Il portiere della nazionale iraniana abbraccia una tifosa: malmenato dalla sicurezza e poi sospeso
In Iran non sei esente da rischi neanche se sei il portiere della nazionale di calcio e uno degli sportivi più famosi del Paese: le conseguenze delle proprie azioni – se ritenute contrarie alla rigidissima morale quando sono coinvolte donne – possono essere molto pesanti. Hossein Hosseini, 31enne portiere dell'Esteghlal di Teheran, in campo da titolare con la propria nazionale il mese scorso nelle qualificazioni mondiali, non ci ha pensato due volte quando ha visto decine di persone scagliarsi contro una tifosa che aveva fatto invasione di campo solo per avvicinarsi a lui: Hosseini ha fatto la cosa più naturale del mondo, sicuramente la più umana, l'ha abbracciata. Un contatto durato un breve attimo, ma che gli è costato la rappresaglia immediata della sicurezza e poi una squalifica ed anche una multa.
L'incidente è accaduto lo scorso 12 aprile, quando l'Esteghlal, una delle quadre più titolate dell'Iran, attuale capoclassifica del campionato a 6 giornate dalla fine, affrontava in trasferta l'Aluminium Arak, match vinto 1-0 dalla squadra di Hosseini. Una tifosa dell'Esteghlal si è precipitata in campo nonostante la sicurezza dello stadio avesse cercato di trattenerla. Il portiere si è avvicinato alla donna mentre gli agenti facevano capannello intorno a lei e l'ha abbracciata per un istante tra le sue braccia, provando a calmarla e far decantare la tensione. Un contatto velocissimo, ma tanto è bastato per scatenare la reazione della sicurezza, che lo ha malmenato e poi spinto fuori dal campo.
La tifosa indossava solo parzialmente l'hijab, diversamente da come prevede il codice di comportamento della legge islamica vigente in Iran: nella corsa le era scivolato giù, lasciando scoperto il volto. Evidentemente era troppo per il rigore della polizia morale dello stato mediorientale, che ha fatto di tutto per evitare il contatto tra la donna e Hosseini, ma invano. Dopo il velocissimo abbraccio, sul terreno di gioco si è scatenato il caos, con l'intervento degli agenti della sicurezza che hanno messo le mani addosso al portiere, accompagnandolo in malo modo negli spogliatoi, mentre il pubblico prendeva le parti del giocatore urlando "senza vergogna" e alla tifosa veniva concesso di tornare nella tribuna da cui era scesa.
Hosseini è stato successivamente convocato dalle autorità iraniane per spiegare perché ha abbracciato la donna, visto che mostrare intimità tra sessi opposti in pubblico è proibito in Iran. Il portiere ha spiegato che non ha parlato né agito contro la polizia e ha solo cercato di calmare l'atmosfera per prendersi cura della tifosa. La sua condotta – ritenuta meritevole di censura – gli è costata la squalifica per una partita ed anche una multa di 4400 euro, senza nessun riguardo per le sue 11 presenze con la nazionale dell'Iran. Le sue azioni sono state ritenute "non professionali e al di fuori dei doveri legali del giocatore". In risposta alla sanzione, Hosseini ha commentato: "Pagherò la multa, per il bene di quella donna".
Il caso ha messo in luce la questione più ampia dell'accesso delle donne agli stadi in Iran, nell'ambito del discorso più ampio sui loro diritti in generale. Le donne sono tornate negli stadi di calcio della Repubblica islamica dell'Iran nel 2019, dopo un divieto durato 40 anni. La riapertura fu sollecitata fortemente dal presidente della FIFA Gianni Infantino, dopo la morte della giovane Sahar Khodayari, che si diede fuoco dopo aver saputo che avrebbe potuto essere condannata a sei mesi di carcere per aver tentato di entrare in uno stadio di calcio travestita da uomo per assistere alla partita tra l'Esteghlal e il club emiratino dell'Al Ain.
La 29enne, che divenne famosa in tutto il mondo come la "blue girl" per i colori della sua squadra, fu incarcerata per due giorni e poi rilasciata in attesa del processo, ma quando seppe che avrebbe potuto subire una condanna a sei anni di prigione si diede fuoco davanti al tribunale. Dopo aver riportato ustioni sul 90 per cento del corpo, Sahar Khodayari morì in un ospedale di Teheran il 9 settembre 2019 e la sua morte la rese un simbolo della lotta per i diritti delle donne nel regime iraniano.
Adesso che siamo nel 2024 il regime degli Ayatollah ha dato un nuovo giro di vite contro l'allentarsi dell'uso totale dell'hijab. Negli ultimi anni non era raro vedere in luoghi pubblici, soprattutto nella capitale Teheran, giovani donne con l'hijab a coprire solo parzialmente il volto lasciando scoperti gran parte dei capelli. Adesso – secondo quanto scrive la Reuters – si è tornati bruscamente indietro, con una repressione coincisa con l'attacco dell'Iran contro Israele lo scorso 13 aprile: c'è stato l'ordine per la polizia di varie città di scendere in piazza per arrestare le donne che violino le rigide norme islamiche sull'uso del velo. "A partire da oggi, la polizia di Teheran e di altre città adotterà misure contro coloro che violano la legge sull'hijab", ha annunciato in TV il capo della polizia di Teheran Abbasali Mohammadian.