In memoria di Erika e Marisa, 3 anni fa la tragedia di Piazza San Carlo durante Juve-Real
Non fu come all'Heysel ma le scene di panico e morte in Piazza San Carlo a Torino sono rimaste scolpite nella memoria dei tifosi (non solo della Juventus). Era il giorno della finale di Champions a Cardiff tra bianconeri e Real Madrid, dinanzi ai maxi-schermi c'erano oltre trentamila persone e quando la "banda dello spray al peperoncino" scatenò il panico per derubare felpe, cellulari e qualche collanina accadde di tutto.
In memoria di Erika e Marisa, morte a Piazza San Carlo
La commemorazione di quella serata di calcio ha azionato la sequenza videoclip e spostato le lancette dell'orologio indietro nel tempo, fino a tornare a quella maledetta notte quando quel lembo di città divenne un budello e sembrò di stare all'inferno. Erika Pioletti (deceduta dopo 12 giorni di coma) e Marisa Amato (un anno e mezzo dopo) furono le due vittime della furia cieca della folla che travolse ogni cosa, risucchiando nel vortice di paura e ‘fuggi fuggi' scarpe, vestiti, bandiere e sciarpe.
Pezzi di vetro, borse, zaini, fazzoletti sporchi di sangue: a terra c'era di tutto, anche i corpi delle due donne risucchiate nella calca, stordite nella ressa, uccise dalle percosse involontarie subite, stritolate dalla folla, soffocate dalla paura. Terribile anche la conta dei feriti, almeno quelli refertati furono 1692 secondo stime ufficiali.
La banda dello spray al peperoncino processata e condannata
Sohaib Boumadaghen, alias ‘budino' (il soprannome con il quale era conosciuto) e considerato il capo della gang, fu condannato a 10 anni, 4 mesi e 20 giorni di carcere assieme ad Hamza Belghazi e Mohammed Machmachi. Es Sahibi Aymene a 10 anni, 3 mesi e 24 giorni. Per tutti i capi d'imputazione furono omicidio preterintenzionale, lesioni, rapina e furto. Un quinto membro, all'epoca dei fatti minorenne, ottenne la sospensione con messa alla prova.
Erika e Marisa morirono perché la banda pensò di mettere a segno il colpo credendo che quella massa di persone avrebbe fatto loro da paravento. Una tesi fortemente contestata dagli avvocati difensori: in aula sostennero che provocare quel caos fu la paura scaturita da un rumore indecifrabile e legato al fondato timore di un’azione terroristica.