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Covid 19

Il racconto di Favalli, positivo al Coronavirus: “Dovevamo fermarci prima, calciatori preoccupati”

Alessandro Favalli è stato uno dei primi calciatori professionisti positivi al Coronavirus. Il terzino della Reggio Audace, squadra di Lega Pro, ha parlato ai microfoni di Fanpage.it della sua vicenda e dell’isolamento che ha trascorso nella sua casa di Cremona: “Tra noi calciatori c’era già preoccupazione, giocare a porte chiuse espone comunque a rischi”.
A cura di Vito Lamorte
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Alessandro Favalli, calciatore della Reggio Audace, è stato uno de primi casi di positività al Coronavirus nel mondo dello sport italiano, dopo quelli della Pianese. Il terzino nato a Cremona, ex di Padova, Ternana e Catanzaro, ha seguito tutte le disposizioni mediche dopo essere risultato positivo al tampone e ha trascorso nella sua casa a Cremona l’isolamento. Ai microfoni di Fanpage.it ha parlato della sua vicenda.

Prima domanda, d’obbligo: come stai? Quali sono le tue condizioni attuali?
"Sto bene, non ho più febbre e non ho più sintomi da una settimana, dieci giorni. Non ho più nessun sintomo. Sono state giornate piuttosto forti, soprattutto all'inizio, non per me ma per la mia famiglia".

Quali sono stati i sintomi che hanno portato alla prova del tampone?
"Mi sono svegliato lunedì mattina con la febbre a 37.5-37.7. E poi mal di testa, bruciore agli occhi, stanchezza fisica e raffreddore. Segnali tipici da influenza normale".

Cosa hai pensato appena è arrivata la conferma della positività?
"Prima ancora che arrivasse la conferma mi aspettavo di essere positivo, perché in famiglia c'erano stati dei casi. Un altro parente, con il quale eravamo stati a contatto, si era sottoposto al tampone ed era risultato positivo. Ero quasi sicuro. Una volta arrivata la conferma non mi ha spaventato più di tanto. Il mio pensiero è sempre stato per i miei parenti che sono stati peggio di me. Io sono sempre stato attento, da quando sono usciti i primi casi. Non andavo oltre il tragitto casa-allenamento e viceversa".

Dove e come ha passato questi giorni di isolamento?
"A casa mia a Cremona con mia moglie. Siamo qui ormai da settimane".

Come calciatore: ti sei sentito tutelato nelle settimane in cui si è continuato a giocare nonostante i primi segnali di emergenza?
"È probabile che nessuno pensava che potesse andare così. Prima della scelta di sospendere i campionati nello spogliatoio si è parlato molto di questo virus. Siamo comunque ragazzi con fidanzate, mogli e bambini: la preoccupazione c'era. Forse bisognava sospendere prima ma ormai è andata così. La decisione di sospendere è stata giusta ma, probabilmente, andava presa prima perché giocare a porte chiuse ti espone lo stesso a rischi".

Si parla già di tornare in campo. Hai la percezione che nel calcio non ci sia attenzione per la vostra salute?
"Il calcio è visto come uno spettacolo e un momento per staccare dalla vita normale, ma bisogna capire che noi siamo degli esseri umani e siamo vulnerabili allo stesso modo".

Dovrai effettuare dei controlli nei prossimi giorni?
"Sì. Devo fare un controllo questo venerdì per vedere se sono negativizzato e, sperando che sia così, poi dovrò farne un altro la prossima settimana per la conferma. Ne avrà ancora per almeno un'altra settimana".

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