Il momento più difficile della carriera di Alvaro Morata: la battaglia contro la depressione
La vita di un calciatore non è tutta rosa e fiori. Le pressioni spesso e volentieri sono enormi, e difficile da reggere. Ne sa qualcosa Alvaro Morata, il centravanti che nella scorsa estate è tornato alla Juventus e che in passato ha dovuto fare i conti con momenti difficili e con la depressione. Il bomber classe 1992 nel 2018 in un'intervista è uscito allo scoperto, raccontando il suo "male oscuro" fortemente superato grazie all'aiuto di uno psicologo.
Alvaro Morata e la battaglia con la depressione
Alvaro Morata ha vissuto un periodo di grave crisi nel corso della sua carriera. Tutto è avvenuto al termine della prima stagione al Chelsea, nel 2018. Pochi gol, prestazioni non esaltanti legate probabilmente anche alle difficoltà d'ambientamento al calcio inglese e l'esclusione dai Mondiali. L'ex Real Madrid non riuscì a confermare le aspettative riposte nei suoi confronti, e finì nell'occhio del ciclone anche per qualche critica di troppo, soprattutto sui social. Un periodo nero, che lo portò a pensare anche di lasciare il calcio, con il centravanti che non riusciva nemmeno ad allenarsi. Ai microfoni di ABC Sport, Morata ha infatti raccontato: "Ero totalmente lontano da dove sarei dovuto essere. Avevo problemi con me stesso e con tutti, in campo andavo contro tutti: arbitro, rivali, tifosi. Non c'era equilibrio e dovevo ritrovarmi. Ero scosso e non era questione di tempo, visto che ho avuto bisogno di mesi per ritrovare la felicità quando giocavo, perché fuori l'avevo".
Perché Morata era entrato nel tunnel, la crisi al Chelsea
Il campanello d'allarme per Morata è arrivato negli allenamenti, quando la voglia di lavorare era pari a zero: "Non avevo voglia di allenarmi, né di andare a giocare. E penso che sia l'unica cosa che non possiamo mai perdere. Giocare a calcio deve essere la cosa più bella per noi. la gente mi cantava, mi adoravano. Da un giorno all'altro ero in un buco nero e sembrava che quelle stesse persone non mi amassero più. Per strada mi hanno chiesto di lasciare il Chelsea e siamo persone, ho sofferto. In quel momento, ho toccato il fondo, non ho capito le cose. Ho lasciato Madrid per giocare il Mondiale e sono rimasto senza un Mondiale".
Morata e l'aiuto dello psicologo
Non è stato facile certo per Morata trovare la forza per chiedere aiuto. Il giocatore in primis ha pensato anche a cambiare aria, e lasciare il Chelsea, ma sua moglie lo ha convinto a tenere duro: "Ho detto a mia moglie e alla mia famiglia che dovevo fare un passo indietro per divertirmi di nuovo. Ero sotto pressione e quando sei così smetti di divertirti. Ed è in quel momento in cui devi realizzare che o ti lasci aiutare e che loro ti ascoltano, oppure puoi solo andare ancora più in basso. Una o due volte mi sono detto che volevo andare in una squadra dove potevo essere di nuovo felice, senza pressioni. Mia moglie ha riso e mi ha detto: ‘non dire sciocchezze'".
Il problema dunque era rappresentato dalla testa. Da lì dipendeva poi anche tutto il resto. Morata a tal proposito ha voluto sfatare il tabù relativo alla felicità dei calciatori. Questi ultimi devono fare i conti con enormi pressioni, e il fatto di ricorrere ad uno psicologo come ha fatto lui non deve essere motivo di vergogna: "Per resistere alla pressione devi anche lavorare, allenare la testa è la cosa più importante nel nostro campo. Quando un giocatore all'inizio sente la parola psicologo ti respinge, ma ho capito che aveva bisogno di aiuto. E lui è l'unico che può aiutarti, e non solo nel calcio. È un bene parlare e io avevo bisogno di trovare il lato giusto da cui venisse fuori tutta la tensione accumulata, che non facesse parte della mia famiglia".
Le critiche a Morata sui social e il cambio del numero di maglia
Ma su che cosa ha lavorato lo psicologo? Tra gli aspetti su cui Morata è stato aiutato, c'è anche quello relativo alla capacità di metabolizzare le critiche e spesso anche gli insulti sui social: "Le persone, quando sei in un periodo senza gol, ti criticano. Al giorno d'oggi, con i social network, è facile per chiunque inviarti un messaggio direttamente e tu lo leggi. La gente non pensa che anche tu stia passando un brutto momento e che tu voglia segnare gol, fare del tuo meglio, uscire da quella buca. tifosi pensano che non possiamo provare sentimenti, siamo valutati e pagati come calciatori, non come chiunque altro normale".
E per uscire dal tunnel della depressione, Morata ha anche cambiato numero di maglia, passando dal 9 al 29, data di nascita dei suoi gemelli. Il tutto per tagliare i ponti con il passato: "Ero molto entusiasta di avere lo stesso numero del giorno in cui sono nati i miei figli. Ma era anche una fuga dal passato, dalla stagione precedente che è stata orribile per me a causa di tutte le cose che ho vissuto. Mi sono infortunato. Era un modo per scappare, una rapida via di fuga nella mia testa. Pensavo che se avessi messo un altro numero le cose sarebbero andate meglio, che l'ultimo "9" del Chelsea non fosse andato bene".
Il lavoro dello psicologo si è rivelato fortunato per Morata che è riuscito a mettersi da parte la negatività. Tra l'altro lo spagnolo è tornato ad indossare il 9 prima all'Atletico Madrid e poi alla Juventus: "Era essenziale sbarazzarsi di tutta la negatività che avevo sopra. Non avevo più la sensazione di paura, ma non mi piaceva stare in campo. Stava passando un brutto periodo, soffrivo e doveva cambiare. Questa sarà l'ultima intervista in cui parlo di questo, il passato non può essere cambiato. È stato difficile per me uscire da quella frustrazione e da quei brutti momenti perché non si capisce quando arriva. Ho toccato il fondo, non ho capito le cose. Devo ringraziare perché sono riuscito a uscire da quelle crisi che avevo e non molti giocatori che hanno vissuto la stessa cosa hanno segnato di nuovo gol e, soprattutto, di essere felici".
Morata e il sorriso ritrovato alla Juventus
E Morata sembra aver proprio ritrovato il sorriso soprattutto dopo il ritorno alla Juventus. Una situazione congeniale anche alla sua famiglia, visto che la compagna Alice Campello è italianissima, e nel Belpaese è sbocciato il feeling tra i due. Ha spinto e non poco il "canterano" nella scorsa estate per tornare sotto la Mole e alla fine l'Atletico ha ceduto al pressing dei bianconeri che lo hanno prelevato con la formula del prestito biennale con opzione di riscatto. L'inizio è stato subito incoraggiante, con 3 gol in altrettante partite e una doppietta all'esordio bis con la Juventus in Champions. Il tutto a spegnere anche le critiche di lo considerava non all'altezza degli altri obiettivi di mercato bianconeri, in primis Dzeko.