Il momento più buio di Vlahovic: “Ribery mi ha parlato per ore, onestamente mi vergognavo”
Come si diventa uno dei calciatori più ambiti sul calciomercato? Ancor prima delle doti tecniche e fisiche, servono ambizione, testa e fame. Lo sa bene Dusan Vlahovic uno nato con il pallone e il gol nel sangue, e che ha già dimostrato potenzialità da top player. Il serbo che a fine gennaio spegnerà 22 candeline sulla torta, ha bruciato le tappe e non è un caso che ora sia uno dei giocatori più corteggiati del mondo. Lo vogliono in Premier, lo segue la Juve, ma nel frattempo Dusan continua a lavorare, a crescere e a segnare orgoglioso per ora di vestire la maglia della Fiorentina, seppur pronto a nuove sfide.
Un concetto ribadito nella sua ultima intervista ai connazionali di Politika.rs. Proprio come quando si allena, Vlahovic ragiona per step, con concentrazione massima sul presente e sull'orgoglio di vestire la maglia viola ma anche con l'obiettivo in futuro di cercare nuove vittorie: "Ho fatto un passo importante nella mia carriera, la Fiorentina non è un piccolo club, ma una grande squadra con tradizione, tifosi, giocatori. Per questo ho pensato che in questa stagione dovevo affermarmi, per ripetere e migliorare l'annata scorsa, e vincere la partecipazione in Europa con il club che è il mio desiderio. Abbiamo un buona squadra, grandi calciatori, un grande sostegno da parte dei tifosi. Tutto merita rispetto. Non so cosa può succedere durante la ‘notte'. Vedremo".
È molto ambizioso Vlahovic, proprio come il suo presidente Commisso. Negli ultimi mesi si è parlato tanto del rapporto tra la dirigenza e il centravanti soprattutto, alla luce della sua mancata propensione al rinnovo. E chissà che in futuro le cose non cambino: "È serio e un grande presidente che sa quello che vuole ed è molto ambizioso. Non ho nulla contro la sua volontà perché fa il suo lavoro. Io non mi ritiro mai, non è nel mio carattere e inseguo sempre gli standard più alti. Se si può trovare un compromesso con il presidente? Mai dire mai. Ma attualmente sono concentrato su nuove vittorie".
E in queste parole c'è tutto Vlahovic. Quel ragazzino che è partito dalla Serbia ed è cresciuto giorno dopo giorno, con una delle sue migliori doti che è sicuramente quella di imparare dai propri errori anche nei momenti difficili. Ne è passato di tempo infatti quando lesse sul cellulare quel messaggio del papà "Figlio, andiamo al Partizan!" che lo fece impazzire di gioia. Lì è nata la sua avventura che è proseguita poi in Italia, dove è riuscito ad affermarsi anche grazie alla famiglia che non lo ha mai lasciato solo. E quando è arrivato in Viola, pieno d'orgoglio il pensiero è andato anche a quando è stato costretto anche ad allenarsi in condizioni difficili, senza mezzi a disposizione: "La mia strada verso la cima è stata spinosa, non mi vergogno di ricordare quando mi sono allenato senza tutto l'equipaggiamento".
Questi pensieri lo aiutano a dare il massimo e a pensare sempre al meglio, senza fermarsi: "Ecco perché lavoro diligentemente, non solo per stare bene, ma per far sentire la mia famiglia molto meglio oggi di prima. Il denaro non è la cosa più importante del mondo. Qualcos'altro mi ha portato al successo. Voglio che quando un giorno smetterò di giocare a calcio, la gente menzioni il mio nome e dica: ‘Vlahovic era un buon giocatore'". E per crescere è necessario anche dimostrarsi forte nei periodi bui, che fisiologicamente fanno capolino nella carriera di tutti. Vlahovic a tal proposito ha ricordato l'impatto devastante con i social dopo qualche errore di troppo nel match contro l'Inter: "È stato il primo periodo difficile, le aspettative erano alte e ho perso l'occasione. Quando ho preso il telefono, ho visto che la situazione era grave con critiche feroci sui social e sui media. Mi sono seduto e ho fermato tutto, dicendomi che dovevo sistemare le cose. Ho iniziato così a lavorare più duramente dopo aver spento il telefono. Lo dovevo alla mia famiglia".
Alla pari della sua famiglia fondamentali sono stati anche due "compagni di viaggio" in viola, che gli hanno insegnato tanto. Prima Cesare Prandelli che lo ha lanciato alla Fiorentina, e che non lo ha mai lasciato solo: "Ricordo bene le sue parole di sostegno e che, qualunque cosa accada, lui sarà con me. Non ho segnato nelle prime cinque partite. È stato difficile, perché ci si aspetta sempre il gol dagli attaccanti. Dopo quelle partite mi ha dato ancora più supporto, mi ha messo come primo giocatore ai rigori. A fine dicembre ho segnato un gol al Sassuolo, poi un altro, poi alla Juventus. È così che è iniziato tutto".
E poi Franck Ribery. Il francese è stato il calciatore più vincente e importante con il quale Dusan ha condiviso lo spogliatoio e il campo. L'ex Bayern è stato fondamentale per quel giovane ragazzo quasi spaesato alla sua prima esperienza italiana. Il francese ha avuto il merito di saper toccare le corde giuste in un periodo delicato, e oggi se Vlahovic è "incontentabile" è forse anche merito suo: "Abbiamo parlato per ore, mi ha spinto in allenamento quando stavo attraversando un momento difficile. Continuava a dirmi che ero un buon giocatore, che dovevo allenarmi, che i miei cinque minuti sarebbero arrivati. Tre anni fa, mi ha detto ‘Dusan, ora hai 19 anni e io 37. Non lasciare che un giorno ti guardi indietro e ti penti di non aver fatto qualcosa allora, e avresti dovuto. Il tempo nel calcio vola. Non permettere a te stesso di non allenarti, di non comportarti come un professionista. Afferra ogni momento, perché poi sarà troppo tardi'. Onestamente, mi vergognavo di non essere più forte e migliore di un uomo che ha il doppio della mia età. Per non competere con lui. Perché è un grande nome, un gigante del calcio. Quei consigli sono stati una grande scuola per me".