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Il precedente che ha spaccato il calcio europeo e può far saltare i piani dell’UEFA

Il Belgio ha dichiarato la fine del campionato, la Pro League, e può essere seguito a stretto giro dall’Olanda. Una minaccia per i progetti dell’UEFA, che puntava sull’unità di tutte le federazioni membro per provare a tornare in campo e chiudere la stagione, compatibilmente all’emergenza Coronavirus, a costo di giocare per tutta l’estate. L’obiettivo dell’Italia e dei principali tornei europei.
A cura di Sergio Chesi
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La principale minaccia al calcio europeo arriva dal cuore dall'Europa. È la paradossale sintesi di quanto successo nelle ultime 24 ore, inaspettatamente convulse per l'UEFA dopo che la riunione plenaria condotta questo martedì aveva prodotto un piano di reazione all'emergenza Coronavirus condiviso da tutte le federazioni membro. In omaggio alla sua celebre tradizione nel ciclismo su strada, il Belgio ha staccato il gruppo ed è partito in fuga solitaria dichiarando la fine del campionato di Pro League.

Una mossa in completa controtendenza rispetto a quanto concordato appena due giorni prima a livello europeo, che ha spiazzato e indispettito l'UEFA. La risposta ufficiale è arrivata attraverso un comunicato firmato dal numero uno Ceferin e da Andrea Agnelli, presidente dell'ECA, l'organismo che riunisce i principali club del continente: "Chiudere i campionati adesso è sbagliato e prematuro e rischia di avere conseguenze sull'accesso alle coppe nella prossima stagione", il succo del messaggio. Non è stata una scelta casuale quella di effettuare una comunicazione congiunta, con l'ECA al fianco dell'UEFA, in una fase in cui l'unità di visione è ritenuta prioritaria dai vertici del calcio europeo nel tentativo di portare a termine questa stagione.

Perché in Belgio il campionato è già finito

Quello della Pro League, massima divisione calcistica in Belgio, è un caso sicuramente particolare rispetto ai principali campionati d'Europa. In primis per una ragione di format: la stagione è divisa in regular season e playoff; la sospensione definitiva è arrivata ad una giornata dalla conclusione della regular season e ha inciso in modo relativo sull'esito finale. In particolare sulla corsa per il titolo, con il Club Brugge – dichiarato campione – avanti di 15 punti rispetto al secondo posto, vantaggio che per metà avrebbe conservato ai nastri di partenza dei playoff. La chiusura anticipata ha creato qualche problematica legate in particolare a retrocessioni e promozioni, ma la maggioranza delle società si è schierata compatta a favore dello stop immediato. Sia per tutelare la salute di tutti, sia per poter pianificare serenamente la nuova stagione.

Poi c'è la questione legata ai diritti televisivi, con l'importo annuale versato dalle tv già totalmente incassato dai club, blindati da un contratto che fornisce grande tutela anche a fronte di una sospensione del torneo. Circostanza che cambia da nazione a nazione e che tiene in scacco in particolare i principali campionati d'Europa, letteralmente aggrappati ai ricchi contratti strappati alle tv, che ora valutano la possibilità di chiudere i rubinetti.

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La strategia dell'UEFA

La reazione dell'UEFA è stata istintiva e ha preso forma nella lettera scritta a quattro mani con l'ECA. La possibilità che la chiusura dei campionati possa avere ripercussioni sulla partecipazione alle prossime coppe europee suona come una sorta di avvertimento, per scoraggiare chiunque volesse seguire la direzione tracciata dalla Pro League. C'è un concetto su cui l'UEFA ha insistito in occasione dell'ultima riunione: allineamento. Di vedute, di calendario, di azione. Per la massima istituzione del calcio europeo era fondamentale che tutti i campionati si muovessero all'unisono, riprendendo il campionato con la medesima tempistica, concertando insieme le date così da poter incastrare al meglio anche le partite restanti di Champions ed Europa League. Un approccio che dovrà poi fare i conti con l'emergenza sanitaria, che attraversa stadi diversi da paese a paese e potrebbe rendere impossibile una ripresa collettiva, ma è quello scelto dall'UEFA per provare a chiudere la stagione. La decisione isolata del Belgio, in questo senso, rischia di diventare un grosso problema da gestire. Perché crea un precedente.

Lo scenario: l'Olanda come il Belgio

All'orizzonte c'è già un possibile secondo caso di chiusura definitiva del campionato. In Olanda sono piuttosto scettici sulla possibilità di riprendere a giocare in tempi ragionevoli, sia a livello federale che tra i club. È sempre di ieri la presa di posizione dell'AZ, che ha chiesto ufficialmente la fine dell'Eredivisie. Una voce che fa rumore, quella del club di Alkmaar, primo in classifica a pari punti con l'Ajax, che pure aveva fatto trapelare grandi dubbi sulle reali chance di portare avanti la stagione. La sensazione è che proprio l'Olanda possa affiancarsi ai vicini del Belgio nella scelta di fermarsi al cospetto del Coronavirus. Un atto che porterebbe alla creazione di un vero e proprio fronte d'opposizione, interno all'UEFA ma contrario alla sua strategia. Esattamente quello che volevano evitare a Nyon.

L'UEFA sta lavorando nell'interesse di tutte le sue federazioni membro, con un occhio particolare per le Top 5: Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Spagna. Quelle che muovono i maggiori interessi, le più determinate a concludere la stagione in ogni modo possibile. Affinché questo possa avvenire, però, è necessari anche la collaborazione di tutte le altre nazioni. In particolare di quelle sette che ancora vantano squadre in corsa in Europa League, indispensabili per portare a termine la competizione. L'UEFA vuole andare fino in fondo e ha già dimostrato di essere pronta a fare la voce grossa contro chi dovesse prodursi in nuove iniziative isolate. È l'effetto Coronavirus: anche nel calcio ha messo in crisi l'Europa.

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