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Infortunio Zaniolo, l’esperto: “Crociato? Serve più tempo per il rientro, da 10 mesi a un anno”

A poche ore dall’ennesimo e drammatico stop di Nicolò Zaniolo, abbiamo intervistato il professor Stefano Zaffagnini, Professore Ordinario di Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Bologna, proprio per parlare di questo secondo infortunio consecutivo del giallorosso. “Bisogna purtroppo dare l’opportunità a questi giocatori di avere il tempo di recuperare bene, perché altrimenti il rischio di un nuovo trauma può aumentare. Quanto tempo? Secondo me dai dieci mesi ad un anno”.
Intervista a Prof. Stefano Zaffagnini
Direttore Clinica Ortopedica e Traumatologica II IOR di Bologna
A cura di Alberto Pucci
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Il grave infortunio di Nicolò Zaniolo, ha nuovamente sconvolto i tifosi e posto in primo piano le problematiche legate alla condizione fisica dei giocatori e ai metodi di recupero di coloro che hanno subito traumi importanti come quello dell'attaccante giallorosso, reduce dal trauma dello scorso gennaio quando durante Roma-Juventus uscì dal campo per la rottura del crociato del ginocchio destro: un infortunio che costrinse l'ex giocatore dell'Inter, all'intervento chirurgico e ad un'attesa di più di sei mesi prima del ritorno in campo.

Quella del crociato è diventata una sorta di maledizione per il calcio di casa nostra, basti pensare che negli ultimi sei anni sono stati ben 15 i calciatori che sono dovuti andare (anche più di una volta) sotto i ferri. Oltre ai vari Milik, Ghoulam, Perin e Pavoletti, molti di questi infortuni sono capitati dalle parti di Trigoria dove dal 2014 in avanti si sono fermati per lo stesso infortunio di Zaniolo anche Strootman, Florenzi, Mario Rui, Rüdiger, Emerson, Karsdorp e Zappacosta.

Per far chiarezza sul tema, abbiamo intervistato il professor Stefano Zaffagnini, Professore Ordinario di Ortopedia e Traumatologia dell'Università di Bologna, nonché uno dei quattro chirurghi italiani ammessi alla più importante società scientifica, sulla chirurgia del legamento crociato anteriore chiamata "ACL Study Group".

Professore, nel calcio l’aumento di ricadute dopo infortuni al crociato è evidente. C’è una spiegazione?

"C'è una spiegazione scientifica e una naturale. La prima è che probabilmente, in alcuni soggetti, ci sono delle condizioni naturali legate all'individuo e bisognerebbe avere delle immagini di risonanza di entrambe le ginocchia per capire se ci sono alcuni fattori anatomici che possono fare in maniera che un ginocchio vada incontro più facilmente alla rottura del crociato rispetto all'altro. Ci sono infatti dei soggetti più facilmente predisposti ad avere questo tipo di infortuni. Poi è ovviamente importante il tipo di sport. Il calcio è uno sport che ha cambi di direzione molto veloci e che negli ultimi anni ha visto aumentare di molto la sua velocità di gioco, e dunque il ginocchio va incontro più spesso ad un momento in cui ci possono essere delle discrepanze tra quella che è la risposta muscolare e le richieste funzionali al ginocchio".

"Abbiamo fatto degli studi, osservando le immagini delle telecamere in occasione di questo tipo di infortuni, e abbiamo visto che durante la rottura del crociato c'è una specie di lussazione della tibia rispetto al femore, che poi ritorna alla posizione normale. E questo è dovuto proprio alla velocità del gioco del calcio che è aumentata tantissimo negli ultimi anni. Terzo fattore è il ritorno allo sport, che è uno dei momenti più importanti e difficili che ancora noi lasciamo in mano ai fisiatri e ai terapisti, che però secondo me non hanno ancora – se non in pochi casi – delle valutazioni oggettive che permettono di dire ad un giocatore quando può tornare con il minor rischio possibile di infortunio sullo stesso ginocchio o su quello controlaterale".

"La difficoltà di capire quando questi atleti possono tornare ad avere la stessa performance e sicurezza di prima è ancora molto difficile, perché ancora non ci sono e non abbiamo ancora trovato, nonostante le ricerche che stiamo facendo, dei valori oggettivi che permettono di dire ad un atleta quando può tornare senza il rischio minimo di una rottura o di una ri-rottura".

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Come nel caso di Zaniolo, spesso la ricaduta colpisce l’altro ginocchio. Come mai?

"Soprattutto nei soggetti più giovani, sotto i vent'anni, abbiamo constatato dagli studi che abbiamo fatto che la percentuale di una rottura del ginocchio controlaterale è pari al 30%. Il rischio di avere una rottura, per un atleta che ritorna a fare sport molto prima di un anno è dunque abbastanza elevato, ed è per questo che nei soggetti soprattutto più giovani è consigliato procedere più lentamente con la ripresa dello sport".

Spesso si dice: si forzano troppo i tempi di recupero. C’è un reale problema di tempistica?

"In questo caso ci si scontra con le richieste del club, ovvero quelle di tornare ad avere il calciatore in tempi brevi. Se lo facciamo tornare in campo troppo presto, senza quei parametri oggettivi che permettono di decidere quando può tornare senza avere grossi rischi, poi rischiamo di avere quello che è successo ieri a Zaniolo, ovvero che si rompe l'altro ginocchio. Bisogna purtroppo dare l'opportunità a questi giocatori di avere il tempo di recuperare bene, perché altrimenti il rischio aumenterà. Quanto tempo? Secondo me dai dieci mesi ad un anno. Uno può tornare anche prima, però dovrebbe fare degli spezzoni di partita e avere il tempo di recuperare pienamente. Anche il tempo di recupero tra una partita e l'altra fa moltissimo in questa fase, e dunque bisogna dare più tempo a questi giocatori".

Sul piano scientifico, un giocatore reduce da due infortuni al crociato ad entrambe le gambe nel giro di pochi mesi, può esprimersi al 100% del suo potenziale al rientro?

"Per dare una risposta bisogna valutare anche il fattore psicologico, che viene poco considerato e che invece bisognerebbe tenerlo molto in considerazione. In un giocatore così, che ha avuto precedenti infortuni e stava recuperando e che va incontro ad un altro infortunio, è ovvio che poi nella sua testa possono comparire le paure di rifarsi male e avere altri traumi che possono incidere e non farlo tornare al livello di prima. Ci sono una serie di studi che dimostrano che esistono giocatori che non riescono a tornare al 100% proprio per questi problemi psicologici. Anche un supporto psicologico, con sedute terapeutiche a livello di testa e mentalità, sarebbe molto importante".

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