Il padre di Gnonto racconta il sogno di Willy: “Per lui fatti sacrifici, vuole i Mondiali 2026”
Stasera la nuova, giovane Italia che Roberto Mancini sta provando a disegnare con coraggio dopo il disastro della mancata qualificazione ai Mondiali affronterà l'Ungheria nel secondo incontro di Nations League. A Cesena scenderà in campo una formazione piena di volti inediti come Gatti, Scalvini e Zerbin, e dal 1′ dovrebbe esserci anche quel Willy Gnonto che nel primo match contro la Germania ha giocato metà secondo tempo, diventando subito decisivo con lo scatto bruciante sulla destra che ha preceduto l'assist al bacio per Lorenzo Pellegrini.
La storia del 18enne nato a Verbania da genitori di origini ivoriane è stata ampiamente raccontata negli ultimi giorni: l'esplosivo attaccante è cresciuto nell'Inter, dove ha scalato tutte le categorie giovanili dall'età di 9 anni fino ad approdare in Primavera parecchio sotto età, debuttandovi ancora prima di compiere 16 anni. Poi il rifiuto al contratto professionistico offertogli dal club nerazzurro ed il trasferimento in Svizzera, dove gioca con lo Zurigo da due anni. Il padre del ragazzo, Boris, spiega il motivo della scelta: "All’Inter era di casa, ma a 16 anni in Primavera avrebbe affrontato ragazzi di 21 anni: sono cinque anni persi, per cui abbiamo scelto di provare a giocare in prima squadra in Svizzera, perché anche se sbagli fai comunque un passo in avanti. Grazie a Dio lui ha risposto bene e ha anche vinto il campionato".
Insomma, è la classica storia che vede l'Italia calcistica non dare spazio ai calciatori giovani o reputarli ancora tali quando altrove sono già lanciati da anni. Gnonto ha dunque scelto di non perdere altri anni giocando in Primavera, appeso alla speranza di qualche convocazione in prima squadra, ma ha scommesso sulla propria capacità di poter già fare la differenza ad un livello più alto, con un obiettivo preciso in testa, i Mondiali del 2026: "Il mercato? Ci fidiamo dell’agente, Claudio Vigorelli – dice il padre al Corriere della Sera – La visione del calcio di Willy è concentrata sui Mondiali del 2026 con la Nazionale. Deve trovare una squadra che lo faccia giocare, è la priorità".
Boris Gnonto racconta i sacrifici fatti per permettere al giovanissimo Willy di conciliare scuola e calcio: "Una marea. I primi anni lo abbiamo portato sempre noi da Baveno a Interello. Poi l'Inter ci ha aiutato con un pullmino all'uscita autostradale di Meina. Ma andavamo a prenderlo a scuola per portarlo all'appuntamento. Io lavoravo in fabbrica e se facevo il turno notturno riuscivo a portarlo, altrimenti toccava a mia moglie. O qualcuno ci dava una mano. Io sono in Italia da quasi 30 anni, mia moglie da 25. Siamo sempre stati a Baveno, eravamo i custodi dell'oratorio e abitavamo proprio sopra il campo. La chiave ce l'avevamo noi, per cui quando Willy voleva giocare bastava aprire il campo. Vorrei ringraziare il parroco Don Alfredo, che ci ha dato una mano incredibile, ci ha accolto come dei figli. Ci ha regalato la casa dove eravamo custodi".
Quello che è successo negli ultimi giorni è avvenuto ad una velocità che ha sorpreso lo stesso Gnonto, inserito in maniera inattesa da Mancini nella lista dei convocati per la Finalissima con l'Argentina e per la Nations League dopo averlo visto all'opera a Coverciano. Addirittura papà Boris gli ha portato i libri per studiare al Dall'Ara, a Bologna, sabato scorso: "Sì, gli ho portato i libri allo stadio, perché non pensava che Mancini dopo gli allenamenti iniziali lo tenesse in ritiro: deve fare la Maturità italiana al Liceo Scientifico e l'esame di tedesco in Svizzera. Siamo a Zurigo da due anni, lo parla già bene. È sempre stato molto studioso, ma ha lasciato il liceo classico perché non riusciva a far combaciare lo studio con gli allenamenti. Si portava i libri in macchina, nel tragitto tra Baveno e Appiano, mangiando panini".
Adesso piedi per terra e nessun volo verso il sole, a bruciarsi ci si mette un attimo, ma Willy sembra avere alle spalle la famiglia giusta per non farlo perdere per strada: "Noi eravamo già contenti per la convocazione, bastava già quello. Da lì ad entrare e giocare come ha giocato, siamo al settimo cielo. Siamo contenti del percorso e dei risultati che nostro figlio sta raggiungendo piano piano. Speriamo sia solo l'inizio. Gli auguriamo di conquistare la fiducia dell'allenatore con le sue giocate. Ci siamo trasferiti tutti in Svizzera, abbiamo dovuto lasciare il lavoro per stare a Zurigo con lui: è stato più che logico per seguirlo da vicino in un altro Paese. Willy non ha la patente, non ha tempo di prenderla. Lo accompagno io agli allenamenti. Il rischio che si monti la testa? Non credo e poi gli stiamo dietro. Sono sereno e tranquillo, pensiamo di avergli dato l'educazione giusta".