propri interessi. Peccato sia avvenuto tutto a due giorni dalla partita di Serie A contro la Juventus, in un momento particolare per il Napoli, che a Torino si presenterà in formazione largamente rimaneggiata per le assenze (causa Covid, infortuni, Coppa D'Africa). Peccato non sia stato davvero possibile attendere almeno qualche giorno, evitando di dare tanta evidenza alla situazione. Ma non è colpa sua. È la stampa, bellezza. Potere dei media a margine di una giornata da vera star, come forse Insigne non si è mai sentito. E come forse si sentirà dall'altra parte del mondo, in Nord America, dove l'Adidas potrebbe farne un'icona e la nuova società sarà ai suoi piedi. Comodi comodi, in pantofole d'oro.