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Guerra in Ucraina

Il viaggio allucinante di Fonseca in fuga dalla guerra: “Ci passavano gli aerei sulla testa”

Paulo Fonseca ha ancora quelle immagini di guerra davanti agli occhi e l’ultima frase puoi leggerla stampata nel suo sguardo. “Se i russi invadessero l’Italia o il Portogallo, noi non combatteremmo? Non c’è niente di più prezioso della libertà”.
A cura di Maurizio De Santis
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Paulo Fonseca è tornato in patria dopo un viaggio allucinante partito da Kiev per sfuggire agli orrori della guerra.
Paulo Fonseca è tornato in patria dopo un viaggio allucinante partito da Kiev per sfuggire agli orrori della guerra.
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La guerra in testa, in casa, dentro di sé. Certe cose ti segnano a vita, è impossibile dimenticarle. Paulo Fonseca ne ha respirato l'atmosfera più greve, ne parla e con il tono della voce traccia ritratti a carboncino di quell'esperienza drammatica. Era a Kiev con la sua famiglia quando i russi hanno sferrato l'attacco e scatenato l'invasione dell'Ucraina e sono stati giorni durissimi, scanditi dalla sensazione di impotenza, di angoscia e paura, dalla rabbia. "Nel 2014 il mondo ha chiuso gli occhi su Donetsk e il Donbass – ha ammesso l'ex tecnico della Roma nell'intervista alla Gazzetta dello Sport -. Ho molti amici lì e nessuno voleva far parte della Russia. L’informazione è manipolata, i russi non sanno la verità".

La morte nel cuore l'ha provata sua moglie, Kateryna Ostroushko, conosciuta quando allenava lo Shakhtar Donetsk, per l'aggressione subita dal suo Paese, per la devastazione del conflitto e la conta degli innocenti che hanno perso la vita. "Prego che non cada una bomba su di noi", disse in un video-messaggio l'ex giallorosso: il 24 febbraio scorso, nel giorno in cui si scatenò l'operazione militare, restò prigioniero degli eventi.

In mattinata avrebbe dovuto prendere un volo per il Portogallo ma il boato delle detonazioni che lo svegliò nella notte fu un triste presagio: aveva capito che a casa non sarebbe tornato subito, temeva di non farcela e che il viaggio per fuggire da quell'inferno sarebbe stato da incubo. "Il mio amico Srna (dirigente dello Shakhtar, ndr) mi ha invitato a raggiungere l’hotel Opera, dove c’era la squadra. Abbiamo trovato riparo in un bunker. C’erano De Zerbi e i brasiliani con le famiglie. I bambini dormivano per terra nei sacchi a pelo. Eravamo spaventati, è stato terribile".

Paolo Fonseca e l'incubo della guerra: l'ex allenatore della Roma è tornato in Portogallo ma porta dentro di sé quell'esperienza terribile.
Paolo Fonseca e l'incubo della guerra: l'ex allenatore della Roma è tornato in Portogallo ma porta dentro di sé quell'esperienza terribile.

L'intervento dell'ambasciata portoghese ha aiutato Fonseca e i suoi cari a scappare da lì. Hanno abbandonato la capitale a bordo di un mini-van, diretti verso la Moldova. Trenta ore di cammino, la maggior parte delle quali condotte quasi a passo d'uomo per gli incolonnamenti dei profughi "con gli aerei che ci passavano sulla testa, i posti di blocco, mentre la gente intorno non trovava né carburante né cibo. Solo quando sono arrivato al confine con la Romania ho tirato il fiato. Mia moglie piange in continuazione, perché abbiamo amici e parenti in tutta l’Ucraina". 

Nessuno sa o può prevedere quale sarà l'evoluzione del conflitto, se basteranno le sanzioni economiche per cingere d'assedio la Russia e Putin, se basterà fornire armi all'Ucraina perché resista e sfianchi in una guerra di logoramento l'invasore. Fonseca ha ancora quelle immagini davanti agli occhi e l'ultima frase puoi leggerla stampata nel suo sguardo. È come se vedesse quel che potrebbe accadere. "Se i russi invadessero l’Italia o il Portogallo, noi non combatteremmo? Non c’è niente di più prezioso della libertà. Tanti Paesi adesso hanno paura. se Putin vincerà questa guerra, sarà un guaio per tutto il mondo".

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