Inchiesta sulla morte di Maradona: malato di cuore, sospetti sulla mancanza di un defibrillatore
Perché nella casa di Maradona non era presente un medico 24 ore su 24? Perché, considerati i gravi problemi al cuore dell'ex Pibe de Oro, non c'era un defibrillatore? Nelle ultime ore di vita di D10s cosa hanno fatto l'infermiera, incaricata di assisterlo, e il dottore Leonardo Luque, che lo aveva operato alla testa? E soprattutto che fine ha fatto il medico/amico/specialista che dopo la morte dell'ex campione ha fatto perdere le proprie tracce? Sono alcuni degli interrogativi, dei punti oscuri, delle cose che ancora non tornano nella ricostruzione delle circostanze in cui è avvenuto il decesso dell'ex stella argentina.
Maradona poteva essere salvato? Inchiesta della Procura
Troppi tasselli del mosaico ancora non combaciano, ecco perché John Broyad (procuratore generale di San Isidro) ha aperto un'indagine su quanto accaduto il 25 novembre scorso a San Andrés: vuole tracciare la catena di eventi, azioni, omissioni o presunte negligenze che sarebbero avvenuti in quei momenti cruciali, capire se al Diez poteva essere salvata la vita, verificare se ci sono responsabilità effettive e penalmente perseguibili da parte di chi avrebbe dovuto seguirne il percorso terapico da svolgere a domicilio anziché in un centro di riabilitazione. E non mancano forti perplessità anche sull'opportunità di proseguire la degenza nella Clinica Olivos (dalla quale sarebbe voluto ‘evadere' camuffato da inserviente) piuttosto che nella propria abitazione.
Il dottore, Luque, e l'infermiera: i punti oscuri della vicenda
Maradona quella notte era rimasto da solo? L'infermiera ha dichiarato agli inquirenti di averlo sentito per l'ultima volta alle 7.30 del mattino: s'era alzato dal letto per andare in bagno. Ma per i magistrati che hanno aperto il filone d'inchiesta sulla morte dell'ex Pibe ci sono ancora zone d'ombre da chiarire. E qui il campo si restringe essenzialmente a due figure considerate al momento chiave: il dottore personale dell'ex Pibe e l'infermiera.
Il medico, Leopoldo Luque, che si trovava a circa un'ora di macchina dalla residenza di Maradona (perché, viste le condizioni, non era lì?) è il personaggio sul quale è concentrata l'attenzione per alcuni aspetti della vicenda.
- 1) Secondo alcune testimonianze raccolte dall'agenzia Telam che riporta fonti giudiziarie, una settimana prima del decesso Luque era stato cacciato in malo modo proprio dall'ex campione (lo avrebbe spintonato). È stata quella l'ultima volta che ha visto Maradona ed è stato nella sua casa?
- 2) L'audio della telefonata effettuata dal dottore ai soccorsi: "C’è una persona che da quanto mi dicono è in arresto cardio-respiratorio – si sente nel colloquio pubblicato dal sito El Dia -. Un dottore lo sta assistendo. È un uomo di esattamente 60 anni". Non viene mai fatto il nome della persona che sta ricevendo le cure né quello del dottore che lo sta assistendo. Perché, si chiede la Procura in merito alla telefonata fatta alle 12.16 (alle 12.28 sarebbe arrivata anche la prima ambulanza).
La doppia versione fornite dall'infermiera a distanza di qualche giorno è tra le zone d'ombra dell'inchiesta. Qualcosa non quadra anche nelle dichiarazioni rese dall'assistente.
- Nella prima aveva spiegato che, a chiusura del suo turno alle 6.30 del mattino, Diego era vivo.
- Successivamente era sembrata contraddittoria: dopo aver affermato di aver sentito Maradona all'interno della stanza alle 7.30 (ma di non essere entrata in camera) ha poi aggiunto di essere stata "obbligata" (da chi e perché?) a indicare di aver controllato l'ex calciatore pur avendolo lasciato a riposare.