Il racconto shock di Nilla Fischer: “Costrette a mostrare i genitali per dimostrare di essere donne”
Un esame umiliante, puramente empirico e senza alcun test scientifico, per dimostrare di essere donne e non uomini, potendo così partecipare ai Mondiali di calcio femminile. È il racconto shock fatto da Nilla Fischer, difensore della nazionale svedese, nella sua autobiografia appena pubblicata. Un'esperienza vissuta come degradante dalla giocatrice, che la ricorda in maniera cruda nel suo libro.
Erano i Mondiali del 2011, si giocava in Germania. L'accertamento del genere femminile delle partecipanti si era reso necessario dopo le proteste di Nigeria, Sudafrica e Ghana relativamente alle accuse secondo cui la squadra della Guinea Equatoriale includeva degli uomini tra le sue file. A quel punto le giocatrici svedesi dovettero "mostrare i loro genitali al dottore", un esame condotto da una fisioterapista donna per conto del medico, che era presente.
Ma c'era anche un'altra richiesta, della quale ancora adesso la Fischer non capisce il senso: "Ci è stato detto che non avremmo dovuto raderci ‘laggiù' per alcuni giorni e poi avremmo mostrato i genitali al dottore. Nessuno capisce la cosa della rasatura, ma facciamo quello che ci viene detto e pensiamo: ‘Come siamo arrivati a questo? Perché siamo costretti a farlo ora, ci devono essere altri modi per farlo. Dovremmo rifiutare?'. Allo stesso tempo nessuno vuole mettere a repentaglio l'opportunità di giocare un Mondiale. Dobbiamo solo fare quella merda, non importa quanto sia deviato e umiliante".
La Fischer – ancora in attività oggi a 38 anni, gioca in patria nel Linkopings – si è ritirata l'anno scorso dalla nazionale svedese, di cui è stata un pilastro come difensore centrale e centrocampista: per lei ben 194 presenze e 23 gol. Parliamo di una calciatrice di alto livello, medaglia d'argento alle Olimpiadi di Rio del 2016 e bronzo proprio in quell'edizione dei Mondiali del 2011, nonché inserita nella Top 11 della FIFA nel 2016.
Il racconto di quella visita umiliante è stato ulteriormente dettagliato dalla Fischer in un'intervista al quotidiano svedese Aftonbladet: "Capisco cosa devo fare e allo stesso tempo abbasso rapidamente i pantaloni da allenamento e la biancheria intima. La fisioterapista annuisce e dice ‘sì' e poi guarda il dottore che è in piedi con le spalle alla mia porta. Prende nota e prosegue nel corridoio per bussare alla porta accanto. Quando tutti i membri della nostra squadra vengono controllati, ovvero hanno esposto la loro vagina, il nostro medico di squadra può firmare che la squadra nazionale di calcio femminile svedese è composta solo da donne".
Alla domanda su come ci si senta, la nazionale svedese ha risposto: "Avevamo un ambiente molto protetto nella nostra squadra. Quindi era probabilmente l'ambiente migliore per farlo. Ma è una situazione estremamente strana e nel complesso non è un modo di farlo che mette a proprio agio".
Proprio due settimane prima dell'inizio di quei Mondiali in Germania, la FIFA aveva emesso le sue attuali politiche di riconoscimento di genere, che richiedono alle squadre di firmare una dichiarazione che garantisca che le giocatrici scelte per la Coppa del Mondo siano "di un genere appropriato". Le regole affermano: "Spetta a ciascuna associazione membro partecipante di garantire il sesso corretto di tutte le giocatrici, indagando attivamente su qualsiasi deviazione percepita nella caratteristica sessuale secondaria".
Resta davvero inspiegabile perché le calciatrici della nazionale svedese, espressione di una cultura non certo nota per la superficialità nel maneggiare i diritti individuali, siano state costrette a sottoporsi a un esame fisico così invasivo, quando un test con tampone per bocca è stato ampiamente utilizzato per decenni, consentendo di raccogliere materiale genetico dalle cellule all'interno della guancia e determinando così il sesso di una persona.